Poesie personali


Scritta da: Nello Maruca
in Poesie (Poesie personali)

Il camposanto

Coperto d'un lenzuolo di bianco lino
Mi ritrovai disteso sotto un pino.
Il luogo mi pareva squallido e nero
E il tutto m'appariva un gran mistero.
Strani rumori, fruscii, non voci né lamenti,
non alcuno presente, non erano viventi
ma com'infiniti oceani pianeggianti
solo lanterne fievoli e tremanti.
Forte pulsavami lo core dentro al petto,
sparire avrei voluto ma restai interdetto
di freddo tremando e di paura
mentre la mente si volgea a sciagura.
Sussultando, stordito e impaurito
Mi rigirai un poco e guardai indietro
Da dove mi parea giungessero suoni
D'inestricabili voci e di scarponi.
Con lenta cadenza e andatura austera
Avanzavano ver me, in veste nera,
con in mano una un bastone dorato,
l'altra, sul braccio, un pastrano ornato
due alte figure di nobile casato
con lo stemma sul petto disegnato.
M'apprestai ad un inchino riverente
Ma lor giraro tosto lato ponente.
Consolato di sì tanta presenza
Stanco, sedetti sopra una sporgenza
Ch'avea pensato essere un muretto
Invece, ahimè, trattavasi d'un ometto.
Con tanto spazio che ti trovi intorno
Non mi par vero che non senti scorno
D'appollaiarti sul mio teschio scarno
Come su ceppo di pietra di marmo.
Giammai avrei osato così tanto
Se non avessi pensato lungi alquanto
Essere tu prossimo a un vivente
In questo campo ove l'umano è assente.
E, poiché la mente mia è allo sbaraglio
Vogliami perdonare per lo sbaglio,
per non avere in tempo conosciuto
chi come me, in terra, era pasciuto.
Mi girai, una grande distesa di viole,
lui squagliato come neve al sole.
Poggiai la mano sopra una casupola,
caddi su un prato coltivato a rucola.
Tre cagnolini dal pezzato pelo
Guaivano tremanti intorno a un palo
Mentre due donne dal vestito nero
Avanzavano ver me a passo leggero.
Dovere di cortesia m'imponeva inchino
Ma già rivolte altrove, dietro un pino,
Ignoravano lo saluto e a passo lesto,
a testa china e con fare mesto
giravano attorno un grande casolare
dove erano più cani ad abbaiare.
Per chetare la morsa della fame
Seppur in pantofole e pigiama,
l'abbaiare dei cani l'un l'altr'ostile
tosto mi portarono in cortile
ché l'alba da tre ore era già sorta
e i poveracci non avean più scorta.
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    Scritta da: pazzo di lei
    in Poesie (Poesie personali)

    Luna o principessa

    Stasera sei più meravigliosa che mai,
    Al mio cuore sollievo daraI...
    Il tuo profondo candore,
    Ha conquistato il mio piccolo cuore...
    La tua penetrante luce,
    In me grande gioia adduce...
    A dormir più non andrei,
    Perché sola nn ti lascerei...
    La mia vita hai cambiato,
    E di ciò te ne son grato...
    Forse come poeta fallito sarò,
    Ma quest amore mai dimenticherò...
    Adesso e tardi e vado a dormire
    E spero tanto che nel sogno vorrai apparire...
    Ti... Voglio bene da morire.
    Composta lunedì 17 gennaio 2011
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)

      La morte

      S'è crudeltade la Morte o s'e pietade
      nessuno fino a ora l'ha mai saputo.
      Sol si conosce che con sforzo alcuno
      il forte leone abbatte e l'agnellino
      e non si cura del ricco uomo potente
      e nemmanco del misero e meschino
      e tutti stende senza alcun rimpianto
      e da sulla terra elimina ognuno.

      Là, dove giunge, non fa differenza
      né di regnanti o poveri accattoni;
      per essa tutti quanti sono uguali
      e in egual maniera ghermisce ognuno.
      Dinnanzi ad essa cede l'attacchino
      come s'inchina pure il re supremo.
      La secolare quercia strugge e ingoia
      e il sacro fusto dell'odoroso alloro.

