A me sembra, in verità, uno splendido augurio di Natale, e tenterò di esporne i motivi.
- Innanzitutto, liberiamo il campo da un preconcetto: l'augurio di Natale non è detto che debba essere per forza rivolto ad altri. Agli altri sono rivolti i semplici auguri di cortesia, della serie: "Buon Natale e felice anno nuovo"; ma un augurio "letterario" per il Natale DEVE essere qualcosa di più: deve essere una speranza, un voto augurale dotato di una qualche profondità, e semmai anche - perché no - indirizzato a se stessi.
- Ora, è notorio, perché esperienza di tutti, che il Natale viaggia in scatoli, scatolini, pacchi, pacchetti e scatoloni: l'uso del regalo è ormai divenuto una sorta di condanna, di maledizione annuale per tanti che, sotto le feste, vagano nei freddi di fine Dicembre alla ricerca di idee e - ultimamente - anche con pochi soldi in tasca e un diavolo per capello.
- Ma il Natale, oltre a viaggiare in scatole e scatoloni, vi finisce anche, in due sensi: a) nel senso che lo spirito natalizio si è praticamente quasi del tutto ridotto allo scambio di doni, e dunque si è ridotto ad uno spirito... in scatola; b) nel senso che, una volta passata la festa, i presepi, gli addobbi luccicanti, i festoni e le luminarie dell'albero vengono riposti nel loro scatolone, insieme al surrogato di spirito natalizio di cui sopra.
- Di fronte a questa vera e propria piaga sociale, frutto di un consumismo ormai stantio (ed anche fuori luogo coi chiari di luna che corrono), l'augurarsi che sia possibile non riporre più il Natale in uno scatolone mi sembra un voto estremamente profondo e felice.
- Infine, l'espressione "mi auguro", in luogo di quella, più ovvia, "auguro a tutti" (che sicuramente sarebbe stata accettata), mi sembra spiritosa, poetica, ed anche discreta, perché esprime il concetto in maniera garbata, senza muovere appunti all'operato altrui.
* * * * * dunque, a questa frase tenuta fuori dell'urna, anzi... dello scatolone di questo nobile concorso natalizio, cui peraltro, memore di passate batracomiomachìe, mi sono ben guardato dal partecipare. Votate dunque con tranquillità: non vi saranno stavolta né marziani insolenti, né altre chiacchiere. Solo difese d'ufficio. : )))))))))
11 anni fa
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Il problema, Giulio, è il fenomeno "atipico", cioè il fenomeno che non rientra nella sfera delle conoscenze scientifiche, e neanche nella sfera delle cose che la scienza ritiene "possibili". Rientrano in questa categoria di fenomeni non solo tutti i c.d. fenomeni paranormali, ma anche tutti quei fatti "strani" che appaiono inverosimili al pensare comune (avvistamenti di UFO o di extraterrestri; cerchi nel grano recanti immagini complicatissime apparsi nell'arco di una sola notte; apparizioni di fantasmi, miracoli, indemoniamenti eccetera).
Di fronte a questi fenomeni, o, meglio, di fronte alle relazioni dei testimoni di questi fenomeni, una diffusa mentalità pseudo-scientifica tende aprioristicamente, ancor prima che alla negazione di interpretazioni che riconducano il fenomeno all'intervento di cause divine o aliene, alla negazione del fenomeno, tout court. E si invocano allora l'allucinazione, individuale o collettiva che sia, lo scherzo di buontemponi, la scarsa credibilità del testimone per precedenti turbe mentali (basta anche una nevrosi d'ansia o un'insonnia), o, semmai, per sospetta malafede.
Se poi esiste assoluta certezza dell'effettivo sussistere del fenomeno, ecco spuntare le interpretazioni "scientifiche" (tra virgolette perché tutt'altro che scientifiche) più disparate, purché utili allo scopo di NEGARE e NORMALIZZARE.
Questo modo di procedere (tipico tra l'altro del CICAP (comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), di cui è esponente di spicco un tal Piero Angela, che da decenni e decenni vive, ultimamente insieme alla sua discendenza, di spettacolare divulgazione scientifica per telespettatori semi analfabeti) è tutt'altro che scientifico, in quanto, anziché stimolare ed effettuare la RICERCA sul fenomeno (raccolta della casistica; analisi approfondita di ciascun caso; sospensione del giudizio medio tempore), mira solo a giungere alla conclusione, cioè alla negazione tout court del fenomeno o della credibilità del teste; o, in assenza, alla spiegazione "conclusiva" e "normalizzante" strombazzata in assenza di una seria analisi dei fatti.
