Piove fin dal mattino. Ci sarà il funerale di quella che abitava di fronte. Una cucitrice. Sognava un anello nuziale ed è morta con un ditale sul dito. Tutti ne ridono. La pioggia comprensiva rammenda il cielo con la terra. Ma non ne verrà fuori niente lo stesso.
Una ragazza bionda si è chinata su una poesia. Con una matita affilata come un bisturi trasferisce le parole su un foglio bianco e le trasforma in trattini, accenti, cesure. Il lamento del poeta caduto in combattimento ha ora l'aspetto di una salamandra smangiucchiata dalle formiche. Quando lo trasportavamo sotto il fuoco, credevo che il suo corpo ancora caldo sarebbe risorto nella parola. Ora, vedendo la morte delle parole, so che non c'è limite alla decomposizione. Di noi resteranno lettere sparse nella terra nera. Accenti sul nulla e sulla polvere.
Vado al mare per udire quella voce fra un colpo e l'altro dell'onda
ma la voce non c'è c'è solo la senile garrulità dell'acqua il nulla salato l'ala d'un bianco uccello rinsecchita sulla pietra
vado nel bosco dove dura ininterrotto il fruscio d'una enorme clessidra che trasmuta foglie in terra nera terra nera in foglie potenti mandibole d'insetti divorano il silenzio della terra
vado nei campi lastre verdi e gialle fissate con spilli d'esistenze d'insetti risuonano a ogni tocco di vento
dov'è quella voce dovrebbe farsi udire quando per un attimo tacerà l'instancabile monologo della terra
niente solo sussurri schiocchi scoppi
torno a casa e l'esperienza assume forma di alternativa o il mondo è muto o io sono sordo
forse però siamo entrambi segnati da una infermità
dobbiamo perciò prenderci sottobraccio andare avanti verso nuovi orizzonti verso gole contratte da cui fuoriesce un incomprensibile borbottio.
Elastica figura di certezza muove il muto linguaggio dei tuoi gesti di donna, come fremiti celesti in passi alati, sulla terra grezza.
Il tuo segreto eroico è luce avvezza a un sacrificio, in cui tu, dea, pur resti forma di fluida musica, fra questi nostri orgasmi d'ucciderti in ebbrezza.
Sei nata grazia dolce, semichiusa in vaste curve d'oro in movimento, per poterne affiorare: angelo, musa.
E in ogni cenno irraggi il tuo mistero d'esserti qui votata al salvamento di colui che vuol teco ergersi intorno.
Solo un momento! Mare, poter essere ogni istante diverso, come te, coronato di cieli nel suo oblio; forte - senza cadute! - mare calmo - di cuore freddo e di anima eterna -, mare, ostinata effigie del presente!
Le curve della tua statura bianca, negli andamenti snelli delle gambe, son procinto di voli; e d'anca in anca il passo non si spicca via, ma lambe l'erba con fluidi rivoli di sole, su cui scivoli, staccandoti ora a dritta ed ora a manca dal suolo che ti stanca. Un ritmo di movenze ardue, stellari, benché frammisto a trascinii di rettile, s'imprime entro i tuoi lombi involontari, in voci chiuse; e tu, angelo, emettile nei tuoi passi felici in cui tacendo dici che il cielo, anche se in cicli millenari, muove teco, alla pari.
Maledizione! E ora di nuovo dobbiamo riflettere Se questo cielo fuori sia reale? Allora chi è a far girare in eterno quest'uovo blu Vicino a noi finché i più si infuriano E io dalla paura non riesco più a essermi d'aiuto E alcune stendono le loro ossa Quasi per beffa sopra le linde piastrelle E sorridono piano, come dalla brama sedotte-; E dolce è l'ira – si deve solo gustarla. Come qualcosa di rubato, nell'oscurità.