Poesie personali


Scritta da: Poetaadieta
in Poesie (Poesie personali)

D'ictus

Lampo d'accecante candore
m'abbaglia ed oscura la mente,
una fitta di lancinante dolore
mi avvisa che può, silente.
È il corpo non mio, lo sento,
quello che sfugge al controllo,
perché mai, certo non mento,
ho paventato un simile tracollo.
Ma come puoi, avido mostro,
crudele portatore di sventura,
bastardo figlio d'un creato nostro,
tentare di portarmi a morte sicura.
Con il tutto che ancor ho da fare
e del già fatto il non voluto oblio,
credi proprio ch'io non sappia lottare,
per della maggior vita il desio.
D itemi, luminari d'acquisita scienza,
o professori di folgorante carriera,
ditemi, dottori di sapiente esperienza,
ch'io posso sopravvivere alla sorte nera.
Non può, un figlio di puttana,
macellarmi a suo piacimento
e della mia carne, invero ancor sana,
cibarsi e satollarsi a suo godimento.
Crepa, ictus sordido e maledetto,
che con me la tua lama s'è spezzata;
ho vinto e la vita ho benedetto,
da consumar mai così agognata.
Certo non son quello di prima,
e di alcuni l'eccesso schivo,
ma come la luce vedo ogni mattina,
mi sorprendo sussurrare allo specchio: io vivo.
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    Scritta da: Poetaadieta
    in Poesie (Poesie personali)

    Copa

    Costante patriota è il mio avatar; un personaggio immaginario, un idealista.
    Di conseguenza, uno stupido; almeno nella misura in cui, al giorno d'oggi, può essere stupido un idealista.
    Copa è l'acronimo di costante patriota, ma, in dialetto bresciano, è anche una tremenda esortazione; vuol dire uccidi.
    Ebbene, sì; a volte, uccidere, è un bel gesto. Un gesto auspicabile e commendevole.

    Copa

    copa l'intolleranza verso il diverso, di razza, sesso, fede e religione;
    anche se di capirlo non c'è verso, il solo pensarlo è reato d'opinione.
    Copa la rabbia cieca e sorda, che muove al gesto insensato
    e, se ti sembra che la mano morda, prova a tagliartela, nell'immaginato.
    Copa la crudeltà verso gli animali, figli prediletti della natura;
    vittime di istinti e menti primordiali e di una ragione mai matura.
    Copa l'indifferenza verso i deboli e gli inermi, spesso occhi di speranza portatori;
    accogli le loro suppliche, senza chiedermi il plauso d'immeritati onori.
    Copa l'ipocrisia, sorella della falsità, del benevolo vigliacco sguardo,
    espressione di menzognera realtà. Tanto quanto il vile gioir beffardo.
    Copa la bramosia di raggiungere il successo, perdendo l'aura della dignità;
    nascosta nelle pieghe dell'insano processo, c'è spesso il tonfo dell'amara realtà.
    Copa la frenesia di accumulare ricchezza, dimentico di ogni sorta di pudore;
    nel quieto viver di modesta pochezza, c'è la disperata difesa del proprio onore.
    Copa l'arroganza del potente, nascosto nelle pieghe del sistema,
    all'altrui bisogno indifferente ed artefice di bieco teorema.
    Copa la mancanza di civiltà vera, immota nel cuore e mobile al progresso;
    è follia lucida e menzognera, portatrice di futuro recesso.
    Copa l'odio, di tutti i mali progenitore; carnefice fuoco mai domo,
    del cui valer spesso non c'è sentore, sino a che di colpe chiede perdono.
    Copa la ferocia dell'anima assatanata, spinta al gesto odioso ed esecrabile
    di gioire di donna violata ed umiliata, portatrice di ferita insanabile.
    Copa il dolore di comunità indifesa, vittima di catastrofico evento,
    portando ad essa la carità attesa di spegnere l'accorato lamento.
    Copa il lezzo dell'inquinata atmosfera, portando il tuo modesto contributo;
    fai felice il giorno ed adorabile la sera, di un viver sano e quanto mai piaciuto.
    Copa il degrado dell'ambiente, facendoti di soluzioni nuove portatore,
    accompagnando il prossimo tuo, sorridente, verso un domani certo migliore.
    Copa la cecità di una politica corrotta, incapace di ascoltare i cittadini;
    invoca un cambiamento di rotta, evocando nuovi paladini.
    Copa il mio arrendevole sconforto, possibile assassino d'ideali;
    fai che creda non sia un torto, il mio, sempre più stanco, battito d'ali.
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      Scritta da: Daniela Cesta
      in Poesie (Poesie personali)

      L'albero tagliato

      Il mio cuore si stringe quando
      vedo un albero che viene tagliato, sento
      il suo sussurro doloroso, lacrime dalle viscere
      e dagli altri alberi intorno con i cespugli, che assistono inermi
      è tutto un lamento insistente, di dolore e gemiti,
      un addio sconvolgente, che sembra uccidermi
      un albero maestoso è come un libro aperto
      potrebbe raccontare infiniti momenti, di gloria e rimostranze
      attimi di vita di ogni creatura, che gli è passato accanto
      cinquanta anni per crescere e diventare imponente
      solenne, possente e nobile... mezz'ora per bruciare
      e scomparire perennemente dalla terra.
      Rispettare gli alberi è una nostra priorità
      perché producono ossigeno, aria, frescura,
      regalano frutti, sono al nostro servizio
      e noi abbiamo il compito, di averne cura, di proteggerli
      con tutto l'intero creato.
      Composta mercoledì 19 febbraio 2020
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        Scritta da: Daniela Cesta
        in Poesie (Poesie personali)