Insomma: una gran pena. La scienza è scienza; ma quando se ne impadroniscono i mass media (e certi divulgatori non sono altro che tromboni dei mass media) diviene solo becero conformismo, spesso anche prono agli interessi di questi o di quelli.
11 anni fa
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- Innanzitutto, liberiamo il campo da un preconcetto: l'augurio di Natale non è detto che debba essere per forza rivolto ad altri. Agli altri sono rivolti i semplici auguri di cortesia, della serie: "Buon Natale e felice anno nuovo"; ma un augurio "letterario" per il Natale DEVE essere qualcosa di più: deve essere una speranza, un voto augurale dotato di una qualche profondità, e semmai anche - perché no - indirizzato a se stessi.
- Ora, è notorio, perché esperienza di tutti, che il Natale viaggia in scatoli, scatolini, pacchi, pacchetti e scatoloni: l'uso del regalo è ormai divenuto una sorta di condanna, di maledizione annuale per tanti che, sotto le feste, vagano nei freddi di fine Dicembre alla ricerca di idee e - ultimamente - anche con pochi soldi in tasca e un diavolo per capello.
- Ma il Natale, oltre a viaggiare in scatole e scatoloni, vi finisce anche, in due sensi: a) nel senso che lo spirito natalizio si è praticamente quasi del tutto ridotto allo scambio di doni, e dunque si è ridotto ad uno spirito... in scatola; b) nel senso che, una volta passata la festa, i presepi, gli addobbi luccicanti, i festoni e le luminarie dell'albero vengono riposti nel loro scatolone, insieme al surrogato di spirito natalizio di cui sopra.
- Di fronte a questa vera e propria piaga sociale, frutto di un consumismo ormai stantio (ed anche fuori luogo coi chiari di luna che corrono), l'augurarsi che sia possibile non riporre più il Natale in uno scatolone mi sembra un voto estremamente profondo e felice.
- Infine, l'espressione "mi auguro", in luogo di quella, più ovvia, "auguro a tutti" (che sicuramente sarebbe stata accettata), mi sembra spiritosa, poetica, ed anche discreta, perché esprime il concetto in maniera garbata, senza muovere appunti all'operato altrui.
* * * * * dunque, a questa frase tenuta fuori dell'urna, anzi... dello scatolone di questo nobile concorso natalizio, cui peraltro, memore di passate batracomiomachìe, mi sono ben guardato dal partecipare. Votate dunque con tranquillità: non vi saranno stavolta né marziani insolenti, né altre chiacchiere. Solo difese d'ufficio. : )))))))))
Di fronte a questi fenomeni, o, meglio, di fronte alle relazioni dei testimoni di questi fenomeni, una diffusa mentalità pseudo-scientifica tende aprioristicamente, ancor prima che alla negazione di interpretazioni che riconducano il fenomeno all'intervento di cause divine o aliene, alla negazione del fenomeno, tout court. E si invocano allora l'allucinazione, individuale o collettiva che sia, lo scherzo di buontemponi, la scarsa credibilità del testimone per precedenti turbe mentali (basta anche una nevrosi d'ansia o un'insonnia), o, semmai, per sospetta malafede.
Se poi esiste assoluta certezza dell'effettivo sussistere del fenomeno, ecco spuntare le interpretazioni "scientifiche" (tra virgolette perché tutt'altro che scientifiche) più disparate, purché utili allo scopo di NEGARE e NORMALIZZARE.
Questo modo di procedere (tipico tra l'altro del CICAP (comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), di cui è esponente di spicco un tal Piero Angela, che da decenni e decenni vive, ultimamente insieme alla sua discendenza, di spettacolare divulgazione scientifica per telespettatori semi analfabeti) è tutt'altro che scientifico, in quanto, anziché stimolare ed effettuare la RICERCA sul fenomeno (raccolta della casistica; analisi approfondita di ciascun caso; sospensione del giudizio medio tempore), mira solo a giungere alla conclusione, cioè alla negazione tout court del fenomeno o della credibilità del teste; o, in assenza, alla spiegazione "conclusiva" e "normalizzante" strombazzata in assenza di una seria analisi dei fatti.
Insomma: una gran pena. La scienza è scienza; ma quando se ne impadroniscono i mass media (e certi divulgatori non sono altro che tromboni dei mass media) diviene solo becero conformismo, spesso anche prono agli interessi di questi o di quelli.