Poesie d'Autore


Scritta da: Cheope
in Poesie (Poesie d'Autore)

Spesso per viottoli tortuosi

Spesso per viottoli tortuosi
quelque part en Algerie
del luogo incerto
che il vento morde,
la tua pioggia il tuo sole
tutti in un punto
tra sterpi amari del più amaro filo
di ferro, spina senza rosa
ma già un anno è passato,
è appena un sogno:
siamo tutti sommessi a ricordarlo.

Ride una larva chiara
dov'era la sentinella
e la collina
dei nostri spiriti assenti
deserta e immemorabile si vela.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Cheope
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Settembre

    Già l'olea fragrante nei giardini
    d'amarezza ci punge: il lago un poco
    si ritira da noi, scopre una spiaggia
    d'aride cose,
    di remi infranti, di reti strappate.
    E il vento che illumina le vigne
    già volge ai giorni fermi queste plaghe
    da una dubbiosa brulicante estate.

    Nella morte già certa
    cammineremo con più coraggio,
    andremo a lento guado coi cani
    nell'onda che rotola minuta.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Pianto della notte

      Tacciono i boschi e i fiumi,
      e'l mar senza onda giace,
      ne le spelonche i venti han tregua e pace,
      e ne la notte bruna
      alto silenzio fa la bianca luna;
      e noi tegnamo ascose
      le dolcezze morose.
      Amor non parli o spiri,
      sien muti i baci e muti i miei sospiri.
      Qual rugiada o qual pianto,
      quai lagrime eran quelle
      che sparger vidi dal notturno manto
      e dal candido volto de le stelle?
      E perché seminò la bianca luna
      di cristalline stelle un puro nembo
      a l'erba fresca in grembo?
      Perché ne l'aria bruna
      s'udian, quasi dolendo, intorno intorno
      gir l'aure insino al giorno?
      Fur segni forse de la tua partita,
      vita de la mia vita?
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Cheope
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Parola che l'amor da la rotonda
        bocca mi versa come unguenti e odori;
        Parola che da l'odio irrompi fuori
        fischiando come sasso da la fionda;

        sola virtù che da la carne immonda
        alzi gli spinti e inebri di fulgori;
        o seme indistruttibile né cuori,
        Parola, o cosa mistica e profonda;

        ben io so la tua specie e il tuo mistero
        e la forza terribile che dentro
        porti e la pia soavità che spandi;

        ma fossi tu per me fiume tra i grandi
        fiumi più grande, e limpido nel centro
        de la Vita recassi il mio pensiero!
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          I poeti

          Il sogno d'un passato lontano, d'una ignota
          stirpe, d'una remota
          favola nei Poeti luce. Ai Poeti oscuro
          è il sogno del futuro.
          Qual contro l'aure avverse una chioma divina,
          una fiamma divina,
          tal ne la vita splende
          l'Anima, si distende,
          in dietro effusa pende.

          Ospiti fummo (O tu che m'ami: ti sovviene?
          Era ne le tue vene
          il Ritmo), ospiti fummo in imperi di gloria.
          Nativa è la memoria
          in noi, dei fiori ardenti su dai cavi alabastri
          come tangibili astri,
          dei misteri veduti,
          degli amori goduti,
          degli aromi bevuti.

          In qual sera purpurea chiudemmo gli occhi? Quale
          fu ne l'ora mortale
          il nostro Dio? Da quale portentosa ferita
          esalammo la vita?
          Forse dopo una strage di eroi? Sotto il profondo
          ciel d'un letto profondo?
          Le nostre spoglie fiera
          custodì la Chimera
          ne la purpurea sera.

          E al risveglio improvviso dal sonno secolare
          noi vedemmo raggiare
          un altro cielo; udimmo altre voci, altri canti;
          udimmo tutti i pianti
          umani, tutti i pianti umani che la Terra
          nel suo cerchio rinserra.
          Udimmo tutti i vani
          gemiti e gli urli insani
          e le bestemmie immani.

          Udimmo taciturni la querela confusa.
          Ma ne l'anima chiusa
          l'antichissimo sogno, che fluttuava ancòra,
          ebbe una nuova aurora.
          E vivemmo; e ingannammo la vita ricordando
          quella morte, cantando
          dei misteri veduti,
          degli amori goduti,
          degli aromi bevuti.

          Or conviene il silenzio: alto silenzio. Oscuro
          è il sogno del futuro.
          Nuova morte ci attende. Ma in qual giorno supremo,
          o Fato, rivivremo?
          Quando i Poeti al mondo canteranno su corde
          d'oro l'inno concorde:
          - O voi che il sangue opprime,
          Uomini, su le cime
          splende l'Alba sublime!
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Cheope
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Aprile

            Socchiusa è la finestra, sul giardino.
            Un'ora passa lenta, sonnolenta.
            Ed ella, ch'era attenta, s'addormenta
            a quella voce che già si lamenta,
            - che si lamenta in fondo a quel giardino.

