Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

L'agrifoglio

Sul, limitare, tra la casa e 1'orto
dove son brulli gli alberi, te voglio,
che vi verdeggi dopo ch'io sia morto,
sempre, agrifoglio.

Lauro spinoso t'ha chiamato il volgo,
che sempre verde t'ammirò sul monte:
oh! Cola il sangue se un tuo ramo avvolgo
alla mia fronte!

Tu devi, o lauro, cingere l'esangue
fronte dei morti! E nella nebbia pigra
alle tue bacche del color di sangue,
venga chi migra,

tordo, frosone, zigolo muciatto,
presso la casa ove né suona il tardo
passo del vecchio. E vengavi d'appiatto
l'uomo lombardo,

e del tuo duro legno, alla sua guisa
foggi cucchiari e mestole; il cucchiare
con cui la mamma imbocca il bimbo, assisa
sul limitare.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Scalpitio

    Si sente un galoppo lontano
    (è la...? ),
    che viene, che corre nel piano
    con tremula rapidità.
    Un piano deserto, infinito;
    tutto ampio, tutt'arido, eguale:
    qualche ombra d'uccello smarrito,
    che scivola simile a strale:
    non altro. Essi fuggono via
    da qualche remoto sfacelo;
    ma quale, ma dove egli sia,
    non sa né la terra né il cielo.
    Si sente un galoppo lontano
    più forte,
    che viene, che corre nel piano:
    la Morte! La Morte! La Morte!
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sera Festiva

      O mamma, o mammina, hai stirato
      la nuova camicia di lino?
      Non c'era laggiù tra il bucato,
      sul bossolo o sul biancospino.
      Su gli occhi tu tieni le mani...
      Perché? Non lo sai che domani...?
      din don dan, din don dan.
      Si parlano i bianchi villaggi
      cantando in un lume di rosa:
      dell'ombra dè monti selvaggi
      si sente una romba festosa.
      Tu tieni a gli orecchi le mani...
      tu piangi; ed è festa domani...
      din don dan, din don dan.
      Tu pensi... Oh! Ricordo: la pieve...
      quanti anni ora sono? Una sera...
      il bimbo era freddo, di neve;
      il bimbo era bianco, di cera:
      allora sonò la campana
      (perché non pareva lontana? )
      din don dan, din don dan.
      Sonavano a festa, come ora,
      per l'angiolo; il nuovo angioletto
      nel cielo volava a quell'ora;
      ma tu lo volevi al tuo petto,
      con noi, nella piccola zana:
      gridavi; e lassù la campana...
      din don dan, din don dan.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La cucitrice

        L'alba per la valle nera
        sparpagliò le greggi bianche:
        tornano ora nella sera
        e s'arrampicano stanche;
        una stella le conduce.
        Torna via dalla maestra
        la covata, e passa lenta:
        c'è del biondo alla finestra
        tra un basilico e una menta:
        è Maria che cuce e cuce.
        Per che cuci e per che cosa?
        Un lenzuolo? Un bianco velo?
        Tutto il cielo è color rosa,
        rosa e oro, e tutto il cielo
        sulla testa le riluce.
        Alza gli occhi dal lavoro:
        una lagrima? Un sorriso?
        Sotto il cielo rosa e oro,
        chini gli occhi, chino il viso,
        ella cuce, cuce, cuce.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Rio Salto

          Lo so: non era nella valle fonda
          suon che s'udìa di palafreni andanti:
          era l'acqua che giù dalle stillanti
          tegole a furia percotea la gronda.
          Pur via e via per l'infinita sponda
          passar vedevo i cavalieri erranti;
          scorgevo le corazze luccicanti,
          scorgevo l'ombra galoppar sull'onda.
          Cessato il vento poi, non di galoppi
          il suono udivo, nè vedea tremando
          fughe remote al dubitoso lume;
          ma poi solo vedevo, amici pioppi!
          Brusivano soave tentennando
          lungo la sponda del mio dolce fiume.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            L'uccellino del freddo

