Una storia per raccontare la Storia, ma il soggetto, seppur important'e cinematograficament'inedito, si può già leggere sulla Treccani online, e lo script è terribile, non solo per lo stile televisivo, ma perché Pif non azzecc'un ritmo, una scena, un tono, una battuta, un personaggio dell'argomento ch'affronta da due film. Temo sia un piacione che piace proprio a quell'Italia ch'egli dice di voler denunciare. Beningni, Chaplin, "Forrest Gump", "L'idiòta" dostoevskijano, il "Candide" di Voltaire: dove, come, quando, cosa, perché? Ripartire dai fondamentali del giornalismo come lui dai fondamentali della 7a arte. La dedic'a Scola è un insulto.
"Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, fu arrestato."
A volte, spesso, incessantemente, ritornano.
"The American Dream" com'incubo, un biopic sul capitalismo moderno, fra l'epoca de "Il Petroliere" e "Citizen Kane" e quell'odierna de "I pirati di Silicon Valley" da "The Social Network" a "Steve Jobs", "in cui qualità e dipendenti vengono sempr'e solo dop'il Dio profitto, qui plasticamente rappresentato da un Michael Keaton in grande spolvero, rilanciato da 'Birdman' e 'Il caso Spotlight', quasi magnetico nel ruolo di questo detestabile personaggio dalla lingua biforcuta e dalla sfacciata perseveranza, emblema del successo d'agguantare costi quel che costi. La cinica e dettagliata sceneggiatura di Robert Siegel ricostruisce la storia del 'fondatore' del 9° brand più famos'al globo, ai più sconosciuta e proprio per questo dannatament'intrigante. Il resto del cast viene tenut'all'ombra del protagonista e a pagarne più di tutti le conseguenze è l'immensa Laura Dern, prima moglie di Croc a cui Hancock e Siegel affidano pochi minuti d'imbarazzato, depressivo ma dirompente silenzio. A pesare sul racconto la mano troppo poco incisiva, nel finale persin'ambigua, d'un regista probabilmente telecomandato da Harvey Weinstein nel soppesare col bilancino qualsiasi possibil'eccesso."
Non condivido "l'immersione nella computer grafica digitale in un cinema ch'è meravigliosa finzion'esposta. Come se l’unico modo per raccontare una presa di coscienza, la maturazion'e la comprensione di sé, passasse per rompere ogni realismo." Qui l'HD sperimental'e metacinematografico è un controsenso per un Ang Lee modesto ma mesto e viceversa, in un compito sufficiente poiché trattato non con sufficienza. Emozionante soprattutto l'epilogo in cui il protagonista dovrà scegliere fra il bellicismo dei connazionali e il ritorn'in Iraq assiem'ai commilitoni. Con un imprevisto, amaro sussulto di disillusione opterà per chi ha più bisogno di lui quale compagno e amico, mentre la sorella Kristen Stewart è di fatto più matura e quindi autonoma. Null'a che spartire con la "war addiction" di Renner in "The Hurt Locker" (2008) della Bigelow.
Un kolossal storico ma fantasy. Incassi ne fa, significa ch'esist'un target pure per 'sta roba. Non saprei cos'altr'aggiungere poiché scorre via così bene che l'ho già dimenticato.
Kurosawa diresse sia in b/n ch'a colori e tematizzò sia la marginalità quotidiana che l'epicità shakespeariana. Nel suo terz'ultimo film, "Sogni" del 1990, la parte di Van Gogh venn'interpretata da Scorsese. "Silence" è un insistito tributo a entrambi quest'aspetti del cineasta nipponico, con l'aggiunta sul versante contenutistico dell'ossessioni da ex-seminarista che hanno dilaniato l'esistenza del 74enne collega italoamericano, ossessioni espresse fin dal suo 2° lungometraggio "Boxcar Bertha" del '72 (cf. la crocifissione di Carradine: https://3.bp.blogspot.com/-SqKsT_TMa_Y/WJceCI450II/AAAAAAAAA2I/kzms8-5Xmnwv6oOaVoG3q7Lym2q7-TxmACLcB/s1600/CARRADINE.jpg). Stavolta Scorsese ha scelto come protagonista Andrew Garfield facendolo passare dal supereroismo di Spider-Man all'imitatio dell'uomo-Dio per affermare che l'abiura/apostasia è sol'apparente, poiché nell'intimo è rimasto, lui e il suo alter-ego onscreen, cristiano: il giudizio divino si fonderebbe non sugl'atti esteriori ma sulla fede(ltà) interiore, non sul corp'e il comportamento ma sullo spirito. Inoltr'affront'in un unico filotto 3 problemi religiosi nettamente distinti e separati: il "silenzio di Dio" nella "teologia della croce" dell'"evangelizzazione missionaria". Un caos (="Ran"?), mentre nel frattempo l'Occidente s'è secolarizzato e dal Vaticano II in poi lo stesso cattolicesimo s'è sempre più apert'al dialogo interreligioso e coi non credenti, la parte atea dell'umanità. Perciò il film risulta datato a prescindere dai quasi 30 ann'impiegati per la sua realizzazione. Dreyeriano nel kierkegaardizzante paradosso teologico ("Ordet - La Parola") e nell'efferatezza del martirio ("La passione di Giovanna d'Arco"), Conrad e Coppola hann'attinto dal medesimo bacino ma con molto men'impeto didascalico se non catechetico. Ed è la pochezza concettuale del film a renderlo incapace d'emozionare. Talment'anacronistico ch'oggi l'oltranzismo/fanatismo/integralismo religioso di "Silence" è riscontrabile solo nell'ISIS (o in Mel Gibson). Almeno spero.
Ho scritto "un esperto", non "una esperta". Ce l'ho con Google News che fra le top news quotidiane ormai tiene costantemente sia la De Filippi sia Paolo Fox.
A volte, spesso, incessantemente, ritornano.