Poesie d'Autore


Scritta da: Antonella Marotta
in Poesie (Poesie d'Autore)

La vita... è ricordarsi di un risveglio.

La vita... è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente.

Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.
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    Scritta da: Ma Na
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Nascita di Gesù

    Notte, lucente notte! Notte, più chiara tu del giorno!
    Notte, più splendida del sole, che luce dai alla luce,
    che Dio- luce di luce -elesse alla sua luce,
    notte, trionfante di ogni notte e giorno!
    Gioiosa notte, che metti in fuga tenebre
    e singhiozzi, l'odio portato al mondo,
    le paure, i terrori e orrori atroci.
    Si squarcia il cielo ma non ne cadono fulmini.
    Eccolo in questa, chi fece notte e tempi,
    eccolo carne ed obbediente al tempo:
    la nostra carne e tempo han pegno eterno!
    Il fosco dei dolori, il nero dei peccati,
    il buio della tomba disperde questa notte.
    Notte, più chiara tu del giorno! Notte, lucente notte!
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      Scritta da: Ma Na
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Alle stelle

      Luci che mai son pago di mirare
      come diamanti eternamente ardenti. Voi,
      fiaccole lucenti,
      che la notte e tenebrose nubi
      attraversate;
      voi che i parchi del cielo, come fiori
      adornate.
      Voi, testimoni d'Iddio il dì della
      creazione,
      che solo Dio conosce e commisura,
      che soltanto il Suo verbo chiamò col
      giusto nome
      (noi, ciechi mortali, che cimentarci osiamo!)
      Custodi del piacere, oh quante dolci notti
      ho trascorso, vegliando, a contemplarvi.
      Sentinelle del tempo, quando succederà
      che libero d'affanni e mai di voi
      dimentico,
      sotto di me io vi scruti, voi che col
      vostro lume
      mi avete acceso l'anima e la mente?
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        Scritta da: Pierluigi Camilli
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Gli umanitari

        Ecco il genio umanitario
        che del mondo stazionario
        unge le carrucole.
        Per finir la vecchia lite
        tra noi, bestie incivilite
        sempre un po' selvatiche,
        coll'idea d'essere Orfeo
        vuoi mestare in un cibreo
        l'universo e reliqua.
        Al ronzio di quella lira
        ci uniremo, gira gira,
        tutti in un gomitolo.
        Varietà d'usi e di clima
        le son fisime di prima;
        è mutata l'aria.
        I deserti, i monti, i mari,
        son confini da lunari,
        sogni di geografi.
        Col vapore e coi palloni troveremo gli scorcioni
        anco nelle nuvole;
        ogni tanto, se ci pare,
        scapperemo a desinare
        sotto, qui agli antipodi;
        e né gemini emisferi
        ci uniremo bianchi e neri:
        bene! Che bei posteri!
        Nascerà di cani e gatti
        una razza di mulatti
        proprio in corpo e in anima.
        La scacchiera d'Arlecchino
        sarà il nostro figurino,
        simbolo dell'indole.
        (Già per questo il Gran Sultano
        fé' la giubba al Mussulmano
        a coda di rondine!)
        Bel gabbione di fratelli!
        Di tirarci pè capelli
        smetteremo all'ultimo.
        Sarà inutile il cannone;
        rnorirem d'indigestione,
        anzi di nullaggine.
        La fiaccona generale
        per la storia universale
        farà molto comodo.
        Io non so se il regno umano
        deve aver Papa e Sovrano:
        ma se ci hanno a essere,
        Il Monarca sarà probo
        e discreto: un re del globo
        saprà star né limiti.
        Ed il capo della fede?
        Consoliamoci, si crede
        che sarà cattolico.