        Febbraio

        Il sole di febbraio si insinua tra
        i rami spogli e dormienti dell'albero
        lo inonda di luce purificatrice
        iconica immagine che colpisce
        fa riflettere nel silenzioso pomeriggio
        ventilato e soleggiato di un mese che avverte
        che il tempo cambia, anche per noi
        che dobbiamo trasformarci in farfalle
        lasciare il nostro bozzolo invernale
        e tuffarci nella vita che rinasce.
        Composta sabato 15 febbraio 2020
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          Scritta da: djfmp3
          in Poesie (Poesie personali)

          Il lento passo

          Avvolte si crede che l'infinito è parte del nostro sogno poi strada facendo ti accorgi che ci sono montagne da sormontare e stagioni da non trascurare come le lacrime che ora poco scendono dal cielo, quel cielo che ti oscura ogni traguardo quando alzando lo sguardo verso il blu non ti è più possibile sognare e si inaridisce ogni sentiero quando non si ha più la forza di correre e camminare a lento passo ti tocca andare, se ancora il mondo vuoi riusci ad ascoltare.
          Composta venerdì 7 febbraio 2020
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            Scritta da: Daniela Cesta
            in Poesie (Poesie personali)

            Febbraio

            Passata la tempesta, febbraio regala
            giornate di scintillante luce, cielo terso
            forse l'illusione dell'avvicinarsi della primavera
            ma l'aria gelida porta la realtà dell'inverno
            ancora graffiante e torbido.

            I rami spogli si muovono sotto il vento del nord
            ma il seno della terra comincia a respirare
            ogni anfratto ogni albero ogni radice lo sente
            la speranza e l'amore fa capolino nella foresta
            come una energia brillante che inizia a salire

            dalle estremità verso l'alto, il sole di febbraio
            avverte la natura che la vita a breve tornerà
            dalle viscere con morbidezza, leggerezza
            dal silenzioso calore di un piccolo raggio
            che scende dal cielo per baciare la fredda terra invernale.
            Composta venerdì 7 febbraio 2020
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              Scritta da: djfmp3
              in Poesie (Poesie personali)

              Le onde del mare

              Nell'infinito dei miei sogni vorrei nel futuro riuscire a danzare
              nelle piazze colme di gente che d'amore vuole sentire parlare
              e nei paesi e nelle città e d'azzurro il cielo colorare come in quei giorni di primavera che il cielo lascia cadere
              la pioggia che vuole bagnare il mare
              quando il sole non riesce più a riscaldare.
              .
              Lasciando alla nebbia dipinge d'infinito la vita che
              ancora d'amore vuole sentir parlare li dove le onde si nascondo
              dall'uomo e del proprio camminare tra i venti e le grida del mare che tanti figli a visto annegare.
              Composta lunedì 3 febbraio 2020
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                Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                in Poesie (Poesie personali)
                La storia umana è passata per fasi:
                come primitivi si dormiva in caverne
                dipingendo animali, uomini e mani,
                dopo capanne di pali e erba sul tetto.

                Case di pietra e strade geometriche
                diedero vita a villaggi su collinette.
                Ma le guerre fraticide fecero scempio
                di donne, bambini e poveri vecchi.

                Poi arrivarono armi di ferro e spari
                uccidendo animali e uomini lontani.
                Le città ammuragliate e loro castelli
                finirono bombardati nelle tante guerre.

                È stata la storia fratricida di noi mortali
                che oggi bevono, ridono e mangiano
                seduti alla stessa mensa con il pane
                e domani si uccidono come animali.

                Sono entrato in una chiesa gotica
                dove lo scempio di una guerra civile
                ha distrutto il loro stesso patrimonio
                con tanto odio contro Dio e i morti.

                Quanto tempo dobbiamo aspettare
                per diventare persone civilizzate
                rispettando gli animali e la natura
                formando una vera famiglia umana?
                Composta venerdì 30 novembre 2018
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                  Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                  in Poesie (Poesie personali)
                  Il vento ci spazza la memoria con il lento passare del tempo. La mia vecchiaia cammina lenta ma sento i suoi passi pesanti il respiro che galoppa leggero mentre i piedi sono fissi a terra.
                  Il tempo scorre veloce sui calendari ma è perenne nei suoi movimenti. Ammiriamo i suoi lenti passi sui selciati della storia umana, sulle torri di vecchi castelli sulle facciate di antiche cattedrali.
                  Il tempo sorride allegro coi bambini gioca a carte scoperte con i giovani bacia sorridendo i novelli sposi marca le rughe del viso degli adulti si fissa negli occhi dei moribondi ma non compete mai con l'eterno.
                  Lasciamo viaggiare la nostra cenere con il vento che spazza volti e tempo. Tra il sole, la pioggia, neve e freddo maturiamo come uomini sulla terra. Lasciamo alla famiglia la memoria a Dio il resoconto dei nostri giorni.
                  Composta venerdì 30 novembre 2018
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                    Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                    in Poesie (Poesie personali)
                    Su un selciato di lastre rosse del giardino
                    spuntano margherite bianche e fiori gialli
                    nelle tante fessure con poca terra e arena
                    che lungo vari anni il tempo ha germinato.

                    È un labirinto di viuzze che si intrecciano
                    formando enigmatici disegni geometrici
                    dove le formiche scavano piccole gallerie
                    per i loro depositi di cereali e semi strani.

                    Spesso mi fermo a osservare l'esercito
                    ben formato di formiche nere lavoratrici
                    che non sbagliano il loro sentiero pulito
                    e non ritornano mai con le pinze vuote.

                    Quanto dobbiamo apprendere noi umani
                    da queste minuscole creature organizzate
                    dove la disciplina è molto simile ai militari
                    rispettando per tradizione la loro casa reale.
                    Composta venerdì 30 novembre 2018
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