Poesie personali


Scritta da: Oceanblu66
in Poesie (Poesie personali)

Che Bianco

Ristoro i miei sensi
con una buona dose di Bianco.
Sorseggio,
assaporo...
è un buon Bianco d'annata
dal colore intenso
profumo pronunciato.
Ampio... sentori di frutta matura
un po' me ne intendo
Sorseggio... ehm... lo sento asciutto
morbido... delicatamente fruttuoso
direi ben equilibrato.
Che Bianco!
Mi prende... mi sorprende
non ho idea da quale vigneto arrivi
mi inebria
ed intanto... sorseggio.
Composta lunedì 16 giugno 2014
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    Scritta da: Giuliana Z.
    in Poesie (Poesie personali)

    In questa silenziosa notte

    In questa fredda e silenziosa notte
    è un cuore ferito che si confida
    confuso e triste mi racconta di te
    che con indifferenza hai permesso
    alla tua essenza di lasciarsi sfogliare
    in un album di fotografie.

    In questa invernale e triste notte
    raccontano di noi vecchie immagini
    annebbiate da gocce di pianto
    create da quel tuo stupido orgoglio,
    e da me, che sono stata sorda e cieca
    al tuo lento cambiamento.

    In questa distaccata e taciturna notte
    imprigionati fra sorrisi e lacrime
    riaffiorano frammenti di ricordi,
    segni lasciati dal tuo passaggio
    che con costanza hanno plasmato
    la donna che ora sono diventata.

    In questa misteriosa e gelida notte
    aggomitolata in una calda coperta
    mi lascio avvolgere dal suo calore
    quasi fosse il tuo caldo abbraccio
    con il cuore custode di foto sbiadite
    a mantenere viva la tua distante presenza.
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      Scritta da: Rosita Matera
      in Poesie (Poesie personali)

      Un prato di margherite

      Anna, nei tuoi occhi
      ho visto finestre
      da cui uscivano i sogni di una piccola donna
      che prepara il caffè mentre canta la radio,
      che scrive parole mentre pensa all'amore,
      che sorride alle amiche col nuovo cappello,
      che passeggia intonando un allegro canto.
      ... sogni di sole, di vento, di strade
      di piccole cose
      odorose di vita.

      Sul tuo volto
      danzava un prato di margherite,
      calde di gioia da dire e da dare.
      Ma in quegli occhi profondi, di cielo sereno,
      d'un tratto
      le margherite son state strappate
      ... gettate nel vento
      in un grido infinito
      un urlo che sento
      che s'è fatto silenzio.
      Ma quel silenzio, Anna
      è rotto per sempre
      dalla bellezza delle tue parole,
      semi di vita
      strappati e gettati
      a cui la terra ha fatto giustizia,
      perché accarezzandoli li ha fatti fiorire
      in un prato infinito di margherite
      che ora nessuno potrà più strappare
      perché ora sono libere di cantare
      un canto nuovo, un canto di Vita
      che vola più in alto dei fili spinati
      e della follia dei fucili puntati.
      Composta martedì 27 gennaio 2015
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        Scritta da: Simone Sabbatini
        in Poesie (Poesie personali)

        Equilibrio

        Sarà che la memoria in un soldato
        non è certo la virtù più trasparente;
        ma dell'addestramento e del passato
        a questo punto io mi ricordo poco o niente.
        I miei compagni, i miei fratelli, noi prescelti
        gli stessi gesti, i passi e il solito destino
        d'una missione da giocare ad occhi svelti
        tra i sogni, i giochi, le dita di un bambino.

        Il nostro piccolo cielo s'aprì d'impazienza
        e fu subito giorno, i colori, la stanza
        odor di battaglia, candida violenza
        capire i comandi, il nemico che avanza
        Marciamo! – Svanì tutto quanto, mi accorsi
        d'avere, io solo, una gamba soltanto.
        Sparire: nient'altro soccorso che scorsi
        trascinando la fuga, feroce, nel pianto.

        Per un attimo inciampò anche la ragione
        e credetti d'esser preda della febbre;
        ed invece quella splendida visione
        non era il frutto delle mie meningi ebbre.
        La ballerina stava con le braccia in alto,
        il sorriso di carta, fuori dal castello;
        la vera guerra cominciò con quell'assalto:
        ed ero pronto ad affrontar ogni duello.
        Tutta la notte restai fermo a contemplarla
        mentre d'intorno chi dormiva e chi viveva;
        neppure lei si mosse mai, e a ben guardarla
        su un piede solo come me si sosteneva.
        Nobile stirpe, lustrini sul vestito
        nullatenenza, rozzo cameratismo:
        due mondi a parte, rifiuto garantito.
        E poi la timidezza, il solo virtuosismo.

        Una voce all'improvviso, a notte fonda.
        Un troll brutto e peloso, diceva rauco:
        stai attento all'indomani! E l'altra sponda
        del tavolo raggiunse, il volto glauco
        e poi sparì. Lo so cosa pensate:
        la notte insonne, l'emozione, la stanchezza...
        solo per questo ho visto mostri e fate.
        Ma lei era lì, in leggiadria e bellezza.

