Giuseppe Freda

Nella frase "Il dolore nasce nell'ignoranza dell..." di Giulio Pintus
Prima di commentare una frase, bisognerebbe capire di che si sta parlando. Personalmente, ho votato 10 questa frase, e lo rifaccio ora. In essa non c'è alcun ottimismo (anzi !!), ma una constatazione di fatto: il continuo fluire del tempo e dell'esistenza, che senza speranza alcuna ci destina a perdere tutto ciò che riteniamo di possedere, fino a privarci della stessa vita.
     Bisogna dunque che ci rendiamo conto di non possedere alcunché, proprio a motivo del fatto che tutto ciò che riteniamo di avere, qualsiasi bene, qualsiasi conquista, prima o poi lo perderemo. NULLA E' NOSTRO, PERCHE' NULLA PUO' ESSERLO.
    Questo significano le parole "Il fluire dell'esistenza, dell'universo non può sottrarmi alcunché, se non lo posseggo."
    Chi è non è COSTANTEMENTE cosciente di questa situazione di impermanenza, la ignora, E RITIENE ERRONEAMENTE di possedere qualcosa. Quando verrà la privazione, che sicuramente verrà, sicuramente proverà dolore.
    Il dolore deriva da questa ign*oranza.  Che poi il dolore produca il canto dei cigni, le furie omicide, o le opere d'arte, è cosa che attiene ai frutti del dolore e non alle sue cause, come giustamente precisa l'autore.
    Vorrei a questo proposito aggiungere che il frutto principale del dolore è l'affinamento dello spirito, cioè la sua elevazione al di sopra della materialità dell'insanabile dualismo illusione-delusione.
    Ma questo è probabilmente troppo in questo contesto di lillipuziani, dal quale sempre più vado desiderando di venir fuori al più presto.
11 anni fa
Risposte successive (al momento 33) di altri utenti.
Nella frase "Ci sono molte discrepanze tra come le cose..." di Dalai Lama
Proprio così, Dalai Giulio.  : )))
11 anni fa
Risposte successive (al momento 1) di altri utenti.
Nella frase "A me non piace la definizione di "ateo" perché..." di Umberto Galimberti
In quest'ultimo contesto (analisi del particolare), è ad esempio indicativo che il definire "ateo" Galimberti possa essere da quest'ultimo percepito come un atto di prepotenza... Questa particolare sensibilità, questa sorta di nervo scoperto di un intelletto pur non disprezzabile, da cosa deriva? Dalla prepotenza altrui, o non forse anche da una sorta di "filtro" di prepotenza che un certo tipo di mentalità, di cultura e di psicologia porta dinanzi alle sinapsi del proprio cervello, filtro tale da rendere "prepotente" qualsiasi atteggiamento altrui, e perfino una innocua (e peraltro anche ben costruita etimologicamente) parola in uso nel linguaggio comune?
     Questi "filtri", per quello che ho potuto spesso constatare, sono spesso generati dalla paura. Paura dell'altro, paura del diverso, paura di chi non la pensa come te... Altre volte, invece, appaiono generati da una caratteristica, una sorta di "atmosfera" in cui è immersa la personalità, sino al punto da ravvisare all'esterno, come proveniente da altri, ciò che si trova invece nella propria sfera psicologica...
     In un mozzicone di sigaretta può esservi, e anzi sicuramente vi è, la soluzione di tutti i problemi del genere umano, compreso il problema di Dio. Tutto sta a chinarsi, raccattare quel mozzicone, e studiarselo, e pensare, e sentire, e riuscire ad ascoltare noi stessi.
    
Ecco: ho trovato la soluzione.
     Dai, Flavia: più sintesi di così...   : )))
11 anni fa
Risposte successive (al momento 17) di altri utenti.