Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Contrasto

Tornano le notti tiepide di aprile,
o amore, e nuovamente la luna
batte sul mio vaso di viole soavemente
e su le irte siepi fiorite
di rovo e biancospino.
Lievi si dischiudono intanto,
come rose tra spine, i nostri
sogni d'amore,
così come vedremo
fiorire la felicità
in una forse imminente primavera.

Si, nuovamente la luna
si riflette nei torbidi miei occhi,
si specchia nei pantani,
e inutilmente
vuoi strappare la gramigna dal mio cuore
con le tue piccole mani.
Ma se l'arido stelo dell'ortica
che nasce fra le crepe della pietra
tu vedi fiorire a primavera,
anche la serpe
si scioglie a lente spire dal letargo;
e il mio cuore si gonfia come un rospo,
perché l'innocenza è perduta
e il bene non è
che l'assenza del male.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Bestemmia

    come le scintille che dal legno
    che arde rapide sprizzano
    così le nostre vite per un attimo
    di odio e amore si accendono
    e svaniscono in un vortice di fumo

    così pure gli infiniti universi
    durano un tempo effimero
    che a noi pare interminabile
    e irresistibilmente
    sono attratti in un orrido imbuto

    oh tu, se esisti
    oltre lo spazio e il tempo
    e origini questo caos
    e contempli l'inutile dolore
    di ogni vita,
    la nascita e la morte,
    la pianta che germoglia e rinsecchisce,
    cessa, ti prego, il tuo gioco perverso
    e riducimi in polvere insensibile.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      L'ippocastano malato

      Da dove viene questa larva che s'insinua
      fra le tenere foglie dei castani
      amari e invisibile ne succhia
      la linfa e le lascia secche
      e attorcigliate, come in un precoce
      autunno? E questa pianta che morendo
      impazzisce, nei suoi rami bassi
      rigetta nuove foglie e alcuni
      grappoli di sterili fiori, quasi fosse
      ingannata dal pallido sole
      che non riscalda e tristemente prelude
      alle imminenti gelate dll'inverno.

      Da dove viene questo amore
      così fuori stagione, che rinasce
      nel cuore di un vecchio solo e disilluso?
      È forse la paura della morte
      che mi fa scoppiare nella testa
      questa insana pazzia, perché nulla
      mi può ingannare, se ragiono.
      Oppure è il mio solito bisogno
      di invaghirmi di un sogno, ed ora
      mi sembra di amare questa donna
      che è così simile a lei, ma non è vero.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Allegoria

        Il mandarino contenne la sua ira
        quando i sevitori tremanti riferirono
        che dalla gabbietta aperta il passerotto,
        che più di ogni cosa amava, era sparito.
        Egli salì sopra la torre
        e scrutando il cielo in lontananza
        vide l'uccellino che fuggiva
        e che, credendo di volare verso il sole,
        s'inoltrava fra le nubi di tempesta.
        Con terrore pensò al buio della notte
        popolato di orribili grifagni
        che fra poco avrebbe avvolto
        l'improvvido uccellino infreddolito.
        Allora fu grande il suo dolore.

        Arrivarono da tutto il regno
        musici, buffoni e concubine
        e le stanze della reggia risuonavano
        di allegre musiche di danza.
        Ma più niente rallegrava il mandarino.

        I mercanti portarono le sete
        più lievi fruscianti e colorate
        e le gemme preziose incastonate
        in splendidi gioielli.
        Ma più niente interessava al mandarino.

        I maghi allora gli donarono
        pavoni finti costruiti
        con piume d'oro o di cristallo
        e con occhi di zaffiro o rubino
        e che dentro avevano un congegno
        che imitava il trillo di un uccello.
        Ma più niente ingannava il mandarino.

        E i savi dottori che venivano
        con libri polverosi gli spiegavano
        che gli uccelli derivano dai rettili
        e che lui si era innamorato
        di un piccolo serpente con le piume.
        Ma più niente consolava il mandarino.

        Tutti i giorni seguenti il mandarino
        saliva sulla torre alta
        e con un lungo cannocchiale
        scrutava il cielo fino all'orizzonte,
        incurante delle orde dei nemici
        che premevano oltre la muraglia.
        Sperava di vedere l'uccellino
        volare in lontananza;
        e il cielo era solcato
        dai voli dei terribili rapaci.

        Oh se ti avessi dato
        una gabbietta con le stecche d'oro,
        oppure avessi costruito per te, nel mio giardino,
        con fili invisibili, un'aerea voliera.
        Ora ti poseresti felice
        fra i cespi delle rose e sopra i rami
        dei ciliegi in fiore.
        O forse bastava
        che io ti parlassi ogni mattina,
        e tu saresti qui sulla mia mano.