        Si fece giorno, s'aprì quella finestra
        fui messo al sole per caso, gioco o sbaglio
        fu il vento o cosa? Finii sulla ginestra
        sotto il balcone. E non fu certo un abbaglio.
        Non sapevo ancora quel che mi attendeva,
        nemmeno m'importava: avevo ormai perduto
        la mia dolce ballerina. Già pioveva
        sul bagnato del mio triste pianto muto.
        Di lì a poco mi trovaron due bambini:
        sognavo un castello, finii dentro un fosso
        su una barca di carta, e tra ratti assassini
        nelle fogne sconquassato a più non posso.
        Mentre l'acqua minacciava il mio respiro
        già la barca sprofondava e si rompeva;
        credendo prossimo l'ultimo sospiro
        pensai alla bella mia, a cosa faceva.
        Per un attimo mi apparve la figura
        del troll che la rapiva e poi sposava,
        costringendola a una vita da paura
        sicuramente trattandola da schiava.
        Sentii una forza grande, un fuoco ardente
        che non m'ero proprio accorto dell'uscita
        dalla fogna alla campagna più ridente:
        ma volevo ritornare alla mia vita
        alla casa, alla ragazza del castello,
        pure al troll, per rovinargli il bel trionfo
        dimostrando come un poco di cervello
        ti riscatti da qualunque brutto tonfo.
        Come fare? Ero disperso non so dove,
        la mia nave era disfatta e andavo a fondo
        proprio in cima a una cascata. Non si smuove
        chi ricerca la sua forza nel profondo.
        Fu un bel volo, ma ero intero e mentre ancora
        inventavo soluzioni e non ne avevo,
        fui scambiato per un verme che ristora
        da un enorme pesce gatto. Non sapevo
        – come prima – cosa fare. Ma il coraggio,
        il sangue freddo: ecco dove ho più valore!
        La fortuna ha fatto il resto. Ero ostaggio
        e dal ventre della bestia un pescatore
        mi salvò, quasi come nel bosco famoso
        la ragazza incappucciata con l'anziana.
        Ma non venni fuori subito: a riposo
        restai su un banco, un ventre morto come tana.

        Ci comprò una cameriera, e fui contento
        di trovarmi nella villa di partenza:
        strana avventura, fine di un tormento.
        Tornai ai miei compagni, e con pazienza
        avrei potuto conquistare anche il suo cuore.

        L'errore è stato questo? Sentirsi salvo?
        Non so dirlo. Nel giardino dell'amore
        non importa essere storpio, o calvo,
        né capire che la ballerina zoppa
        ha invece un piede in alto e sta danzando.
        Avrei ballato anch'io, e dalla coppa
        dei suoi seni attinto al miele. Un suo comando
        sarebbe diventato ogni capriccio,
        e nessun troll, nessun rivale tra di noi.
        Il suo sorriso a me, nessun bisticcio
        della mente, vero amore. E dico a voi
        che già ridete della mia vana illusione
        e non capite invece. Fa così caldo,
        sudo lacrime di piombo e d'emozione.
        Dentro il fuoco dell'amore non son saldo,
        già mi sciolgo. Tanto è forte questo ardore
        che mi sembra tutto intorno, queste braci
        questi scoppi, e quanto fumo... dal furore
        sono preso, mai la sazierò di baci:
        il bambino del soldato s'è scordato
        – m'ha gettato nella bocca del camino.
        Il mio sogno è un bel ricordo arroventato.

        Addio piccolo mondo, addio nemico mio
        hai vinto, con la tua forza malvagia.
        Addio mia innamorata, che triste, brutto addio
        ti guardo e tu mi vedi, la testa già si adagia...

        Più oltre non riesce, non può andare
        a dir della domestica che arriva,
        e chissà come vorrebbe raccontare
        la porta che s'apre, la folata aggressiva
        – lasciva? cattiva? Così poco privata –
        che priva al castello la stella sua più bella,
        spingendola via sorpresa e inaspettata
        al focolare. Una fiammata gemella
        dissolve all'unisono i due innamorati
        confusi per sempre in un cinereo abbraccio.
        In barba a tutti i troll di amori disperati
        l'amore nella morte ha unito con un laccio
        il militare e l'amata signorina.

        Ignaro di tutto qualcuno nel camino
        troverà per ripulire domattina
        un cuore di piombo e un piccolo lustrino.
        Composta lunedì 26 aprile 2010
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          Scritta da: Giuliana Z.
          in Poesie (Poesie personali)

          È un battito del cuore

          Non sprecare il tuo tempo
          non lasciare che l'esitazione
          lo faccia scivolare via,
          il tempo è limitato
          sfugge alla vita
          invisibile agli occhi
          non ha colori
          ma lo ritrovi riflesso
          nelle sfumature della vita
          in un batter di ciglia
          o nei piccoli gesti
          e nei sentimenti profondi
          di chi ama.
          Prendilo
          è solo tuo
          prendilo
          ti appartiene
          prendilo
          è un battito del cuore
          non lasciarlo morire
          altrimenti sarà lui a far morire te.
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