Poesie personali


Scritta da: Salvatore Coppola
in Poesie (Poesie personali)

Odio la notte

Io odio la notte padrona
del buio che copre il mio cuore
regina assoluta dei sogni
vampira dell'anime tristi.
Nasconde la luce degli occhi
dipinge di nero i pensieri
invade le strade deserte
calpesta la voglia di amare.
Io odio la notte padrona
confusa fra luci di stelle
ne umilia il colore argentato
sovrana faziosa del tempo passato.
Paura e sgomento mi assale
le ore trascorrono lente
un vortice d'aria gelata
ricopre il mio corpo sfinito.
Or giunge l'onore del giorno
che scaccia la notte padrona
il calore dei raggi nel cuore
risveglia la voglia di amare.
Composta mercoledì 22 dicembre 2010
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    Scritta da: Elcoche
    in Poesie (Poesie personali)

    Nettare Vitale

    Come un giovane vampiro
    mi nutro di te in un sospiro,
    rivoli di linfa vitale
    che scendono dalle labbra al cuore.

    Dolcemente arriva l'oblio
    mi accoglie e mi rinfranca,
    finalmente l'ebbrezza
    dell'eterna anima stanca.

    All'alba mi abbandoni
    torno pallida e tremante,
    in attesa solo della sera
    e del mio rosso amante.
    Composta giovedì 23 dicembre 2010
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      Scritta da: Armando
      in Poesie (Poesie personali)
      Pace vo' ricercando e non si trova
      è strano l'uomo, sempre chiude gli occhi
      spesso guerra ci da e l'odio cova
      pensa alle cose frivole, ai balocchi.
       
      Nella miseria lascia tutto il mondo
      spreca risorse non vede mai il vicino
      s'arrotola nell'edonismo immondo
      l'umanità sotterra da assassino.
       
      Eppure basterebbe solo un gesto
      aprire il cuor sulle miserie umane
      capir chi soffre; basterebbe questo
      per salvarci da una fine immane.
      Composta giovedì 23 dicembre 2010
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        Scritta da: Rosaria Modica
        in Poesie (Poesie personali)

        Di notte in giorno

        Distesa azzurra
        serena quiete
        di pecore volate in cielo.
        Silenziose abbracciano la notte
        illuminate da uno strascico di luna
        ed ora insinua le stelle.
        Celate in un vetro che bianco fa morir notte
        in un azzurro mattino
        di luci che in terra si accendono
        nel disperdere il giorno.
        Composta mercoledì 22 dicembre 2010
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          Lussuria

          Dapprima all'uomo Iddio donò la vita,
          del costato di lui donna formò ardita,
          d'ella ad Adamo regalò il sorriso
          assieme a regale casa in Paradiso.

          Nasce, così, il connubio umano
          ch'essendo buono diventa tosto strano
          tanto che pur di cristianità esser dottrina
          stringi una mano e presto sei in berlina.

          Finché il giorno arrivò del matrimonio
          giammai fu Adamo d'abominio a Dio.
          Sempre fedele fu agl'insegnamenti,
          mai il proibito toccò degl'alimenti.

          Ma quando ch'ebbe con egli la compagna
          lasciossi intenerire da sua lagna;
          a viso bello, in personaggio abietto,
          resistere non seppe, poveretto!

          Onde non essere ad ella in dispiacere
          fece quel ch'era d'ella il suo volere:
          Avido ingurgitò il frutto proibito
          che penzolava dall'albero lì sito.

          Subito preso fu da gran terrore
          e d'incontrare Iddio ebbe timore;
          paura aveva d'essere trovato
          ma fu scovato e lesto fu scacciato.

          Errabondo va l'uomo da quel dì
          per la scomunica ch'addosso gli finì,
          per colpa della donna maledetta
          l'umanità ridotta è alla distretta.

          Beato chi da sol vita conduce
          ché, d'essa a fine, finisce nella Luce.
          Il Maligno da sé ha distanziato
          giacché donna in vita ha mai amato.

          Per quel che sopra è detto, o uomo saggio,
          deserta il tristo tuo retaggio
          e da cattiva lonza stai in lontananza
          poiché lupo la veste perde, non l'usanza.
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            Scritta da: Nello Maruca
            in Poesie (Poesie personali)

            Preghiera

            Quell'essere cattivo, pestilente
            come canna al vento è fluttuante,
            alfine di ferire l'umanità
            passa dall'una all'altra malignità.
            Gode nel vedere dell'altrui le pene
            ché il male in petto tiene, non il bene;
            la dignità per esso è cosa insulsa,
            come l'umanità gli è di ripulsa.

