Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Perdona le chiese, i preti
prima fra tutti:
dei filosofi non cancellare il nome
dalla tua anagrafe.
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Perdona le chiese, i preti
prima fra tutti:
dei filosofi non cancellare il nome
dalla tua anagrafe.
Solo con te dice la donna mia
solo con te io farei l'amore, direi
di no anche a Giove.
Dice così ma quel che donna dice a un amante pazzo di lei
nel vento è scritto sull'acqua è scritto.
Ho sempre avuto l'impressione
che fossimo vicini, come due frutti
usciti dallo stesso ramo.
Il giorno si leva mentre ti scrivo,
il tuono brontola dolcemente,
la giornata sarà piovosa.
Ti immagino mentre ti raddrizzi
sul tuo letto.
Questa angoscia che senti, io la sento
allo stesso modo.
La notte ci abbandona
la luce delimita
di nuovo le persone
Le persone piccolissime.
Steso sulla moquette osservo
con rassegnazione l'alzarsi della luce.
Vedo dei capelli sulla moquette,
questi capelli non sono tuoi.
Un insetto solitario scala i fili di lana.
La mia testa ricade,
si solleva, ho voglia di chiudere
veramente gli occhi.
Non dormo da tre giorni, non lavoro
da tre mesi, penso a te.
Tutte le lettere d'amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridicole.
Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
Morte necessaria come la vita,
morte come interstizio
tra le vocali e le consonanti del Verbo,
morte, impulso a sempre nuove forme.
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
Mano, và a cercare
l'altra via.
Cedi, lascia
una a una
le cose che hai preso;
tenta la via
dove non resta nulla
nella mano.
Mano, và a cercare
l'altra via.
Dopo che hai perso
tutto ciò che hai lasciato,
oh, il vuoto!
Le mani vuote
si congiungano
in un gesto severo.
Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte: ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era cosí schietta)
conservino l'eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime che non siano labili,
anche se orecchiabili.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.
E daj cont sto chez-nous: ma sanguanon!
Subet ch'el gh'ha sta gran cuccagna in Franza,
ghe va tant a andà foeura di cojon
e a tornà a cà a godella sta bordanza?
In quant a nun, s'el ne usa st'attenzion
in contrassegn de grata redondanza
el scassem subet giò del tabellon
di balloss e di porch senza creanza.
Anzi, ch'el varda, vuj ch'el preghem fina
de no fà olter quand el riva a cà
che parlà maa de nun sira e mattina.
Inscí almanch podaravem lusingass
che paricc finalment, dandegh a trà,
barattassen el sit d'andà a seccass.
Vorrei vivere 1000 anni
per ricominciare,
Per vedere i posti che non ho visto
per l'avverarsi dei sogni
che ho sognato.
Per vedere la vita,
vederla come sarà.
Per arrivare più in là.
Vorrei vivere 1000 anni
con lucidità,
con gli occhi di oggi
lo spirito che ho.
Per vedere i miei nipoti
e altre intere generazioni
Conoscere la storia
che scriveranno i miei figli
e tutti quelli seguiranno.
Vorrei esserci ancora.
Per pura curiosità.