Tornano le notti tiepide di aprile, o amore, e nuovamente la luna batte sul mio vaso di viole soavemente e su le irte siepi fiorite di rovo e biancospino. Lievi si dischiudono intanto, come rose tra spine, i nostri sogni d'amore, così come vedremo fiorire la felicità in una forse imminente primavera.
Si, nuovamente la luna si riflette nei torbidi miei occhi, si specchia nei pantani, e inutilmente vuoi strappare la gramigna dal mio cuore con le tue piccole mani. Ma se l'arido stelo dell'ortica che nasce fra le crepe della pietra tu vedi fiorire a primavera, anche la serpe si scioglie a lente spire dal letargo; e il mio cuore si gonfia come un rospo, perché l'innocenza è perduta e il bene non è che l'assenza del male.
come le scintille che dal legno che arde rapide sprizzano così le nostre vite per un attimo di odio e amore si accendono e svaniscono in un vortice di fumo
così pure gli infiniti universi durano un tempo effimero che a noi pare interminabile e irresistibilmente sono attratti in un orrido imbuto
oh tu, se esisti oltre lo spazio e il tempo e origini questo caos e contempli l'inutile dolore di ogni vita, la nascita e la morte, la pianta che germoglia e rinsecchisce, cessa, ti prego, il tuo gioco perverso e riducimi in polvere insensibile.
Da dove viene questa larva che s'insinua fra le tenere foglie dei castani amari e invisibile ne succhia la linfa e le lascia secche e attorcigliate, come in un precoce autunno? E questa pianta che morendo impazzisce, nei suoi rami bassi rigetta nuove foglie e alcuni grappoli di sterili fiori, quasi fosse ingannata dal pallido sole che non riscalda e tristemente prelude alle imminenti gelate dll'inverno.
Da dove viene questo amore così fuori stagione, che rinasce nel cuore di un vecchio solo e disilluso? È forse la paura della morte che mi fa scoppiare nella testa questa insana pazzia, perché nulla mi può ingannare, se ragiono. Oppure è il mio solito bisogno di invaghirmi di un sogno, ed ora mi sembra di amare questa donna che è così simile a lei, ma non è vero.
Il mandarino contenne la sua ira quando i sevitori tremanti riferirono che dalla gabbietta aperta il passerotto, che più di ogni cosa amava, era sparito. Egli salì sopra la torre e scrutando il cielo in lontananza vide l'uccellino che fuggiva e che, credendo di volare verso il sole, s'inoltrava fra le nubi di tempesta. Con terrore pensò al buio della notte popolato di orribili grifagni che fra poco avrebbe avvolto l'improvvido uccellino infreddolito. Allora fu grande il suo dolore.
Arrivarono da tutto il regno musici, buffoni e concubine e le stanze della reggia risuonavano di allegre musiche di danza. Ma più niente rallegrava il mandarino.
I mercanti portarono le sete più lievi fruscianti e colorate e le gemme preziose incastonate in splendidi gioielli. Ma più niente interessava al mandarino.
I maghi allora gli donarono pavoni finti costruiti con piume d'oro o di cristallo e con occhi di zaffiro o rubino e che dentro avevano un congegno che imitava il trillo di un uccello. Ma più niente ingannava il mandarino.
E i savi dottori che venivano con libri polverosi gli spiegavano che gli uccelli derivano dai rettili e che lui si era innamorato di un piccolo serpente con le piume. Ma più niente consolava il mandarino.
Tutti i giorni seguenti il mandarino saliva sulla torre alta e con un lungo cannocchiale scrutava il cielo fino all'orizzonte, incurante delle orde dei nemici che premevano oltre la muraglia. Sperava di vedere l'uccellino volare in lontananza; e il cielo era solcato dai voli dei terribili rapaci.
Oh se ti avessi dato una gabbietta con le stecche d'oro, oppure avessi costruito per te, nel mio giardino, con fili invisibili, un'aerea voliera. Ora ti poseresti felice fra i cespi delle rose e sopra i rami dei ciliegi in fiore. O forse bastava che io ti parlassi ogni mattina, e tu saresti qui sulla mia mano.
Ora attendo soltanto le orde dei nomadi nemici feroci tagliatori di teste che verranno dalle steppe immense, cavalcando diabolici destrieri; e scaleranno i bastioni di difesa e irromperanno nella fertile pianura incendiando i campi di riso e la mia reggia. Ma più nulla m'importa e io non temo l'infausto mio destino e la morte atroce che inesorabilmente, a lunghi passi, si avvicina.
Dalle fosse ardeatine, 31 Aprile 2001 buio, fosse, pietre recenti sul muro. Un grido, alto come il silenzio, fucili, rumori (bangbang) grida, fine.
Vi sento con me, mi camminate al fianco mentre cammino sui vostri passi Vi sento con me, mi fate un sorriso invisible attraverso i vostri luoghi bui che sto guardando Vi sento con me, mi abbracciate con le vostre ossa mentre i miei occhi piangono lacrime di storia
Luce, Prati verdi, alberi ricchi di frutti. Ecco dove siete ora, amici Perdonaste, oh quanto perdonaste. Ma un grido mi suona in gola: "Pagheranno quei bastardi per quel che han fatto! "
Vorrei... Per me... Vorrei poter provare qualcosa di più che non sia questa semplice infatuazione canora, ma sia pura rinascita spirituale... Vorrei poter dirigermi verso quell'angolo di azzurro eterno e vedermi trasformare in qualcosa di dissolubile, così sarei certa di poter relamente capire qualcosa in più di me stessa e di quella parte di essere che mi si confonde dentro...
Canto D'amore Mia amata ancora della salvezza, in te rimuovo il peso della mia coscienza.
Sono solo, nudo vestito spesso dalle illusioni; sconosciuto questo tuo pianeta, eppure mi da pace e motivo di rivincita dalle mie tante sconfitte di uomo debole che di sogni si nutre nella precaria instabile esistenza.
Mia amata ci si rinnova navigando attraverso il tuo mondo; si diventa forti amandoti: si trova ogni spiegazione anche se inutile o banale.
Tenendoti per mano mi accorgo d'esser vivo: non c'è cosa più straordinaria. Ogni giorno è migliore di quello andato, perduto; ogni gesto quotidiano acquista peso, valore, sonorità in un solo ed unico canto d'amore.
Il piccolo viaggio del dr. Schmidt Nei calcoli, nelle medie, in un turbinio di dati, il dr. Schmidt è morto! Impossibile! Lui era il più preparato, previsioni esatte, calcoli millimetrici, eppure... Il dr. Schmidt è morto! Lo piangono le sue macchine, gli ingranaggi, i monitors, nessuno poteva immaginarselo. Il dr. Schmidt è morto, seppellito in un giardino di silicone, lo vegliano quattro cipressi sintetici, ed era un grand'uomo il dr. Schmidt... Morto suicida, senza saperlo.
A volte sento di non appartenere a questo mondo; l'anima mia vaga senza posa tra deserti vasti e praterie. Il tempo trascorre e vola via senza spazio per i sogni, e scorre sulle mie stagioni ingiallite così come la mia mano su questi versi inutili. Di fronte a me la città illuminata a giorno, nella notte. Le infrastrutture d'acciaio, le auto veloci e scintillanti, come dardi di fuoco, nella notte. Le insegne dei bar, la gente che passa nella sua gelida indifferenza milioni di anime che passano lentamente nella notte. Ma i miei occhi vedono il passo furtivo di un gatto randagio. Ed il mio cuore sente un fiore che sboccia in una piccola aiuola. Forse per questo mi sembra d'essere un poeta.