            Non è che voce d'acque su la pietra:
            e quante volte, quante volte udita!
            Quell'amore e quell'ora in quella vita
            s'affondan come ne l'onda infinita
            stretti insieme il cadavere e la pietra.

            Ella stende l'angoscia sua nel sonno.
            L'angoscia è forte, e il sonno è così lieve!
            (Par la luce d'april quasi una neve
            che sia tiepida. ) Ed ella certo deve
            soffrire, vagamente, anche nel sonno.

            Tutto nel sonno si rivela il male
            che la corrompe. Il volto impallidisce
            lentamente: la bocca s'appassisce
            nel suo respiro; su le guance lisce
            s'incava un'ombra... O rose, è il vostro male:

            rose del sole nuovo, pur di ieri,
            ch'ella recise ad una ad una (e intanto
            ella era affaticata un poco, e intanto
            l'acque avean su la stessa pietra il pianto
            d'oggi), oggi quasi sfatte, e pur di ieri!

            Ella non è più giovine. I suoi tardi
            fiori effuse nel primo ultimo amore.
            Fu di voluttà ebra e di dolore.
            Un grido era nel suo segreto cuore,
            assiduo: - Troppo tardi! Troppo tardi! -

            Ella non è più giovine. Son quasi
            bianchi i capelli su la tempia; sono
            su la fronte un po' radi. L'abbandono
            (ella è supina e immota), l'abbandono
            fa sembrar morte le sue mani, quasi.

            Né pure il gesto fa scendere mai
            sangue all'estrenútà de le sue dita!
            La tragga il sogno lungi da la vita.
            Veda nel sogno almen ringiovanita
            l'Amato ch'ella non vedrà piu mai.

            Socchiusa è la finestra, sul giardino.
            Un'ora passa lenta, sonnolenta.
            Non altro s'ode, ne la luce spenta,
            che quella voce che giù si lamenta,
            - che si lamenta in fondo a quel giardino.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Cheope
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Autunno

              Autunno, che negli occhi suoi specchiasti
              e nel mar taciturno il tuo fulvo oro
              - tutte le acque un immobile tesoro
              parvero, e gli occhi più del mare vasti -,

              Autunno, io non sentii mai così forte
              la tristezza che tu solo diffondi
              - quante di me né tuoi boschi profondi
              son cose morte tra le foglie morte!

              Come ieri. Fu ieri la suprema
              tristezza e fu l'amor supremo. Ah mai,
              ne l'ore più segrete, mai l'amai
              come ieri. Ancor l'anima ne trema.

              Ella taceva, chiusa ne la nera
              tunica dove sparsi erano fiori
              pallidi, Autunno, come i tuoi che indori
              sul vano stelo; e, china a la ringhiera,

              guardava il golfo solitario, china
              come colei che un peso immane aggrava.
              - Ombra de la sua fronte! - O non guardava
              forse dentro di sé la sua ruina?

              Forse. Non domandai. Ma così piena-
              mente a lei rispondean tutte le cose
              visibili, apparenze dolorose
              d'anime involte ne la stessa pena,

              che io credetti vedere il suo dolore
              in quelle forme, vivere in un mondo
              espresso intero dal suo cuor profondo,
              irradiato da quel solo cuore;

              e fu per me ciascuna forma un segno
              che svelava un mistero: quasi un muto
              verbo; e più nulla fu disconosciuto,
              anche per me, ne l'infinito regno.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Cheope
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Il vento scrive

                Su la docile sabbia il vento scrive
                con le penne dell'ala; e in sua favella
                parlano i segni per le bianche rive.

                Ma, quando il sol declina, d'ogni nota
                ombra lene si crea, d'ogni ondicella,
                quasi di ciglia su soave gota.

                E par che nell'immenso arido viso
                della pioggia s'immilli il tuo sorriso.
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Cheope
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  I Pastori

                  Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
                  Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
                  lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
                  scendono all'Adriatico selvaggio
                  che verde è come i pascoli dei monti.

                  Han bevuto profondamente ai fonti
                  alpestri, che sapor d'acqua natia
                  rimanga né cuori esuli a conforto,
                  che lungo illuda la lor sete in via.
                  Rinnovato hanno verga d'avellano.

                  E vanno pel tratturo antico al piano,
                  quasi per un erbal fiume silente,
                  su le vestigia degli antichi padri.
                  O voce di colui che primamente
                  conosce il tremolar della marina!

                  Ora lungh'esso il litoral cammina
                  La greggia. Senza mutamento è l'aria.
                  Il sole imbionda sì la viva lana
                  che quasi dalla sabbia non divaria.
                  Isciacquio, calpestio, dolci romori.

                  Ah perché non son io cò miei pastori?
                  Vota la poesia: Commenta