Sigilfredo. Il vero "uomo" Infame. (Completo)
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...infermeria,
vidi Cugini, al trotto, muoveva verso me,
non ebbi maniera di proferir parola.
"Signor Catalfamo, ecco.
Qui c'è una licenza premio di sette giorni
con decorrenza immediata.
Mi raccomando, esca in divisa.
La saluto"
Mi strinse forte la mano, forte, molto forte,
con un bellissimo sguardo da "uomo".
Guardai quel pezzo di carta del cazzo.
Per averlo,
spesso occorreva sfiorare
la prostituzione dell'orgoglio.
Mai avrei avuto una licenza premio.
Piansi.
Disperato.
Il primo pianto da uomo.
Nessuna spiegazione poteva esser migliore
sulle condizioni di papà.
Arrivai a Genova alle una della notte.
Le una e mezza del mattino.
Non certo orario consigliato
per le visite in ospedale.
Scavalcare il cancello fu un divertimento,
un giovane marinaretto, poi,
non desterebbe il minimo sospetto.
Ma per trovare numero di camera e letto,
occorreva sfoggiare l'arte della parola.
La Caposala... un'affascinante Madre,
mi abbracciò con gli occhi,
conosceva già il mio dolore.
"Sei il figlio di Salvatore vero?"
"Sono il figlio".
Mai diedi gargantuesca importanza alla parola "figlio"
come in quell'istante.
Nel tragitto in treno solo un pensiero.
"Gli voglio dire che lo amo,
che non sono arrabbiato con lui,
che è il mio idolo".
L'ultima volta che lo vidi lo apostrofai
con un poco amorevole "stronzo".
Non voleva darmi ... [segue »]
Composto giovedì 19 maggio 2011
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