            Ascolta! mio Signore, non far l'ingrato:
            trasportalo dov'è pace e sia "beato".
            Se posto più non è ch'è esaurito
            Fa che in inferno arda all'infinito.
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              Scritta da: Nello Maruca
              in Poesie (Poesie personali)

              Uguaglianza

              Sento da sempre dir con insistenza
              di somiglianza con altrui presenza;
              da tempo studio, io, ciascuna usanza
              e, incontrato mai ho l'uguaglianza.
              Quel che qui dico può sembrar non vero
              E senza scambiare il bianco per il nero
              Vagliamo bene assai la circostanza
              Ed alla cosa diamo giusta importanza.

              Consideriamo il dotto e lo sciancato:
              Il primo se la fa con l'avvocato
              l'altro con le persone abominate
              seguono, perciò, vie divaricate.
              Or l'umile guardiamo e l'orgoglioso:
              Il primo in un cantuccio resta pensoso
              l'altro, a testa alta, baldanzoso
              passeggia col suo fare spocchioso.

              Prendiamo ad esempio la marchesa,
              con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
              Certo non con l'onest'uomo di paese
              ma col suo pari rango, nobile marchese.
              la nobildonna dai guantoni bianchi
              malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
              porta il suo velo sia per eleganza
              quanto mostrare agli umili importanza.

              Di sul calesse dal mantice nero
              trainato da nobile destriero
              non un sorriso spento, non uno sguardo
              manco all'inchino di stanco vegliardo.
              Luminoso diviene il cereo viso
              e la sua bocca è tutta gran sorriso
              se solo scorge da lontano il ricco
              anche se nell'andare è smorto e fiacco.

              Il capufficio, poi, lo ben sapete
              mostrare preminenza ha grande sete.
              I dipendenti inchioda a scrivania
              a spregio e dell'amore e d'armonia.
              Ancor quando innocenza in aria affiora
              niuno accostamento vedo, poi, ancora,
              tra il magistrato e il malcapitato
              ché poco o tanto resta bacchettato.

              La pari dignità tanto cantata
              da quest'umanità già traviata,
              misconosciuta in ogni umano gesto
              solo giustifica è d'enorme guasto
              al fine che al finir di vita terrena
              sminuita possa essere la pena
              al cospetto del Giudice Divino
              come se a giudicar fosse un padrino.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                Riconoscenza

                Negl'ingenui giochi fanciulleschi
                fummo inseparabili compagni. Erano
                I tempi in cui gl'atti furbeschi
                furon tanti e gli animi formavano.
                Puberi, insieme, ancora fummo
                a scorrazzare quando la sarmentosa liana,
                a mò di sigaretta, mandavamo in fumo
                stando sdraiati accanto alla fontana

                Giovinetti, ci trovammo ancor legati
                dai vincoli d'affetto primitivi
                che s'erano, nel tempo, rafforzati
                per i nostri giuochi semplici e furtivi.
                Ci perdemmo, però, nell'età verde
                che da necessità fu fatta avulsa
                e sballottati come legion che perde
                e dalla sua amata Terra viene espulsa.

                Poi, di nuovo, nella vita adulta,
                in loco di lavoro e di consulta,
                ci ritrovammo come ai vecchi
                tempi, d'esperienza e conoscenza ricchi:
                così crescemmo assieme per vent'anni,
                colleghi di lavoro e non di giuochi
                e, l'uno dell'altrui vide gl'affanni
                che furono tanti, quanto poco i giochi.

                Or che l'adulto cede al vecchio il posto,
                un po' ammosciato come morent'arbusto,
                non più la grinta del destriero di corsa
                in ansia, stretto dagl'anni, in dura morsa,
                col nero trasformato in bianca chioma
                dal lavoro ti togli, ahimè! La dolce soma.

                Pria che ti diparti dal tenuto per tempo
                Degno posto, dire ti voglio qual'importanza
                per noi tutti avesti. Fosti di vecchio stampo:
                Laborioso, intemerato e con pazienza
                sopportasti del lavoro i turbamenti,
                senza darti né a pene né a lamenti.

                Costanza avesti di formica infaticabile
                ch'onde stipare il formicaio schianta se stessa
                E, dopo aver del grano pulito ogni cortile
                Soltanto allora, la faticosa spola cessa.
                All'operosa ape, che la real sua casa
                d'abbondante polline e miele tiene pervasa,
                in tutto, somiglianza nel lavoro avesti
                che con la dolcezza del far lo raddolcisti.

                Per le doti che ho appena qui cantato,
                scarsa è di nobile metallo ogni medaglia
                perciò, altra d'altro metallo t'ho forgiato
                onde nessuna mai a essa sia d'uguaglio:
                RICONOSCENZA è quel che in cuore io veggo:
                per te, migliore altro metallo non posseggo.
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