Rami di luce sdrucciolavano sulle nostre teste immerse nell'azzurro. Coralli erano le sue guance, nel silenzio delle acque. Ancorato dentro di me dormiva attizzando i falò della selva occulta nel sangue. Una mano morbida cingeva la mia gola fino a soffocarmi. Nere lacrime scivolarono dai miei occhi: perle che colmarono il calice dell'amore.
Voi intrecciate il vostro sangue, stendendo le razze l'una incrociata nell'altra, vite su vite, volti riconoscibili agli occhi talvolta. Scendete lungo la camera buia delle tempeste-età, brucate la prateria del mare, attraversate il telo celeste ma io riempio il vostro passaggio di solitudine: dove andranno le ore dell'estate? Dove rispunterà il cielo di ieri? Poi scendete dall'albero della creazione, cigolate appena sul carrello, rientrate nella polvere fine. Sempre io vi tormento dalla mia zolla, dalla nube aerea, generazioni, ere incerte e febbrili. E non avete ancora camminato abbastanza.
Sfoglia i tuoi ricordi cuci per loro una coperta di stoffa. Scosta le tende e cambia l'aria. Sii per loro cordiale, leggero. Questi ricordi sono tuoi. Pensaci mentre nuoti nel mare dei Sargassi della memoria e l'erba marina crescendo ti cuce la bocca. Questi ricordi sono tuoi, non li dimenticherai fino alla fine.
Per tutta la notte i grilli gridarono: "Luna! Grande luna... "
Per tutta la notte i rami, braccia tese dalle quali salivano al cielo i sospiri sensuali e la brezza arresa ai decreti degli dèi misteriosi e sconosciuti e i mille respiri segreti nella vita occulta della terra e la lucciola nel suo cerchio luminoso e vagante e l'inquietudine sul soffitto di legno e Laila dietro il velo e le rane nello stagno tutti insieme, tutti insieme incessantemente fino al chiarore gridarono: "Luna! Grande luna... "
Per tutta la notte luna fiammeggiò sulle terrazze Era il cuore solitario della sua notte, dorata e nodo in gola stava scoppiando in lacrime.
Tra le mute radici che sostentano il bosco, arcangelo mio d'ombra, nell'insistente quiete sotterranea, apriamo rose d'amore, trasudiamo il vino dell'uva unica, dolce sole della genesi perenne, che le nostre labbra invitano a godere dal clamore dell'umida erba che ci protegge.
Il sole fa scivolare la mano attraverso il fogliame del giorno e lancia sull'ammattonato la moneta del nostro pezzo Assolo d'ombre e di voce affinché vi troviamo la forza di scambiare il presente per il futuro come un bambino con i suoi occhi e somigliamo abbastanza agli uccelli per credere all'albero fraterno che ci spartiamo.
Saluterò di nuovo il sole E quella corrente che in me fluiva e le nubi come i miei lunghi pensieri e la crescita dolorosa dei pioppi nel giardino che vivevano con me aride stagioni e gli stormi dei corvi che la notte mi portavano in dono il profumo dei campi notturni e mia madre, vissuta in uno specchio, immagine della mia vecchiaia e la terra che il desiderio di ripetermi riempiva il suo ventre caldo di verdi semi, saluterò di nuovo
Vengo, vengo con la continuità degli odori sotterranei nei capelli con le dense esperienze dell'oscurità negli occhi con i cespugli di bosco colti oltre il muro
Vengo, vengo e la soglia si riempie d'amore e io, sulla soglia saluterò di nuovo coloro che amano e la ragazza che ancora sta là, sulla soglia ricolma d'amore.
Io vedo i grandi alberi della sera che innalzano il cielo dei boulevards, le carrozze di Roma che alle tombe dell'Appia antica portano la luna.
Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.
Pure, lunga la vita fu alla sera di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo, alle luci sorgenti ai campanili ai nomi azzurri delle insegne, il cuore mai più risponderà?
Oh, tra i rami grondanti di case e cielo il cielo dei boulevards, cielo chiaro di rondini!
O sera umana di noi raccolti uomini stanchi uomini buoni, il nostro dolce parlare nel mondo senza paura.
Tornerà tornerà, d'un balzo il cuore desto avrà parole? Chiamerà le cose, le luci, i vivi?