Dicean ghignando che a la donna sola, A la rejetta, a l'esule, a la mesta, Non più l'arte, che inalza e che consola, Darebbe fiori per la bionda testa.
La Musa, invece, intorno ad essa vola Sempre fida qual pria, nobile, onesta E fa negl'inni udir la sua parola Che memorie e speranze in lei ridesta.
Insieme van così lungo il sentiero Triste del mondo, che soltanto ha fine Ne l'alta erba là giù del cimitero.
Ingombro è il suol di rettili e di spine, Di minacciose nubi il cielo è nero, E pur cantano ancor le pellegrine.
Amore, amore non dammi riposo, Amore, amore il mio seno ha corroso; Alzar le ciglia, e guardarlo non oso Quel Dio pietoso, che me volse amare.
O santa piaga del lato di Cristo, Da che al tuo sangue il mio pianto s'è misto, ii paradiso dell'anima ho visto, Al cui conquisto mi voglio affrettare.
Con le mie mani tremanti t'attingo, Con labbra smorte ti bacio, ti stringo, Del tuo colore quest'anima tingo, E più la spingo e più vuol penetrare.
Ii sapor dolce, la grata fragranza Più sempre accende la mia desianza; O mia dolcezza, mia sola speranza, Mia sola amanza, in te vommi mutare.
Amore, amore, amor solo, amor santo, Deh! Com'è dolce morirti da canto, Com'è suave distruggersi in pianto, E in un mar santo di luce affogare!
E cielo e terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto. Il cielo ingombro, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d'un tratto; come un occhio, che, largo, esterrefatto, s'aprì e si chiuse, nella notte nera.
Nella cala tranquilla scintilla, intesto di scaglia come l'antica lorica del catafratto, il Mare. Sembra trascolorare. S'argenta? S'oscura? A un tratto come colpo dismaglia l'arme, la forza del vento l'intacca. Non dura. Nasce l'onda fiacca, sùbito s'ammorza. Il vento rinforza. Altra onda nasce, si perde, come agnello che pasce pel verde: un fiocco di spuma che balza! Ma il vento riviene, rincalza, ridonda. Altra onda s'alza, nel suo nascimento più lene che ventre virginale! Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'alluma, propende. Il dorso ampio splende come cristallo; la cima leggiera s'arruffa come criniera nivea di cavallo. Il vento la scavezza. L'onda si spezza, precipita nel cavo del solco sonora; spumeggia, biancheggia, s'infiora, odora, travolge la cuora, trae l'alga e l'ulva; s'allunga, rotola, galoppa; intoppa in altra cui 'l vento diè tempra diversa; l'avversa, l'assalta, la sormonta, vi si mesce, s'accresce. Di spruzzi, di sprazzi, di fiocchi, d'iridi ferve nella risacca; par che di crisopazzi scintilli e di berilli viridi a sacca. O sua favella! Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta, accorda, discorda, tutte accoglie e fonde le dissonanze acute nelle sue volute profonde, libera e bella, numerosa e folle, possente e molle, creatura viva che gode del suo mistero fugace. E per la riva l'ode la sua sorella scalza dal passo leggero e dalle gambe lisce, Aretusa rapace che rapisce la frutta ond'ha colmo suo grembo. Sùbito le balza il cor, le raggia il viso d'oro. Lascia ella il lembo, s'inclina al richiamo canoro; e la selvaggia rapina, l'acerbo suo tesoro oblìa nella melode. E anch'ella si gode come l'onda, l'asciutta fura, quasi che tutta la freschezza marina a nembo entro le giunga!
Non siam la forza più che nei giorni lontani muoveva la terra ed il cielo: noi, siamo quello che siamo: una tempra d'eroici cuori, sempre la stessa: in lottare e cercare e trovare né cedere mai.