Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Le sedie dormono in piedi

Le sedie dormono in piedi
anche il tavolo
il tappeto sdraiato sul dorso
ha chiuso gli arabeschi
lo specchio dorme
gli occhi delle finestre sono chiusi
il balcone dorme
con le gambe penzolanti nel vuoto
i camini sul tetto dirimpetto dormono
sui marciapiedi dormono le acacie
la nuvola dorme
stringendosi al petto una stella
in casa fuori di casa dorme la luce

ma tu ti sei svegliata
mia rosa
le sedie si sono svegliate
si precipitano da un angolo all'altro anche il tavolo
il tappeto si è messo a sedere
gli arabeschi hanno aperto i petali
lo specchio si è risvegliato come un lago all'aurora
le finestre hanno spalancato
immensi occhi azzurri
il balcone si è risvegliato
ha tirato su dal vuoto le gambe
i camini dirimpetto si son messi a fumare
le acacie han cominciato a chiacchierare
sui marciapiedi
la nuvola si è svegliata
ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
si è versata sui tuoi capelli
è colata tra le tue palme
ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il Bosco

    O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
    che sai di funghi e spiri la malìa,
    cui tutto io già scampanellare udìa
    di cicale invisibili e d'uccelli:
    in te vivono i fauni ridarelli
    ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
    vive la ninfa, e i passi lenti spia,
    bionda tra le interrotte ombre i capelli.
    Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
    or sì or no, che se il desìo le vinca,
    l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
    Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
    viva sempre nè fior della pervinca
    e nelle grandi ciocche dell'acacia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      In limine

      Godi se il vento ch'entra nel pomario
      vi rimena l'ondata della vita:
      qui dove affonda un morto
      viluppo di memorie,
      orto non era, ma reliquario.

      Il frullo che tu senti non è un volo,
      ma il commuoversi dell'eterno grembo;
      vedi che si trasforma questo lembo
      di terra solitario in un crogiuolo.

      Un rovello è di qua dall'erto muro.
      Se procedi t'imbatti
      tu forse nel fantasma che ti salva:
      si compongono qui le storie, gli atti
      scancellati pel giuoco del futuro.

      Cerca una maglia rotta nella rete
      che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
      Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
      mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        In un momento

        In un momento
        Sono sfiorite le rose
        I petali caduti
        Perché io non potevo dimenticare le rose
        Le cercavamo insieme
        Abbiamo trovato delle rose
        Erano le sue rose erano le mie rose
        Questo viaggio chiamavamo amore
        Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
        Che brillavano un momento al sole del mattino
        Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
        Le rose che non erano le nostre rose
        Le mie rose le sue rose
        P. S. E così dimenticammo le rose.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Rubai

          È l'alba. S'illumina il mondo
          come l'acqua che lascia cadere sul fondo
          le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
          tu, mio amore, nel chiarore infinito
          di fronte a me.

          Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
          come vetro. Addentare la polpa candida e sana
          d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
          all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

          Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
          se le nostre anime non si vedessero da lontano
          non saremmo così vicini, chi sa,
          se la sorte non ci avesse divisi.

          È così, mio usignolo, tra te e me
          c'è solo una differenza di grado:
          tu hai le ali e non puoi volare
          io ho le mani e non posso pensare.

          Finito, dirà un giorno madre Natura
          finito di ridere e di piangere
          e sarà ancora la vita immensa
          che non vede non parla non pensa.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Romanza

            Romanza, che ami annuire e cantare
            col capo assonnato e le ali ripiegate,
            tra verdi fronde, quali agita
            nel suo fondo un ombroso lago,
            fu per me un variopinto pappagallo
            - oh, a me familiare uccello -
            che m'apprese a dir l'alfabeto
            e a balbettare le prime parole,
            quando nel bosco selvaggio io giacevo,
            fanciullo - dall'occhio sagace.

            Ma da un pezzo, del Condor gli eterni anni
            così scuotono il cielo stesso là in alto,
            con tumulto di tuoni mentre passano,
            che non ho io più tempo per oziose cure,
            mentre spio l'inquieto cielo.
            E quando un'ora con più lievi ali
            getta su di me le sue morbide piume,
            dissipar quel breve tempo con lira e rime
            (vietate cose! ) - delittuoso parrebbe al mio cuore:
            a meno che con le corde non vibri anch'esso.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Laws

              Then a lawyer said, "But what of our Laws, master? "
              And he answered:
              You delight in laying down laws,
              Yet you delight more in breaking them.
              Like children playing by the ocean who build sand-towers
              with constancy and then destroy them with
              laughter.
              But while you build your sand-towers the ocean brings
              more sand to the shore,
              And when you destroy them, the ocean laughs with
              you.
              Verily the ocean laughs always with the innocent.
              But what of those to whom life is not an ocean, and
              man-made laws are not sand-towers,
              But to whom life is a rock, and the law a chisel with
              which they would carve it in their own likeness?
              What of the cripple who hates dancers?
              What of the ox who loves his yoke and deems the elk
              and deer of the forest stray and vagrant things?
              What of the old serpent who cannot shed his skin, and
              calls all others naked and shameless?
              And of him who comes early to the wedding-feast, and
              when over-fed and tired goes his way saying that all
              feasts are violation and all feasters law-breakers?
              What shall I say of these save that they too stand in the
              sunlight, but with their backs to the sun?
              They see only their shadows, and their shadows are
              their laws.
              And what is the sun to them but a caster of shadows?
              And what is it to acknowledge the laws but to stoop
              down and trace their shadows upon the earth?
              But you who walk facing the sun, what images drawn
              on the earth can hold you?
              You who travel with the wind, what weathervane shall
              direct your course?
              What man's law shall bind you if you break your yoke
              but upon no man's prison door?
              What laws shall you fear if you dance but stumble
              against no man's iron chains?
              And who is he that shall bring you to judgment if you
              tear off your garment yet leave it in no man's path?
              People of Orphalese, you can muffle the drum, and you
              can loosen the strings of the lyre, but who shall
              command the skylark not to sing ?
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