      Non vale per fermarla oro o argento,
      ignora sia il signore che il poverello:
      Non guarda in faccia ne s'è brutto o bello
      e il debole risucchia senza sforzo
      come il forte atterra con un soffio.
      Alfine altro non è che affilata falce
      che stende l'erba tutta sulla propria
      ombra e inerte la ridona alla madre

      Terra forse perché rinasca in vigoria
      o allontanarla dal terreno tormento...
      Nessuno, invero, sa perché ghermisce
      s'è per crudeltade o per pietade.
      Un solo Libro tratta l'argomento
      ma il contenuto arduo è interpretare.
      Solo chi tiene fede e spera in Dio
      capisce ciò che non conosco io.
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        Scritta da: Nello Maruca
        in Poesie (Poesie personali)

        La gratitudine

        Tanti furo i lupetti che in grembo
        teneva mamma lupa e al lembo
        di sua veste ciascuno s'attaccava
        appresso che amorevolmente allattava.
        Alla ricerca almeno del minimale,
        al fine di nutrire la prole frale,
        lontana dalla tana, in sofferenza
        il tutto procurava in perseveranza.

        Del provveduto tutto ad essi dava
        e ogni cosa per se trascurava;
        allo stremo di forze pur ridotta
        giammai modificava la condotta.
        Onde impinguare di carne ad essi l'ossa
        il fisico distruggeva di se stessa;
        tutt'essi circondando del suo amore
        ch'ora, per gratitudine, pestano suo coro.

        Mentre i lupetti, ora, son forti e belli
        del lor comportar ne tien gli affanni
        ché se pur avanti ita è negl'anni
        pochi di questi i danni, tanti di quelli.
        Essi or sono grandi, scostanti e arroganti,
        privi di dolcezza, tolleranza e garbo.
        Di mamma lupa, dei sacrifici e stenti
        alcuna memoria più tengono in serbo.

        Per questo, poveretta, essa si contrista,
        la notte sul giaciglio sbuffa, si rigira,
        pensa quel ch'è stato, chiede a Colui ch'ispira:
        Iddio, ho tanto amato, perché mi si rattrista?
        Rivede i cuccioletti che ad essa
        s'aggrappavano quando scarne le ossa
        il caldo del suo corpo ognuno ricercava
        e lei, d'amor di mamma, tutti circondava.

        Tutto è finito, ormai, tutto è concluso.
        Dei stenti e sacrifici tutto è fuso,
        tutto quel che fece era dovuto
        e, nulla, rispetto al dato, ha ricevuto.
        Sperando che i lupetti cambino gesta
        nei ricordi cheta se ne resta,
        delusa e sconfortata se ne giace,
        tornare a pensar quel ch'era le piace.

        In quest'attesa ch'è mesta speranza
        l'è di conforto un essere vivente
        che sempre è fermo, per amore e usanza
        e in ogni occasione resta presente.
        Peccato! Sua natura verso non consente
        indi, dire non può, solennemente
        quant'è riconoscente. Il dolce strofinare,
        l'effusion gioiose lo stanno a dimostrare.

        Di pelo biondo chiaro, striato grigio scuro,
        baffi lunghi e irsuti, pupille verde bruno
        affetto le dà grande, amor tenero e puro.
        Micio di razza, in cure supera ognuno.
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          La felicità

          Non persona che non l'abbia pronunciata,
          non persona che non l'abbia ricercata
          non è persona cui non faccia gola
          ché né uman né cosa può, se non essa sola
          donare contentezza e appagamento
          giacché sol'essa di tanto può far vanto
          e di quanto più belle essere cose
          superando la dolcezza delle Muse
          Per settant'anni io l'ho ricercata
          E manco un poco d'essa ho mai trovato.
          Forse è manchevolezza tutta mia
          O forse vive solo in fantasia.
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            Scritta da: Nello Maruca
            in Poesie (Poesie personali)

