Poesie personali


Scritta da: Andral
in Poesie (Poesie personali)
A te che vorresti vedermi come amica
A te che mi lasci andare senza riuscire a trattenermi
A te che neghi ogni sentimento
A te che hai chiuso la porta del mio cuore con un tonfo
A te che hai scelto la strada della ragione
A te che prima spingevi per l'irrazionalità
A te che mi hai cambiata
A te che prima mi hai voluta diretta
A te che mi sei apparso sensibile e ora rinneghi i ricordi
A te che avevi tante sigle e ora neppure una parola
A te che dicevi di amarmi
A te che mi baci incendiandomi
A te che volevi andare oltre, oltre e ancora oltre, ma che eri il primo a ritirarti
A te che ti sei fermato
A te compagno di viaggio che è sceso alla stazione
Ti dico... scusa ma ti chiamo amore
E poco importa se le nostre strade si sono allontanate
E poco importa se c'è stato un bacio e poi un altro e poi un altro ancora d'addio
E poco importa di chi ci sta attorno
delle convenzioni, dei luoghi comuni e dei ben pensanti, dei moralisti
non m'interessa se tu mi chiami amica
io continuo a chiamarti amore.
Composta giovedì 18 novembre 2010
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    Scritta da: Nello Maruca
    in Poesie (Poesie personali)

    Lo zufolo

    Un suono che lontano m'è nel tempo
    odo vibrare, un dì, in lontananza,
    mi balza alla memoria come lampo
    la melodia, da bimbo, a conoscenza.

    Lento m'avvio e silenzioso alquanto
    lungo un sentiero ciottoloso e stretto
    donde perviene l'idilliaco canto
    del dolce, conosciuto zufoletto.

    Un pastorello appena quindicenne
    a ridosso sdraiato d'un folto cespuglio,
    all'ombra di frondosa quercia perenne
    meglio l'intona di pecoraio veglio.

    Per ogni suonoche mi dona il vento
    energico a volte, altre debolmente
    nella mente dei bei ricordi sento
    che mi riportano indietro, dolcemente.

    Mi sovvengono i momenti del pregresso
    tempo; giorni contenti, d'abbandono,
    scorcio che non so il poco né l'eccesso
    ma tutto è solo un pregevole dono.

    Rivedo l'innocente fanciullezza
    quando a piedi scalzi, sanguinanti
    s'insegue una rozza palla di pezza
    e dell'ingenuo gioco, s'è contenti.

    M'appare, poi, l'acceso focolare,
    la nonna con in grembo la conocchia
    che con garbo la lana sta a filare
    e che l'avvoltola al fuso con maestria.

    Suona, zufolo dolce! non cessare;
    fammi scaldare avanti quel camino,
    nel vetusto casolare fammi restare,
    non fare ch'io riprenda il mio cammino.

    Spandi le note ancor per la campagna,
    famm'addormire al suono del tuo canto,
    fa che la tua melodia mi sia compagna
    e che al risveglio trovoti al mio fianco.
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)
      È già notte, un rintocco: è passata
      mezzanotte, mi stiracchio e sbadiglio
      m'alzo lesto pian pianino per non dar
      risveglio al nido; gongolante odo
      un coro nell'accosto alla finestra
      che dal basso del fossato sale in volo
      e si espande lentamente per le vie
      del ciel turchino. Sono grilli, son cicale,
      raganelle o grigi ghiri? Ci sono gufi
      e pipistrelli o son solo le raganelle?
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        Scritta da: Nello Maruca
        in Poesie (Poesie personali)

        L'ingannevole

        Al nefasto giudicio che destommi tema
        desolato mi dipartii e senza speme.
        Fu il dispero, tutto mi fu nero
        spiraglio alcuno non vedea, invero.
        Conobbi l'impotente debolezza,
        nullo e nessuno davami certezza.
        Nel Tempio mi trovai degl'Alemanni
        come deporre i tanti, molti affanni.
        Andò per tempo, non ricordo quanto,

        dalla Croce, la vista, all'Azzurro Manto.
        D'automa movenza fu all'accender cero,
        col cuore lo feci palpitante e nero.
        Quella fiammella tremula, pencolante
        poscia per l'alma mia fu illuminante.
        Parea un varco mi si fosse aperto
        in mezzo quel che grande era sconcerto.