        Finirà, se Dio lo vuole,
        questa guerra di parole,
        guerra da pettegoli.
        Finirà: sarà parlata
        una lingua mescolata,
        tutta frasi aeree;
        e già già da certi tali
        nei poemi e nei giornali
        si comincia a scriverè.
        Il puntiglio discortese
        di tener dal suo paese,
        sparirà tra gli uomini.
        Lo chez-nous'd'un vagabondo
        vorrà dire: in questo mondo,
        non a casa al diavolo.
        Tu, gelosa ipocondria,
        che m'inchiodi a casa mia,
        escimi dal fegato;
        e tu pur chetati, o Musa,
        che mi secchi colla scusa
        dell'amor di patria.
        Son figliuol dell'universo,
        e mi sembra tempo perso
        scriver per l'Italia.
        Cari miei concittadini,
        non prendiamo per confini
        l'Alpi e la Sicilia.
        S'ha da star qui rattrappiti
        sul terren che ci ha nutriti?
        O che siamo cavoli?
        Qua e là nascere adesso,
        figuratevi, è lo stesso:
        io mi credo Tartaro.
        Perché far razza tra noi?
        Non è scrupolo da voi:
        abbracciamo i barbari!
        Un pensier cosmopolita
        ci moltiplichi la vita,
        e ci slarghi il cranio.
        Il cuor nostro accartocciato,
        nel sentirsi dilatato,
        cesserà di battere.
        Così sia: certe battute
        fanno male alla salute;
        ci è da dare in tisico.
        Su venite, io sto per uno;
        son di tutti e di nessuno;
        non mi vò confondere.
        Nella gran cittadinanza,
        picchia e mena, ho la speranza
        di veder le scimmie
        Sì sì, tutto un zibaldone:
        alla barba di Platone
        ecco la repubblica!
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          Scritta da: Salvatore Messina
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il sole e la notte

          È sempre così di giorno e di notte.
          C'è il gallo che canta
          e la stella che torna
          con i suoi sogni per te
          contadino del mondo
          ovunque tu sia.
          Con le mani affondate nelle tasche
          fischietta il fanciullo
          e la fanciulla lo attende alla finestra,
          ma un altro è passato prima di lui,
          ed è la stessa cosa.
          Di giorno.
          Di notte.
          Il lavoro stanco,
          il riposo pigro
          e poi il gallo che canta
          e si passa il giorno sperando
          nelle stelle che verranno:
          ma è una notte di novilunio
          e non si vede niente
          mentre un fanciullo
          fischietta ancora deluso
          con un filo di paglia in bocca
          e una lacrima
          che il sole ha asciugato sul suo viso,
          e poi la notte.
          Ma il fanciullo è stanco
          e vomita odio e dolore
          al solito canto del gallo
          e lascia il suo mondo
          per seguire un cercatore d'oro,
          ma il colore del metallo
          non cambia la vita
          e fischietterà ancora deluso
          al chiudersi d'una finestra
          in un peccato d 'amore.
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            Scritta da: Marianna Mansueto
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Tu vivi sempre nei tuoi atti.
            Con la punta delle dita
            sfiori il mondo, gli strappi
            aurore, trionfi, colori,
            allegrie: è la tua musica.
            La vita è ciò che tu suoni.

            Dai tuoi occhi solamente
            emana la luce che guida
            i tuoi passi. Cammini
            fra ciò che vedi. Soltanto.

            E se un dubbio ti fa cenno
            a diecimila chilometri,
            abbandoni tutto, ti lanci
            su prore, su ali,
            sei subito lì; con i baci,
            coi denti lo laceri:
            non è più dubbio.
            Tu mai puoi dubitare.

            Perché tu hai capovolto
            i misteri. E i tuoi enigmi,
            ciò che mai potrai capire,
            sono le cose più chiare:
            la sabbia dove ti stendi,
            il battito del tuo orologio
            e il tenero corpo rosato
            che nel tuo specchio ritrovi
            ogni giorno al risveglio,
            ed è il tuo. I prodigi
            che sono già decifrati.

            E mai ti sei sbagliata,
            solo una volta, una notte
            che t'invaghisti di un'ombra
            -l'unica che ti è piaciuta-
            un'ombra pareva.
            E volesti abbracciarla.
            Ed ero io.
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              Scritta da: Marianna Mansueto
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Ti si sta vedendo l'altra.
              Somiglia a te:
              i passi, la stessa fronte aggrondata,
              gli stessi tacchi alti
              tutti macchiati di stelle.
              Quando andrete per strada
              insieme, tutte e due,
              che difficile sapere
              chi sei, chi non sei tu!
              Così uguali ormai, che sarà
              impossibile continuare a vivere
              così, essendo tanto uguali.
              E siccome tu sei la fragile,
              quella che appena esiste, tenerissima,
              sei tu a dover morire.
              Tu lascerai che ti uccida,
              che continui a vivere lei,
              la falsa tu, menzognera,
              ma a te così somigliante
              che nessuno ricorderà
              tranne me, ciò che eri.
              E verrè un giorno
              -perché verrà, sì, verrà-
              in cui guardandomi negli occhi
              tu vedrai
              che penso a lei e che la amo
              e vedrai che non sei tu.
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