            La donna impudente

            Se all'inizial pudore ritornasse,
            Se alle virtù perdute risalisse
            Se di bellezza minor sfoggio facesse,
            se minore uso della lingua avesse,
            se insita l'umanità in essa fosse,
            se il senso di famiglia più alto tenesse
            e se quando altri parla lei tacesse,
            se fulcro in tutto essere non volesse,
            se non per se ma più per gli altri fosse,
            se dei malori suoi poco dicesse
            e con l'amore i dissapori superasse,
            se il sorriso sulle labbra più tenesse
            e se le sue fattezze meno mostrasse
            e mente a maggiore riflessione ponesse,
            se nel guardare le minuzie trascurasse
            e se l'altrui duolo suo lo facesse
            e delle sue miserie men conto tenesse
            e non i difetti altrui ma i suoi vedesse
            e all'umanità più amor mostrasse,
            se tutte queste doti racchiudesse
            della casa regina ad esser tornasse.
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              Scritta da: Nello Maruca
              in Poesie (Poesie personali)

              La desolazione

              Pregno di gaiezza ai dì di fanciullezza
              Ti ricordo, ancora gaio nella giovinezza.
              Ti rivedo, da adulto, in contentezza
              Ti ritrovo e io maturo in allegrezza

              Sei. Fece l'ingresso, poi, lo sfollamento
              E la migrazione divenne grand'evento
              Come deflusso in grande scorrimento,
              presto, indi, rimanesti in isolamento.

              Eri un paesino, mia cara Falerna,
              da dolce espressione e sorridente
              ma poiché, ahimè, nulla cosa è eterna
              divenisti, pure tu, debole e perdente.

              Ti sorrideva il mar Tirreno in faccia
              E ancor'oggi, tuttora, ti sorride.
              Allora sul terrazzo era gente all'affaccio
              Ora qualche vecchio che i tuoi fulgori vide.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                La debolezza paterna

                Allorché l'animo invaso da timori
                e dubbi spezzommi qual fuscello
                lo corpo in due non odi, non rancori
                nulla tenevo e nessun fardello
                poiché la volontà s'era dissolta
                e latitante qual fuggiasco ai boschi
                iva veloce in cupa nebbia avvolta
                pensieri abbandonando buoni e loschi.

                Intorno ruotano i conosciuti affetti
                d'ognuno m'avvidi la profond'amarezza
                impressa al volto qual medaglia ai petti
                per repente paterna debolezza.
                Mi scossi allora e superai l'umana
                incertezza rizzando il corpo, l'anima
                svegliando, con piglio fermo e buona
                rinnovata lena, mi fui qual ero prima.

                Di ciascuno cogliendo ogni bisogno
                di giorno in giorno mi fui tanto attento
                quanto che a me pure quel fare parve sogno
                giacché lo pensier mio non fu più spento.
                Quanto saliente fosse lo star me bene
                intesi che nell'altrui sminuivano le pene
                e la tristezza che pria copria i volti
                dissolta fu e prese lieti risvolti.
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                  Scritta da: Nello Maruca
                  in Poesie (Poesie personali)

                  La consapevolezza

                  Allorquando lo corpo di vigore iva
                  percorso e mai mancar sentii le forze
                  in esso, la morte mi parea solo
                  uno scherzo e ne facea, perciò, fonte
                  di scherno e ci ridevo e di battute
                  tante ne facevo. Or che lo corpo
                  è debole e floscio e alla vecchiezza
                  s'è incamminato essa m'appare
                  qualcosa di possente che pria del corpo
                  schiacciami la mente. Ora la temo,
                  più che temer la tremo, e ogni dì
                  ver me venir la vedo. S'avanza
                  e non s'arresta neppur per un momento
                  brandendo negli artigli falce tagliente.
                  Paura di guardarla in faccia tengo,
                  la scarna sua figura m'appare mostro
                  e a ogni passo più mi dà tremore.
                  Vorrei poter sparire, nuvola divenire
                  Per dare pace alla mia spaurita mente
                  E allontanarla dal tremor di morte
                  E riportarla ai gioiosi dì di giovinezza
                  quando al rimembrare di cotanto mostro
                  scherzavo e ridevo di gaiezza.
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