        E, poi, di nuovo cupa desolazione
        e immensa ancora fu disperazione.
        Col cuore infranto, stanco, sconfortato
        in casa mi trovai, da trasportato.
        Mentre mi riportavo al luogo mesto **
        fu il pensiero mio determinato e desto
        a ripassar in quel ch'è Sacro Luogo
        onde scrollarmi del pesante giogo.

        Lì, rimasi infreddolito e stanco
        con quella spina che pungeami il fianco;
        Lo guardo riandò su l'Effige Santa
        e poi portossi alla Donna Santa,
        e mentre la guardavo la pregavo
        e nella prece tutto mi donavo
        e mi pareva d'essere ascoltato
        e mi pareva d'essere consolato.

        E più guardavo quell'Effige Santa:
        Abbi fiducia, abbine sì tanta
        e più parea che cenno mi facesse
        quasi che dir qualcosa mi volesse.
        L'Effige ch'è in Croce mi rispose,
        sulla testa Maria la Mano santa pose
        e quel ch'accadde, poi, non parmi vero:
        Schiarito fu, quel ch'era tutto nero.

        Ed il sorriso ritornommi in viso,
        lievi sentii le spalle, senza peso;
        leggero dentro, senz'alcun tormento
        un guardo, un grazie volsi al Firmamento.
        Schiacciato fu il diagnosticato prima
        poiché riposto avea tutta mia stima
        al Creator di tutto, al Redentore
        che sa donare gioia ad ogni cuore.

        Quanto l'Onnipotente è umile e verace
        tanto sei, uomo, tronfio e fallace.
        Composta lunedì 30 novembre 1998
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          Il contadino

          Lenta la nebbia s'alza dal mare alla montagna
          coprendo il cielo azzurro di luttuoso manto
          mentre la massaia accanto al focolare
          a rimestare intenta è il desinare.
          Di presso, del cane l'abbaiar rabbioso s'ode
          e di tanto un raglio sgradevole l'accompagna
          col muggito del ruminante bue cui il belar
          della lanosa pecora fa eco col grugnire
          d'un maiale che del rumoreggiare pare stufo.
          Il rude contadino sul ceppo assiso
          pensoso è del domani; di quello che sarà:
          Pioggia, vento o neve o il sol risplenderà?
          Così, assorto, in ansia mesto sta.
          La pipa tra le labbra; il fumo in alto va
          e stanco, un sonnellino seduto resta e fa.
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            Scritta da: Nello Maruca
            in Poesie (Poesie personali)

            Ninna nanna

            Galoppando il bianco giglio
            viene portandomi mio figlio.
            Mamma è qui, aspetta te,
            mamma è qui, tutta per te.
            Sogno sempre il tuo visino,
            vedo te, o, mio bambino.
            Qui, accanto al focolare
            mamma resta, sta a sognare.
            Resto e sogno il mio bel Re,
            resto qui, aspetto te.
            Nel mio sogno c'è la culla
            che ti dondola e trastulla.
            Nella culla fai la nanna
            amor grande della mamma.
            M'hai rapito già il cuore
            o mio grande, dolce amore.
            Fai la ninna, fai la nanna
            dolce bimbo della mamma
            ch'io ti veglio, ti sorveglio
            fino a quando resti sveglio.
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              Scritta da: Nello Maruca
              in Poesie (Poesie personali)

              Saggio Corona di sonetti LXXIX

              In materia che segue: Geografia
              la dissertazione non muta faccia,
              simile a precedente d'acqua par goccia,
              le altre discipline son radiografia.

