SERENDIPITA' : cerchi una cosa, e ne trovi un'altra. Cercavo su internet il discorso di Bohr, e invece ho trovato una tesi di Max Planck (sia pur confutata) nel brano che segue, tratto da un testo di filosofia per i licei:
"Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha espulso dalla fisica il concetto di causalità. Si ricorderanno le famose parole di Laplace che hanno espresso cosi bene l'ideale della scienza dell'800. Il principio di causalità, come era inteso e adoperato da questa scienza, implicava due aspetti fondamentali:
1) la necessità con la quale l'effetto segue la causa, sicché data una causa determinata, un effetto determinato deve inevitabilmente seguire;
2) la previsione infallibile che tale necessità comporta perché, data una determinata causa, non può seguire che quell'unico determinato effetto.
E' ovvio che questi due aspetti sono strettamente legati insieme e che l'uno implica l'altro.Le relazioni di indeterminazione dicono semplicemente che questi due aspetti non si ritrovano nei fenomeni fisici subatomici e, per conseguenza, in nessuna parte della realtà fisica. Non si ritrova la necessità perché uno stesso sistema di eventi può dar luogo a esiti diversi nessuno dei quali è inevitabile. Non si ritrova la previsione infallibile perché la condizione ora descritta non rende possibili che previsioni probabili. In tal modo, il principio di causalità che sembrava il più saldo pilastro delle costruzioni teoriche della scienza dell'800 è stato polverizzato, e non già da critiche teoriche, ma dai progressi sperimentali della scienza.
Il rivolgimento implicito in questa caduta del principio di causalità è cosi radicale che ancora non sono state scorte tutte le sue conseguenze. Si spiega pertanto la riluttanza di molti pensatori e scienziati contemporanei ad accettare questa caduta e si spiegano i tentativi fatti per mantenere in piedi il principio nonostante la sua chiara inutilizzabilità per la scienza.
Tra tali tentativi quello di Max Planck. Poiché l'indeterminazione è provocata dall'azione dei mezzi di osservazione sull'oggetto osservato e dipende dal fatto che l'uomo, coi suoi organi di senso e i suoi strumenti di misura, fa lui stesso parte della natura ed è sottoposto alle sue leggi, Planck ha concepito uno spirito ideale, libero da ogni dipendenza dalla natura e capace di abbracciare tutti i processi fisici che si svolgono contemporaneamente. (=uno spirito che non sia coinvolto nel cosmo, trascendente il cosmo, onnicosciente...Dio?) Per questo spirito ideale non esisterebbe l'indeterminazione di Heisenberg ed esso quindi sarebbe in grado di predire con certezza e in tutti i dettagli qualsiasi processo fisico. Scientificamente, nota Planck, l'esistenza di tale spirito non può essere né provata né confutata; ma l'ammissione della sua esistenza permette di introdurre un rigoroso determinismo negli eventi della natura.Queste ultime parole di Planck contengono il riconoscimento del carattere puramente fittizio della sua ipotesi: un'ipotesi che non può essere né confutata né confermata con i mezzi di cui dispone la scienza, non è un'ipotesi per la scienza e tutto ciò che si può dire di essa è che non ha alcun significato scientifico. L'ipotesi prospettata da Planck, come parecchie altre che sono state prospettate per conservare il principio della causalità rigorosa, nonostante l'aperta smentita che la fisica gli ha inflitto, hanno tutte lo stesso carattere: ammettono che la causalità c'è ma non per la scienza, e quindi per l'uomo che costruisce la scienza, ma per uno spirito ideale ipotetico o in un'ipotetica realtà che è al di là della scienza. Tutte queste ipotesi pertanto contravvengono ad uno dei canoni metodologici della scienza moderna: si può parlare solo di ciò che si può osservare.
D'altronde il timore che l'abbandono del principio di causalità faccia piombare nel caos la ricerca scientifica togliendole il principio supremo dell'intelligibilità delle cose, si è manifestato completamente infondato. L'abbandono di quel principio infatti è il riconoscimento operante di un altro principio, che è implicito nelle relazioni di indeterminazione e nella previsione probabile. Principio che potremmo dire di condizionamento.
Ciò che la scienza si preoccupa di determinare sono le condizioni che permettono di prevedere i risultati probabili di un'osservazione futura. Una volta eseguita questa nuova osservazione, i suoi risultati entrano a costituire nuove condizioni per la previsione probabile di osservazioni ulteriori; e cosi via. La scienza procede riconoscendo ad ogni passo le condizioni che delimitano un campo di possibili risultati e muove perciò da una serie di condizioni ad un'altra che può essere più o meno simile alla prima. Questo processo non ha evidentemente nulla a che fare col processo causale. Esso implica l'abbandono della pretesa di poter descrivere il mondo in termini di sostanza (materia ed energia) e di proprietà della sostanza. Ciò spiega perché la scienza contemporanea utilizza un linguaggio logico-matematico, che non è più fondato (come quello della logica aristotelica) sulla nozione di sostanza bensi su quella di relazione."
(da ABBAGNANO-FORNERO Manuale di Filosofia per licei)
12 anni e 9 mesi fa
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yk1, cercando la ragione e il torto non si fa strada, perché ciascuno ha le sue ragioni e i suoi torti, ed è più facile trovarsi le prime che ammettere i secondi. E poi non serve a nulla: quando c'è la buona fede, strada se ne fa cercando la pace e il superamento di ogni contrasto nell'affetto reciproco.
Giulio, te l'ho detto altrove, sono sulla riva del mare in attesa dell'arrivo del tartarugone. Tu stai nell'acqua, ma fuori fa freddo...
Ti vuoi sbrigare?????? : )))
Un caro saluto a Paul.
