Poesie generazionali


Scritta da: Marco Giannetti
in Poesie (Poesie generazionali)

Ferragosto in città

Una tornda e rovente notte di ferragosto
che asciuga i pensieri e scioglie ogm livore
si affaccia su una città sempre più vuota
e si mostra su un'illusione sempre più piena,
dove si respira aria rarefatta colma
di silenziosa solitudine
La atta pare assopita
tutto e immoto,
nessun rumore accompagna
questo mio girovagare senza meta
senza volonta per cambiare
qualcosa di imponderabile
inesorabilmente pronto a giungere,
la cui presenza e palpabile
da poterla quasi sfiorare.
Composta martedì 23 luglio 2013
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Marco Giannetti
    in Poesie (Poesie generazionali)

    Eclissi

    L'eclissi di luna,
    non ho ancora compreso se
    e la luna che si offusca
    o la terra che si nasconde
    dietro il sole,
    comunque e troppo brusca
    Una dorata rossità
    precipita mentre ci abbaglia
    nel cielo — in fuggevoli attimi —
    senza strida si stagha
    con la voracita goduta
    a coltivare notti di madreperla
    Un dolore improvviso disorientato, affonda nei polsi gravido di impotenza Speranze sobbalzano a nascondersi, nell'attesa si alzano
    per spargersi in eventualita che mai avverranno E tutto torna come prima
    senza lasciare traccia palpabile.
    Composta martedì 23 luglio 2013
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Eddie
      in Poesie (Poesie generazionali)

      Semplicità

      Due occhi del colore del mare in tempesta,
      che al tempo stesso
      con la loro forza e determinazione
      possono trascinarti nel mezzo di un oceano
      fatto di dubbi e incertezze
      e con la loro infinta dolcezza
      possono cullarti nel più bel sogno
      che tu abbia mai fatto.
      Un sorriso di una sincerità disarmante
      che può distruggere in un attimo
      la corazza che ti sei costruito intorno
      con fatica nel corso degli anni,
      che con la sua semplicità
      può farti vedere il mondo sotto una luce diversa,
      migliore...
      di cos'altro ha bisogno un uomo
      per essere felice?
      Composta lunedì 22 luglio 2013
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Susan
        in Poesie (Poesie generazionali)

        Chi sei tu che dicevi di amarmi

        E tu che dicevi di amarmi,
        tu che,
        mi guardi con amore,
        ed odio,
        perche"perché
        questo amore fatto
        di carezze, di baci
        e sospiri,
        perché siamo ridotti così.
        cosa ho mai fatto!?
        riflesso nello specchio,
        e non mi riconosco,
        i miei occhi gonfi,
        non hanno un bel colore
        Sai quello da innamorata,
        porto le mani
        al mio volto, un volto
        che non riconosco,
        perché? perché?
        la mia anima grida,
        perché,
        mentre le mie mani accarezzano
        quel volto che quasi a stento
        riconosco,
        perché?
        lacrime che
        bagnano quel volto,
        che brucia dal dolore,
        accarezzo le mie labbra,
        mentre
        ne bevo il sangue che ne esce,
        perché?
        perché è il grido
        risuona ad eco, in
        questa stanza quasi buia,
        Io sono donna!
        io sono vita!
        Io...
        io non sò più chi sono,
        e grida l'anima,
        fermandosi, su di
        un perché,
        di un volto irriconoscibile,
        di una lacrima di dolore.
        e tu chi sei tu?
        Si! Tu che dicevi di amarmi!?
        ed io chi sono!?
        Io sono donna e tu,
        Tu non potrai
        più toccarmi,
        no!
        Io sono donna,
        madre, mamma,
        io sono,
        e tu non sei,
        tu non sei
        quello che
        un giorno
        diceva di amarmi!
        Vota la poesia: Commenta
          in Poesie (Poesie generazionali)