              L'isegnamento è rigido, in cortesia
              e a voce calma, ferma ed a braccia
              conserte i docenti seguono la traccia
              chiedendo connotazione a discrasia. (1) mescolanza

              Durante i minuti di ricreazione
              i commenti tra noi volano in cielo,
              ch'ognuno pone sua supposizione.

              Se la mente frugasse il nostro intimo
              squarcerebbe da li nostri occhi il velo
              ricordo dir del Preside per primo;

              ché quel primiero giorno ben lo disse
              di non tenere velo ch'offuscasse.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                Saggio Corona di sonetti LXXVI

                Oggi l'ora ch'è dedita al latino
                l'omaggeremo a Lucrezio e Catullo,
                dell'uno la poesia e del mondo il crollo
                dell'altro Opere, i Carmi e lor declino.

                Districare non si può in un mattino;
                tali sono menti d'alto livello
                perciò gravoso è loro fardello
                e recepire si può pian pianino.

                Nessuno sogni essere impreparato,
                quel che fin qui ho detto va risaputo
                e nel contesto essere migliorato.

                La strada intrapresa è in agguato,
                quindi sia l'oggetto ampio e compiuto
                e senz'uscire, mai, dal seminato.
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                  in Poesie (Poesie personali)

                  La strada della felicità

                  Imparerai a stare in piedi per camminare
                  imparerai ad ascoltare per parlare
                  imparerai a leggere per conoscere e
                  intanto, crescerai ed imparerai
                  imparerai ad essere forte per affrontare la vita
                  imparerai a perdere per poter vincere
                  imparerai ad amare
                  imparerai alla fine ad apprezzare le cose più semplici,
                  le cose che prima non avevi nemmeno osservato,
                  perché essere semplici è l'unica strada da percorre
                  se vorrai imparare ad essere "felice".
                  Composta mercoledì 15 settembre 2010
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                    Scritta da: Nello Maruca
                    in Poesie (Poesie personali)

                    La capinera

                    Nell'incavato fusto di ciliegio
                    Di capinera è custodito letto
                    Ch'esperta costruito ha in mod'egregio
                    In loco ritenuto sicuro tetto.
                    Tenerissime fibre l'hann'intrecciato
                    Con diligente architettura innata
                    Da testa nera, con fare ricercato
                    Per schiudere le uova dell'annata.

                    Poscia, nel caldo, morbido lettuccio
                    Depositò tre uova corpo grigio
                    Sicura che mai avesse avuto cruccio
                    Né che suo cuor divenisse bigio.
                    Ma l'arbusto che non dava frutto
                    Era d'impaccio all'animal'eretto
                    Che non sopporta non avere tutto
                    e nel demolire il legno scassa il tetto

                    di quella capinera dolce e buona
                    che sotto già teneva tre nudetti
                    da poco della schiusa dei tre uova
                    di pelle ancora scura, i piccoletti.
                    Implumi ancora, sol boccucci'aperta
                    per quell'impulso di sopravvivenza
                    la testolina, ora, all'ari'aperta
                    cercando vanno di mamma la presenza

                    che svolazzando nei d'intorni e presso
                    cinguettando, desolata, va piangendo
                    e s'avvicina e s'allontana spesso
                    e spaurita va dall'uman fuggendo.
                    Da mane dura l'andirivien'ardito
                    e par che preghi: Va! O uomo crudo
                    non vedi il nido mio com'è avvilito?
                    Perché in petto tieni cuore sì duro?

                    È sera, ormai, e l'uomo via sen va
                    Indi la capinera è sul morente nido,
                    un piccoletto afferra e vola e va
                    penzoloni altro trasporta al posto fido
                    torna, festante in becco stretto
                    l'ultimo ai fratellini affianca
                    sotto provvido e fortunoso tetto
                    e accanto giace, finalmente, stanca.

                    Quant'amore traspare in sì tal'atto!
                    Quant'affetto racchiude piccol volatile,
                    quant'altruismo quel corpicino ha in petto,
                    quanta bontà, quanta dolcezza e stile.
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