Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Hai chiuso gli occhi

Nasce una notte
piena di finte buche,
di suoni morti
come di sugheri
di reti calate nell'acqua.

Le tue mani si fanno come un soffio
d'inviolabili lontananze,
inafferrabili come le idee.

E l'equivoco della luna
e il dondolio, dolcissimi,
se vuoi posarmele sugli occhi,
toccano l'anima.

Sei la donna che passa
come una foglia.

E lasci agli alberi un fuoco d'autunno.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    A Silvia

    Silvia, rimembri ancora
    quel tempo della tua vita mortale,
    quando beltà splendea
    negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    e tu, lieta e pensosa, il limitare
    di gioventù salivi?

    Sonavan le quiete
    stanze, e le vie dintorno,
    al tuo perpetuo canto,
    allor che all'opre femminili intenta
    sedevi, assai contenta
    di quel vago avvenir che in mente avevi.
    Era il maggio odoroso: e tu solevi
    così menare il giorno.

    Io gli studi leggiadri
    talor lasciando e le sudate carte,
    ove il tempo mio primo
    e di me si spendea la miglior parte,
    d'in su i veroni del paterno ostello
    porgea gli orecchi al suon della tua voce,
    ed alla man veloce
    che percorrea la faticosa tela.
    Mirava il ciel sereno,
    le vie dorate e gli orti,
    e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
    Lingua mortal non dice
    quel ch'io sentiva in seno.

    Che pensieri soavi,
    che speranze, che cori, o Silvia mia!
    Quale allor ci apparia
    la vita umana e il fato!
    Quando sovviemmi di cotanta speme,
    un affetto mi preme
    acerbo e sconsolato,
    e tornami a doler di mia sventura.
    O natura, o natura,
    perché non rendi poi
    quel che prometti allor? Perché di tanto
    inganni i figli tuoi?

    Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
    da chiuso morbo combattuta e vinta,
    perivi, o tenerella. E non vedevi
    il fior degli anni tuoi;
    non ti molceva il core
    la dolce lode or delle negre chiome,
    or degli sguardi innamorati e schivi;
    né teco le compagne ai dì festivi
    ragionavan d'amore.

    Anche peria tra poco
    la speranza mia dolce: agli anni miei
    anche negaro i fati
    la giovanezza. Ahi come,
    come passata sei,
    cara compagna dell'età mia nova,
    mia lacrimata speme!
    Questo è quel mondo? Questi
    i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
    onde cotanto ragionammo insieme?
    Questa la sorte dell'umane genti?
    All'apparir del vero
    tu, misera, cadesti: e con la mano
    la fredda morte ed una tomba ignuda
    mostravi di lontano.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Tanto gentil e tanto onesta pare

      Tanto gentil e tanto onesta pare
      la donna mia quand'ella altrui saluta,
      ch'ogne lingua deven tremando muta,
      e li occhi no l'ardiscon di guardare.

      Ella si va, sentendosi laudare,
      benignamente d'umiltà vestuta;
      e par che sia una cosa venuta
      da cielo in terra a miracol mostrare.

      Mostrasi sì piacente a chi la mira,
      che dà per li occhi una dolcezza al core,
      che 'ntender non la può chi no la prova;

      e par che de la sua labbia si mova
      uno spirito soave pien d'amore,
      che va dicendo a l'anima: Sospira.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Non è il tuo amore che domando

        Non è il tuo amore che domando.
        Si trova adesso in un luogo conveniente.
        Stanne pur certo, lettere gelose
        non scriverò alla tua fidanzata.
        Però accetta dei saggi consigli:
        dalle da leggere i mie versi,
        dalle da custodire i miei ritratti,
        sono così cortesi i fidanzati!
        E conta più per queste scioccherelle
        assaporare a fondo una vittoria
        che luminose parole di amicizia,
        e il ricordo dei primi, dolci giorni...
        Ma allorché con la diletta amica
        avrai vissuto spiccioli di gioia
        e all'anima già sazia d'improvviso
        tutto parrà un peso,
        non accostarti alla mia notte trionfale.
        Non ti conosco.
        E in cosa potrei esserti d'aiuto?
        Dalla felicità io non guarisco.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Le sedie dormono in piedi

          Le sedie dormono in piedi
          anche il tavolo
          il tappeto sdraiato sul dorso
          ha chiuso gli arabeschi
          lo specchio dorme
          gli occhi delle finestre sono chiusi
          il balcone dorme
          con le gambe penzolanti nel vuoto
          i camini sul tetto dirimpetto dormono
          sui marciapiedi dormono le acacie
          la nuvola dorme
          stringendosi al petto una stella
          in casa fuori di casa dorme la luce

          ma tu ti sei svegliata
          mia rosa
          le sedie si sono svegliate
          si precipitano da un angolo all'altro anche il tavolo
          il tappeto si è messo a sedere
          gli arabeschi hanno aperto i petali
          lo specchio si è risvegliato come un lago all'aurora
          le finestre hanno spalancato
          immensi occhi azzurri
          il balcone si è risvegliato
          ha tirato su dal vuoto le gambe
          i camini dirimpetto si son messi a fumare
          le acacie han cominciato a chiacchierare
          sui marciapiedi
          la nuvola si è svegliata
          ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
          in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
          si è versata sui tuoi capelli
          è colata tra le tue palme
          ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
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