          L'ora dell'aperitivo velenoso

          È per sentito dire
          che so della tua vita,
          certo ne parlano
          per farmi stare male.
          Sai come sono gli amici,
          spesso tutto fuorché amici.
          Sembra che prendano la mira
          quando mi vedono apparire,
          sembra che armino le lingue
          per poi sparare.
          Sparare parole che feriscono ogni volta
          ma feriscono soltanto.
          Non si può far morire
          chi ci fa un po' divertire.
          E c'è chi gioca
          a fare finta di non sapere
          e ripete di nuovo
          il - come va -
          della volta prima.
          C'è poi chi se la gode
          del mio gran soffrire
          e ride soddisfatto
          guardando in viso il suo bicchiere.
          Qualcuno parla meno
          come se non gli importasse
          ma aspetta solamente
          "la prossima occasione"
          l'occasione giusta
          per il colpo di frusta.
          Contribuiscono tutti quanti,
          ognuno a modo suo,
          al mio soffrire.
          Ma solo quando mi volto
          si fanno i complimenti.
          Davanti alla mia faccia
          sono pieni di premure.
          Non perdono occasione
          per farmi ricordare
          che ancora esisti
          e che stai bene,
          che io non ho perso niente.
          A parte "tutto"
          penso io.
          Ma era un tutto così nascosto
          e solo da parte mia
          che neppure so dov'era
          se c'era,
          adesso dove sia.
          Ed anche per stasera
          ho già pagato il prezzo per la compagnia.
          Volto le spalle a tutti
          ed esco a capo basso,
          ed ai richiami per restare
          scuoto la testa
          come i cani dai lunotti delle auto
          e faccio no-no con l'indice su dritto.
          E non mi volto non per non lo fare
          ma solamente per non far vedere
          che anche stasera hanno mirato giusto,
          parlato agli occhi per farli lacrimare.
          E penso dentro me:
          - schifosi amici buona notte,
          adesso fate un giro di bicchieri
          alla salute della battuta più cattiva.
          E datevi appuntamento per domani,
          tanto è sicuro che ritornerò
          a farvi divertire,
          a farmi schifo,
          a stare
          come solo si sente
          chi come me
          non ha la forza per cambiare,
          ed in quel tutto che ha perduto
          ha al primo posto la dignità
          e poi l'onore.
          Composta sabato 20 luglio 2013
          Vota la poesia: Commenta
            in Poesie (Poesie generazionali)

            pace imposta

            È successo.
            In un momento
            da troppi a uno,
            col consenso di nessuno.
            È finita la baruffa,
            quel continuo battagliare,
            quell'imporsi con l'inganno
            e con la truffa.
            C'è chi ha messo tutti a posto,
            quelli in alto e quelli in basso,
            quelli a destra e quelli a manca.
            Ci han pensato in quattro o cinque
            con al seguito i cannoni
            carri armati
            e soldati a battaglioni.
            Da domani si comincia.
            Tutti in fila di mattina,
            e la sera a letto presto.
            Toni bassi nella voce,
            il dovere di ubbidire.
            A qualcuno mancheranno
            quelle risse da cortile,
            qualcun'altro ci dirà
            - era l'ora finalmente-
            Ed ognuna delle parti
            canterà la sua vittoria
            o cantando una faccetta
            o inneggiando a una bandiera,
            mani aperte
            o chiuse a pugno.
            Ma non sanno che fra un po'
            si saprà la verità,
            che hanno perso tutti quanti.
            A seconda del colore
            potran scegliere se stare
            dalla parte di chi prende schiaffi in faccia
            a mano aperta
            o cazzotti
            a pugno chiuso.
            Ed a tutti per giustizia
            anche molti calci in culo.
            Composta giovedì 18 luglio 2013
            Vota la poesia: Commenta
              in Poesie (Poesie generazionali)

              i dipendenti

              A fine lavoro,
              gli paga lo stato
              quei trenta denari
              al giuda di turno,
              a chi deve tradire.
              A fine lavoro
              gli paga lo stato
              quei trenta denari
              al servo di turno,
              a chi deve colpire.
              Paga lo stato per fare del male,
              paga il prezzo che c'è da pagare.
              Fischia la frusta
              su chi deve ubbidire
              raschia sul corpo
              di chi deve soffrire.
              Ecco lo stato
              a farsi sentire.
              Composta giovedì 18 luglio 2013
              Vota la poesia: Commenta