No, non dire mai che il mio cuore è stato falso (Sonetto 109)
No, non dire mai che il mio cuore è stato falso Anche se l'assenza sembrò ridurre la mia fiamma; come non è facil ch'io mi stacchi da me stesso, così è della mia anima che vive nel tuo petto: quello è il rifugio mio d'amore; se ho vagato come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi, tanto ch'io stesso porto acqua alle mie colpe. Non credere mai, pur se in me regnassero tutte le debolezze che insidiano la carne, ch'io mi possa macchiare in modo tanto assurdo da perdere per niente la somma dei tuoi pregi: perché niente io chiamo questo immenso universo tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
Quelle labbra che Amor creò con le sue mani (Sonetto 145)
Quelle labbra che Amor creò con le sue mani bisbigliarono un suono che diceva "Io odio" a me, che per amor suo languivo: ma quando ella avvertì il mio penoso stato, subito nel suo cuore scese la pietà a rimproverar la lingua che sempre dolce soleva esprimersi nel dar miti condanne; e le insegnò a parlarmi in altro modo, "Io odio" ella emendò con un finale, che le seguì come un sereno giorno segue la notte che, simile a un demonio, dal cielo azzurro sprofonda nell'inferno. Dalle parole "Io odio" ella scacciò ogni odio e mi salvò la vita dicendomi "non te".
Nu pianefforte 'e notte sona luntanamente, e 'a museca se sente pe ll'aria suspirà.
È ll'una: dorme 'o vico ncopp'a nonna nonna 'e nu mutivo antico 'e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle 'n cielo! Che luna! E c'aria doce! Quanto na della voce vurria sentì cantà! Ma sulitario e lento more 'o mutivo antico; se fa cchiù cupo 'o vico dint'a ll'oscurità...
Ll'anema mia surtanto rummane a sta fenesta. Aspetta ancora. E resta, ncantannese, a pensà.
Vanno a sparare alle beccacce, il contenuto lo portano dentro sacchetti scoloriti, dentro sacchetti, si capisce, e lento s'unge di grasso.
Musone, così si chiama il cane, ma non risponde a tal nome. Perché ora la beccaccia, beccata nel suo contenuto, è pure lei musona e tutta unta?
Scolorita musona la beccaccia. Musone il cane, che si chiama così ma non risponde a tal nome... Musone! Gridano musoni. Sono andati a sparare alle beccacce.
Se è questo che il gabbiano vuole, costruirò una nave, sarò felice durante il varo, porterò una camicia sgargiante, piangerò sciampagna, forse, o secernerò sapone molle, senza cui nulla può andare.
Chi sarà a tenere il discorso? Chi leggerà dal foglio di carta senza diventar cieco? Il Presidente? Con quale nome ti dovrò battezzare? Dovrò chiamare il tuo naufragio anna oppure colombo?
Ma puoi ch'ella mi vide, la sua cera che ride inver'di me si volse, e puoi a sé m'acolse molto covertamente, e disse immantenente: "Io sono la Natura, e sono una fattura de lo sovran Fattore. Elli è mio creatore: io son da Lui creata e fui incominciata; ma la Sua gran possanza fue sanza comincianza. È non fina né more; ma tutto mio labore, quanto che io l'alumi, convien che si consumi. Esso è onipotente; ma io non pos'neente se non quanto concede. Esso tanto provede e è in ogne lato e sa ciò ch'è passato e 'l futuro e 'l presente; ma io non son saccente se non di quel che vuole: mostrami, come suole, quello che vuol ch'ì faccia e che vol ch'io disfaccia, ond'io son Sua ovrera di ciò ch'Esso m'impera. Così in terra e in aria m'ha fatta sua vicaria: Esso dispose il mondo, e io poscia secondo lo Suo comandamento lo guido a Suo talento.