12 anni e 9 mesi fa
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Sì, e secondo te un baro potrebbe intervenire e dire: "Signori, scusate tanto, volete sapere la verità: io ho barato"? Ma allora più che baro sarebbe un personaggio da cartone animato, o San Valentino in persona...
Io comunque non ho partecipato.
Parteciperò invece al concorso del 5 Marzo in onore di San Foca, protettore degli agricoltori, dei giardinieri, dei naviganti, delle foche e dei vecchi trichechi.
12 anni e 9 mesi fa
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"Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha espulso dalla fisica il concetto di causalità. Si ricorderanno le famose parole di Laplace che hanno espresso cosi bene l'ideale della scienza dell'800. Il principio di causalità, come era inteso e adoperato da questa scienza, implicava due aspetti fondamentali:
1) la necessità con la quale l'effetto segue la causa, sicché data una causa determinata, un effetto determinato deve inevitabilmente seguire;
2) la previsione infallibile che tale necessità comporta perché, data una determinata causa, non può seguire che quell'unico determinato effetto.
E' ovvio che questi due aspetti sono strettamente legati insieme e che l'uno implica l'altro.Le relazioni di indeterminazione dicono semplicemente che questi due aspetti non si ritrovano nei fenomeni fisici subatomici e, per conseguenza, in nessuna parte della realtà fisica. Non si ritrova la necessità perché uno stesso sistema di eventi può dar luogo a esiti diversi nessuno dei quali è inevitabile. Non si ritrova la previsione infallibile perché la condizione ora descritta non rende possibili che previsioni probabili. In tal modo, il principio di causalità che sembrava il più saldo pilastro delle costruzioni teoriche della scienza dell'800 è stato polverizzato, e non già da critiche teoriche, ma dai progressi sperimentali della scienza.
Il rivolgimento implicito in questa caduta del principio di causalità è cosi radicale che ancora non sono state scorte tutte le sue conseguenze. Si spiega pertanto la riluttanza di molti pensatori e scienziati contemporanei ad accettare questa caduta e si spiegano i tentativi fatti per mantenere in piedi il principio nonostante la sua chiara inutilizzabilità per la scienza.
Tra tali tentativi quello di Max Planck. Poiché l'indeterminazione è provocata dall'azione dei mezzi di osservazione sull'oggetto osservato e dipende dal fatto che l'uomo, coi suoi organi di senso e i suoi strumenti di misura, fa lui stesso parte della natura ed è sottoposto alle sue leggi, Planck ha concepito uno spirito ideale, libero da ogni dipendenza dalla natura e capace di abbracciare tutti i processi fisici che si svolgono contemporaneamente. (=uno spirito che non sia coinvolto nel cosmo, trascendente il cosmo, onnicosciente...Dio?) Per questo spirito ideale non esisterebbe l'indeterminazione di Heisenberg ed esso quindi sarebbe in grado di predire con certezza e in tutti i dettagli qualsiasi processo fisico. Scientificamente, nota Planck, l'esistenza di tale spirito non può essere né provata né confutata; ma l'ammissione della sua esistenza permette di introdurre un rigoroso determinismo negli eventi della natura.Queste ultime parole di Planck contengono il riconoscimento del carattere puramente fittizio della sua ipotesi: un'ipotesi che non può essere né confutata né confermata con i mezzi di cui dispone la scienza, non è un'ipotesi per la scienza e tutto ciò che si può dire di essa è che non ha alcun significato scientifico. L'ipotesi prospettata da Planck, come parecchie altre che sono state prospettate per conservare il principio della causalità rigorosa, nonostante l'aperta smentita che la fisica gli ha inflitto, hanno tutte lo stesso carattere: ammettono che la causalità c'è ma non per la scienza, e quindi per l'uomo che costruisce la scienza, ma per uno spirito ideale ipotetico o in un'ipotetica realtà che è al di là della scienza. Tutte queste ipotesi pertanto contravvengono ad uno dei canoni metodologici della scienza moderna: si può parlare solo di ciò che si può osservare.
D'altronde il timore che l'abbandono del principio di causalità faccia piombare nel caos la ricerca scientifica togliendole il principio supremo dell'intelligibilità delle cose, si è manifestato completamente infondato. L'abbandono di quel principio infatti è il riconoscimento operante di un altro principio, che è implicito nelle relazioni di indeterminazione e nella previsione probabile. Principio che potremmo dire di condizionamento.
Ciò che la scienza si preoccupa di determinare sono le condizioni che permettono di prevedere i risultati probabili di un'osservazione futura. Una volta eseguita questa nuova osservazione, i suoi risultati entrano a costituire nuove condizioni per la previsione probabile di osservazioni ulteriori; e cosi via. La scienza procede riconoscendo ad ogni passo le condizioni che delimitano un campo di possibili risultati e muove perciò da una serie di condizioni ad un'altra che può essere più o meno simile alla prima. Questo processo non ha evidentemente nulla a che fare col processo causale. Esso implica l'abbandono della pretesa di poter descrivere il mondo in termini di sostanza (materia ed energia) e di proprietà della sostanza. Ciò spiega perché la scienza contemporanea utilizza un linguaggio logico-matematico, che non è più fondato (come quello della logica aristotelica) sulla nozione di sostanza bensi su quella di relazione."
(da ABBAGNANO-FORNERO Manuale di Filosofia per licei)
Giulio, te l'ho detto altrove, sono sulla riva del mare in attesa dell'arrivo del tartarugone. Tu stai nell'acqua, ma fuori fa freddo...
Ti vuoi sbrigare?????? : )))
Un caro saluto a Paul.
Io comunque non ho partecipato.
Parteciperò invece al concorso del 5 Marzo in onore di San Foca, protettore degli agricoltori, dei giardinieri, dei naviganti, delle foche e dei vecchi trichechi.