        Ora attendo soltanto
        le orde dei nomadi nemici
        feroci tagliatori di teste che verranno
        dalle steppe immense,
        cavalcando diabolici destrieri;
        e scaleranno i bastioni di difesa
        e irromperanno nella fertile pianura
        incendiando i campi di riso e la mia reggia.
        Ma più nulla m'importa e io non temo
        l'infausto mio destino e la morte atroce
        che inesorabilmente, a lunghi passi, si avvicina.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Paradisi perduti ora non ricordiamo il dolce
          tempo delle colombe
          e la felicità
          non si è posata più
          sui nostri cuori.

          No, non dite
          a noi stoltamente piangenti
          che gli orridi imbuti sono aperti,
          ora come sempre,
          e che l'angelo più bianco
          starnazza con ali di corvo!

          Ma nuovamente Satana che ride
          a noi grida la nostra solitudine
          mostrando i giardini deserti
          e la serpe annidata sotto i fiori.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Dalle fosse ardeatine, 31 Aprile 2001 buio, fosse, pietre recenti sul muro.
            Un grido, alto come il silenzio, fucili,
            rumori (bangbang)
            grida, fine.

            Vi sento con me, mi camminate
            al fianco mentre
            cammino sui vostri passi
            Vi sento con me, mi fate
            un sorriso invisible attraverso
            i vostri luoghi bui che sto
            guardando
            Vi sento con me, mi abbracciate
            con le vostre ossa mentre i
            miei occhi piangono lacrime
            di storia

            Luce, Prati verdi, alberi ricchi di frutti.
            Ecco dove siete ora, amici
            Perdonaste, oh quanto
            perdonaste.
            Ma un grido mi suona in gola:
            "Pagheranno quei bastardi
            per quel che han fatto! "
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Vorrei... Per me... Vorrei poter provare qualcosa di più
              che non sia questa semplice infatuazione canora,
              ma sia pura rinascita spirituale...
              Vorrei poter dirigermi verso quell'angolo
              di azzurro eterno e vedermi trasformare
              in qualcosa di dissolubile, così
              sarei certa di poter relamente capire
              qualcosa in più di me stessa e di quella parte di essere
              che mi si confonde dentro...
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Canto D'amore Mia amata
                ancora della salvezza,
                in te rimuovo
                il peso della mia coscienza.

                Sono solo, nudo
                vestito spesso dalle illusioni;
                sconosciuto questo tuo pianeta,
                eppure mi da pace
                e motivo di rivincita
                dalle mie tante sconfitte
                di uomo debole
                che di sogni si nutre
                nella precaria instabile esistenza.

                Mia amata
                ci si rinnova
                navigando attraverso
                il tuo mondo;
                si diventa forti amandoti:
                si trova ogni spiegazione
                anche se inutile o banale.

                Tenendoti per mano
                mi accorgo d'esser vivo:
                non c'è cosa più straordinaria.
                Ogni giorno è migliore
                di quello andato, perduto;
                ogni gesto quotidiano
                acquista peso, valore, sonorità
                in un solo ed unico
                canto d'amore.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Il piccolo viaggio del dr. Schmidt
                  Nei calcoli, nelle medie,
                  in un turbinio di dati,
                  il dr. Schmidt è morto!
                  Impossibile! Lui era
                  il più preparato,
                  previsioni esatte,
                  calcoli millimetrici, eppure...
                  Il dr. Schmidt è morto!
                  Lo piangono le sue macchine,
                  gli ingranaggi, i monitors,
                  nessuno poteva immaginarselo.
                  Il dr. Schmidt è morto,
                  seppellito in un giardino di silicone,
                  lo vegliano quattro cipressi sintetici,
                  ed era un grand'uomo
                  il dr. Schmidt...
                  Morto suicida,
                  senza saperlo.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Anima

                    A volte sento di non appartenere a questo mondo;
                    l'anima mia vaga senza posa tra deserti vasti
                    e praterie.
                    Il tempo trascorre e vola via senza spazio
                    per i sogni,
                    e scorre sulle mie stagioni ingiallite
                    così come la mia mano su questi versi
                    inutili.
                    Di fronte a me la città illuminata a giorno,
                    nella notte.
                    Le infrastrutture d'acciaio,
                    le auto veloci e scintillanti, come dardi di fuoco,
                    nella notte.
                    Le insegne dei bar, la gente che passa nella sua gelida indifferenza
                    milioni di anime che passano lentamente
                    nella notte.
                    Ma i miei occhi vedono il passo furtivo di un gatto randagio.
                    Ed il mio cuore sente un fiore che sboccia in una piccola aiuola.
                    Forse per questo mi sembra d'essere
                    un poeta.
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