Poesie d'Autore


Scritta da: Giacomo V
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il mio cuore

Il mio cuore è una rossa
macchia di sangue dove
io bagno senza possa
la penna, a dolci prove

eternamente mossa.
E la penna si muove
e la carta s'arrossa
sempre a passioni nove.

Giorno verrà: lo so
che questo sangue ardente
a un tratto mancherà,

che la mia penna avrà
uno schianto stridente...
... e allora morirò.
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    Scritta da: Pietro Rizzo
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Dicean ghignando che a la donna sola,
    A la rejetta, a l'esule, a la mesta,
    Non più l'arte, che inalza e che consola,
    Darebbe fiori per la bionda testa.

    La Musa, invece, intorno ad essa vola
    Sempre fida qual pria, nobile, onesta
    E fa negl'inni udir la sua parola
    Che memorie e speranze in lei ridesta.

    Insieme van così lungo il sentiero
    Triste del mondo, che soltanto ha fine
    Ne l'alta erba là giù del cimitero.

    Ingombro è il suol di rettili e di spine,
    Di minacciose nubi il cielo è nero,
    E pur cantano ancor le pellegrine.
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      Scritta da: Pietro Rizzo
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Lauda di Suora

      Amore, amore non dammi riposo,
      Amore, amore il mio seno ha corroso;
      Alzar le ciglia, e guardarlo non oso
      Quel Dio pietoso, che me volse amare.

      O santa piaga del lato di Cristo,
      Da che al tuo sangue il mio pianto s'è misto,
      ii paradiso dell'anima ho visto,
      Al cui conquisto mi voglio affrettare.

      Con le mie mani tremanti t'attingo,
      Con labbra smorte ti bacio, ti stringo,
      Del tuo colore quest'anima tingo,
      E più la spingo e più vuol penetrare.

      Ii sapor dolce, la grata fragranza
      Più sempre accende la mia desianza;
      O mia dolcezza, mia sola speranza,
      Mia sola amanza, in te vommi mutare.

      Amore, amore, amor solo, amor santo,
      Deh! Com'è dolce morirti da canto,
      Com'è suave distruggersi in pianto,
      E in un mar santo di luce affogare!
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        Scritta da: Marco Bertazzoli
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'Onda

        Nella cala tranquilla
        scintilla,
        intesto di scaglia
        come l'antica
        lorica
        del catafratto,
        il Mare.
        Sembra trascolorare.
        S'argenta? S'oscura?
        A un tratto
        come colpo dismaglia
        l'arme, la forza
        del vento l'intacca.
        Non dura.
        Nasce l'onda fiacca,
        sùbito s'ammorza.
        Il vento rinforza.
        Altra onda nasce,
        si perde,
        come agnello che pasce
        pel verde:
        un fiocco di spuma
        che balza!
        Ma il vento riviene,
        rincalza, ridonda.
        Altra onda s'alza,
        nel suo nascimento
        più lene
        che ventre virginale!
        Palpita, sale,
        si gonfia, s'incurva,
        s'alluma, propende.
        Il dorso ampio splende
        come cristallo;
        la cima leggiera
        s'arruffa
        come criniera
        nivea di cavallo.
        Il vento la scavezza.
        L'onda si spezza,
        precipita nel cavo
        del solco sonora;
        spumeggia, biancheggia,
        s'infiora, odora,
        travolge la cuora,
        trae l'alga e l'ulva;
        s'allunga,
        rotola, galoppa;
        intoppa
        in altra cui 'l vento
        diè tempra diversa;
        l'avversa,
        l'assalta, la sormonta,
        vi si mesce, s'accresce.
        Di spruzzi, di sprazzi,
        di fiocchi, d'iridi
        ferve nella risacca;
        par che di crisopazzi
        scintilli
        e di berilli
        viridi a sacca.
        O sua favella!
        Sciacqua, sciaborda,
        scroscia, schiocca, schianta,
        romba, ride, canta,
        accorda, discorda,
        tutte accoglie e fonde
        le dissonanze acute
        nelle sue volute
        profonde,
        libera e bella,
        numerosa e folle,
        possente e molle,
        creatura viva
        che gode
        del suo mistero
        fugace.
        E per la riva l'ode
        la sua sorella scalza
        dal passo leggero
        e dalle gambe lisce,
        Aretusa rapace
        che rapisce la frutta
        ond'ha colmo suo grembo.
        Sùbito le balza
        il cor, le raggia
        il viso d'oro.
        Lascia ella il lembo,
        s'inclina
        al richiamo canoro;
        e la selvaggia
        rapina,
        l'acerbo suo tesoro
        oblìa nella melode.
        E anch'ella si gode
        come l'onda, l'asciutta
        fura, quasi che tutta
        la freschezza marina
        a nembo
        entro le giunga!

        Musa, cantai la lode
        della mia Strofe Lunga.
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