Passa tempo
l'acquedotto romano è li,
i cavalli giocano a rugby con i fantini.
le coppie fanno l'amore nell'erba oggi come duemila anni fa,
ed io sono solo di passaggio.
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l'acquedotto romano è li,
i cavalli giocano a rugby con i fantini.
le coppie fanno l'amore nell'erba oggi come duemila anni fa,
ed io sono solo di passaggio.
Vorrei carpire il tuo profumo
e con esso creare un fiore
che ancora non esiste.
Amore sarebbe il suo nome.
Possono uccidere
la carne ma non
possono uccidere
la pace
il suo pensiero e la
sua parola
la tua carne sarà
seppellita
ma la parola
sta già attraversando
bocche capaci
di far volare
in fretta il
pensiero per sempre
urlando al mondo intero
pace.
La curiosità di capire
"come funziona il mondo"
non dovrebbe mai
svanire
perche ci consente
sempre più
di sapere
invece pian piano
si perde con l età
perdendosi dentro
l abitudine del
nostro vivere.
Ho un pungolo
piantato nello sterno
a generare singulto
tra-salire in volto
scattando con un salto
nessuno l'ha mai tolto
è un assalto
resto in ascolto
con il dolore avvolto
il coraggio disciolto
il peccato dissepolto
un nodo irrisolto
l'anima in tumulto
buio in risalto.
E tu sei il prescelto.
Ho ore infinite,
estenuanti,
con la testa tra le mani
come se reggessero il vuoto
o il tutto pieno
o il saturo
o l'inutile,
il superfluo
di un pensiero moribondo,
sul tramonto,
che indica la fine,
segna l'atrofia,
bagnarsi col gesso
ed indurirsi.
Non flettersi,
ma spezzarsi.
Sono, appena, un sentore,
acqua che scivola e si fa varco
senza che le rocce se ne avvedano,
ma che si sentono spaccare
quando sono già arrivata
alla marea del mare,
oltre la riva delle cose viste che si vedono,
giù,
annegate,
verso le cose cieche che si sentono.
Scrivimi.
Raccontami.
Al cospetto di pelle nuda
che non conosce ancora i sadici intarsi di polpastrelli crudeli,
come fossi papiro,
macchiato dal tuo inchiostro nero che,
come coito,
m'imbratta dei suoi umori ed essenze,
conseguenza di piaceri cerebrali.
Vieni.
Ch'io t'aspetto.
Dove metto la lingua sono affari miei!
Quali parole le faccio battere
e quante volte la faccio schiaffeggiare dal palato
per ripetere quei "No" che mi vengon fuori tanto bene,
sono sempre affari miei!
Quanto possa piacerle il gusto del rischio,
viscido sulla lama affilata,
cospargerla di saliva
e renderla innocua,
non più aguzza sul taglio,
questi,
sono "affari amari" della lama che s'avvicina,
incauta!
Mi stacco!
Ebbrietudine solitaria.
Penzolo dai tentativi di furto
degli altri,
ché non m'appartengo,
ma mi tengo
e non voglio sfrattarmi,
diseredarmi,
farmi "non mia",
irriconoscibile,
estranea e forestiera al mio esser stata.
Mi ritorno,
ché essere "con"
non è essere "in",
ma,
dover essere "per".
Mi rimango,
dando l'illusione del prestarmi,
dell'affittarmi,
ma non sono all'asta,
fatiscente,
antica,
diroccata,
ma mi tengo.