Eri tu schivo, Gesù Bambino, un giorno, e come me piccino? E che sentivi a vivere fuori dei Cieli, e proprio come io vivo? Pensavi mai le cose di lassù, dove fossero gli angeli chiedevi? Io al tuo posto avrei pianto Per la mia casa fatta di cielo; io cercherei dintorno a me, nell'aria: "gli angeli dove sono? ", chiederei e destandomi mi dispererei che non vi fosse un angelo a vestirmi! Anche tu possedevi dei balocchi, come li abbiamo noi, bimbe e bambini? E giocavi nei Cieli con tutti gli angeli non troppo alti, con le stelle a piastrella? Si giocava a rimpiattino, dietro le loro ali? Tua Madre ti lasciava sciupare le tue vesti Sul nostro suol giocando? Come bello serbarle sempre nuove, per i Cieli d'azzurro sempre tersi! T'inginocchiavi, a notte, per pregare, e le tue mani, come noi, giungevi? E a volte erano stanche, le manine, e assai lunga sembrava la preghiera? E ti piace così, che noi giungiamo Le nostre mani per pregare a te? A me sembrava, avanti io lo sapessi, che la preghiera solo così vale. E tua Madre, la sera, ti baciava, i tuoi panni piegandoti con cura? Non ti sentivi proprio buono, a letto, baciato e quieto, dette le orazioni?
A tuo Padre la mia preghiera mostra (Egli la guarderà, sei così bello! ), e digli "O Padre, io, io il Figlio tuo, ti reco la preghiera di un bambino". Sorriderà, che la lingua dei bimbi Sia la stessa di quando eri tu un bimbo!
Udite: il campo di Afrodite occhi vivaci o delle Grazie noi ariamo, muovendo al tempio ombelico della terra altitonante; qui, agli Emmenidi felici, alla fluviale Agrigento e a Senocrate, per la vittoria pitica, è costruito, nella valle ricca d'oro di Apollonia, un tesoro di inni, che mai la pioggia invernale - esercito irruento e spietato di nuvola risonante - né il vento con detriti confusi percuotendolo sospingeranno negli abissi del mare. Nella luce pura, la sua fronte annuncerà nei discorsi dei mortali, o Trasibulo, la vittoria illustre, comune a tuo padre e alla stirpe, riportata col carro nelle valli di Crisa. Nella mano destra serbandolo, tu guidi dritto il precetto che una volta - narrano - sui monti il figlio di Filira impartì al Pelide, separato dai suoi genitori: tra gli dèi, onorare soprattutto il figlio di Crono, dalla voce grave, signore dei lampi e dei fulmini; e non privare mai di questo onore i genitori per la vita che loro è destinata. In altro tempo, sentimenti simili nutriva il forte Antiloco, che morì per il padre, affrontando Memnone sterminatore, re degli Etiopi. Colpito da frecce di Paride, bloccava un cavallo il carro di Nestore. Protese Memnone la lancia possente. Turbata, la mente del vecchio Messenio gridò il nome del figlio. A terra non cadde la sua parola. Lì resistendo, l'uomo divino comprò con la sua morte la vita del padre; e compiuta l'impresa immane, egli parve ai più giovani della stirpe antica il più grande per virtù verso i genitori. Ma questo è passato. Dei giovani di ora, più di tutti Trasibulo procede secondo la norma paterna e segue lo zio in ogni splendore. Con senno egli usa la ricchezza, e coglie una giovinezza non ingiusta né tracotante; ma negli antri delle Pieridi coltiva la poesia e a te, Scuotitore della terra, che governi le gare dei cavalli, o Poseidone, si dedica, con animo fervente. Dolce anche nei rapporti conviviali, la sua indole supera l'opera traforata delle api.
Al momento opportuno dovevi, animo mio, coglier l'amore, in giovinezza. Ma guardando i raggi che dagli occhi di Teosseno balenano, chi non trabocca di desiderio, ha il cuore nero temprato nell'acciaio o nel ferro con gelida fiamma. Disprezzato da Afrodite pupille vivaci, o soffre pene violente per ottenere guadagni, o, servo di tracotanza femminile, freddo percorre ogni sentiero. Ma io, a causa di lei, come la cera delle api sacre morsa dal calore, mi consumo, quando guardo la giovinezza degli adolescenti dalle membra floride. In Tenedo, certo, Peito e Grazia abitano nel figlio di Agesilas.