            Viene il freddo. Giri per dirlo
            tu, sgricciolo, intorno le siepi;
            e sentire fai nel tuo zirlo
            lo strido di gelo che crepi.
            Il tuo trillo sembra la brina
            che sgrigiola, il vetro che incrina...
            trr trr trr terit tirit...
            Viene il verno. Nella tua voce
            c'è il verno tutt'arido e tecco.
            Tu somigli un guscio di noce,
            che ruzzola con rumor secco.
            T'ha insegnato il breve tuo trillo
            con l'elitre tremule il grillo...
            trr trr trr terit tirit...
            Nel tuo verso suona scrio scrio,
            con piccoli crepiti e stiocchi,
            il segreto scricchiolettio
            di quella catasta di ciocchi.
            Uno scricchiolettio ti parve
            d'udirvi cercando le larve...
            trr trr trr terit tirit...
            Tutto, intorno, screpola rotto.
            Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
            Così rompere odi lì sotto,
            così screpolare lì dietro.
            Oh! lì dentro vedi una vecchia
            che fiacca la stipa e la grecchia...
            trr trr trr terit tirit...
            Vedi il lume, vedi la vampa.
            Tu frulli dal vetro alla fratta.
            Ecco un tizzo soffia, una stiampa
            già croscia, una scorza già scatta.
            Ecco nella grigia casetta
            l'allegra fiammata scoppietta...
            trr trr trr terit tirit...
            Fuori, in terra, frusciano foglie
            cadute. Nell'Alpe lontana
            ce n'è un mucchio grande che accoglie
            la verde tua palla di lana.
            Nido verde tra foglie morte,
            che fanno, ad un soffio più forte...
            trr trr trr terit tirit...
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Anniversario (1890)

              Sappi - e forse lo sai, nel camposanto -
              la bimba dalle lunghe anella d'oro,
              e l'altra che fu l'ultimo tuo pianto,
              sappi ch'io le raccolsi e che le adoro.
              Per lor ripresi il mio coraggio affranto,
              e mi detersi l'anima per loro:
              hanno un tetto, hanno un nido, ora, mio vanto:
              e l'amor mio le nutre e il mio lavoro.
              Non son felici, sappi, ma serene:
              il lor sorriso ha una tristezza pia:
              io le guardo - o mia sola erma famiglia! -
              e sempre a gli occhi sento che mi viene
              quella che ti bagnò nell'agonia
              non terminata lagrima le ciglia.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Nel giardino

                Nel mio giardino, là nel canto oscuro
                dove ora il pettirosso tintinnìa,
                col gelsomino rampicante al muro,
                c'è la gaggìa;
                e or che ottobre dentro la vermiglia
                foresta il marzo rende morto al suolo,
                e sembra marzo, come rassomiglia
                bacca a bocciuolo,
                alba a tramonto; nelle tenui trine
                l'una si stringe, al roseo vespro, quando
                l'altro i suoi fiori, candide stelline,
                apre, alitando;
                ed al sospiro dell'avemaria,
                quando nel bosco dalle cime nude
                il dì s'esala, il cuore in una pia
                ombra si chiude;
                e l'anima in quell'ombra di ricordi
                apre corolle che imbocciar non vide;
                e l'ombra di fior d'angelo e di fior di
                spina sorride.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Anniversario (1891)

                  Già li vedevo gli occhi tuoi, soavi
                  seguirmi sempre per il mio cammino,
                  chinarsi mesti sul mio capo chino,
                  volgersi, al mio dubbiar, dubbiosi e gravi.
                  Come col dolor tuo mi consolavi,
                  come, o cuore vivente oltre il destino!
                  Come al tuo collo ti tornai bambino
                  piangendo il pianto che su me versavi!
                  Or che rivivo alfine, or che trovai
                  ah! Le due parti del tuo cuore infranto,
                  ora quell'occhio più che mai materno...
                  No: tu con gli altri, al freddo, all'acqua, stai,
                  con gli altri solitari in camposanto,
                  in questa sera torbida d'inverno.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Arano

                    Al campo, dove roggio nel filare
                    qualche pampano brilla, e dalle fratte
                    sembra la nebbia mattinal fumare,
                    arano: a lente grida, uno le lente
                    vacche spinge; altri semina; un ribatte
                    le porche con sua marra paziente;
                    ché il passero saputo in cor già gode,
                    e il tutto spia dai rami irti del moro;
                    e il pettirosso: nelle siepi s'ode
                    il suo sottil tintinnio come d'oro.
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