1) "Quello che conta è che a qualcuno viene fatto del male. Diventa un problema religioso" (Nicholas St. John). Dopo la rottura del sodalizio artistico tra Ferrara e il suo sceneggiatore di fiducia, era lecito aspettarsi pure la conclusione dell'analisi critica nei confronti del cristianesimo. Invece Abel l'ha proseguita almeno sin'a "Mary" (2005), passando per la vertiginosa riflessione teologica di "New Rose Hotel" (1998) degna della "Teodrammatica" vonbalthasariana: s'è marcio l'Amore dello Spirito (Asia Argento) che lega Padre e Figlio nella chiave affettiva e non ontologica agostiniana, allora sono marci e auto-eterodistruttivi anche l'Amante (Walken) e l'Amato (Dafoe).
Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Trinity#Trinity_and_love
Poi nel 2011 esce "4:44 Last Day on Earth" e cominciano i film-da ultimo-giorno, che poi non è l'ultimo bensì l'inizio d'una dimensione colma di luce: nel supermarket delle spiritualità Ferrara ha scelto di fare shopping dalle parti della newage in forma buddhista.
2) PPP miglior intellettuale italiano del '900? Magari è vero, il che però significa quanto la presbiopia da "Elephant" sia direttamente proporzionale alla vicinanz'al problema: forse solo da noi si riduce e riconduce la questione cattolica a un foucaltiano dispositivo di potere, una sovrastruttura ideologica dipendente dalla struttura dei rapporti di produzione, dalle tresche del Palazzo, dal "perverso sistema educativo", ecc. Pasolini era engagé e filtrava gl'eventi attraverso l'impegno politico, per lui non c'er'alcuna possibile redenzione diversa da quella non solo atea m'anche materialistica. Intriso di contraddizioni squassanti, si dimostrò mammone al punto da far recitare la madre nel ruolo di Maria ne "Il Vangelo secondo Matteo" (1964) e al contempo fornì la più lucida lettura della tragedia sofoclea riconoscendone l'origine nel complesso di Giocasta e Laio ("Edipo re", 1967). "Io scendo all'inferno e so molte cose che per ora non disturbano la pace degl'altri." Quest'è il punto di convergenza tra Ferrara e Pasolini, dopodiché soltanto differenze.
3) Nell'intervista a Furio Colombo, Dafoe elenca i punti argomentativi col gesto delle 3 dita all'americana, il gesto che nel tarantiniano "Inglourious Basterds" (2009) cost'a Pitt lo smascheramento da parte del nazista della Gestapo. S'insiste nell'incoerenza del narrare la morte della narrazione. Nunzio: "La fine non esiste. Aspettiamo, qualcosa accadrà." E riecco la newage buddhista. Allo sbando.
Sia il tempo (Kronos) che l'eternità (Aion) son'ambivalenti. Invec'il film trancia di netto tal'ambiguità idolatrando l'uno e demonizzando l'altra. Ulteriore, parossistico esempio di pervertimento nichilista dell'utopico in distopico. Vero: esistono scenari religiosi e scientifici, spirituali e cosmologici a sostegno di tale dualismo oltranzista: l'"eterno ritorno" dallo Zoroastrismo al Big Bunch prospettano Aion com'il peggiore dei mali. Ma spacciare alcuni scenari come gl'unici possibili è malafede ideologica della peggior specie, quella studiat'a tavolino per diffondere viralmente un atteggiament'arrendevole, rinunciatario, passivo, acquiescente, rassegnato. Adesso sappiamo per certo che pure la Marvel sied'a tale famigerato tavolino.
"Non aspettatevi un film eccezionale o rivoluzionario, bensì tanta tradizione e tanto piacere per gli occhi." Esattament'al contrario, penso sia il miglior film nella storia della Disney. In apparenza non sembrava volerci molto: bastav'abiurare l'ideologia ultraconservatrice di Walt & Co. La rivoluzion'è giunta, ancora con qualche difetto ma i pregi sono tanti e tali ch'è impossibile sottovalutarli. L'alba d'una nuova scintilla per la multinazionale statunitense.
Sulla decodifica del principale sistema di cifratura nazista non esiste solo già il film d'Apted "Enigma" del 2001, ma pure una sfilza di documentari da "History Channel" a "Focus". Tuttavia Tyldum adatta una biografia in cui l'enigma si riferisce a Turing stesso, al suo test per cercare di distinguer'il pensier'umano da quell'artificial'e al suo specifico problema di dar valore alla sfuggente diversità della mente d'ogni singolo individuo(*). Ciò fornirebbe una plausibile spiegazione alla diegesi non lineare, una storia raccontata su tre piani cronologici che rendon'il protagonista un rebus da risolvere. "The Imitation Game" è lo spunto d'inizio del suo articolo pubblicato nel 1950 su "Mind"(**), dove propose il criterio ch'oggi porta il suo (cog)nome, e di nuovo Tyldum l'applic'anzitutto a Turing, il quale fu costretto a imitare la normalità per nascondersi come spia e com'omosessuale. Un'opera insomma i cui vari e disparati elementi alludono sempre a una qualche sfaccettatura del personaggio interpretato da Cumberbatch. Cinema dunque non sperimentale ma nemmeno piattament'e convenzionalmente tradizionalista per compiacers'i favori dell'Academy, anzi mi spingo più in là: è la prima volta che vedo il plot arriagano a puzzle/incastro/mosaico usato non per complicare vicende altrimenti semplicistiche bensì per delineare una soggettività così complessa da esigerlo. Le numerose inesattezze storiche(***) non sminuiscono il fascino intrinseco di questa figura: la reinventano togliendo tanto quant'aggiungono. A es. brillante l'idea d'umanizzare la macchina e sconvolgente la question'etica sollevata dal dirigere la guerra disumanizzando noi, cioè decidendo di vit'e morti sulla base d'algoritmi matematico-statistici. Omess'invece la ginecomastia causata dalla castrazione chimica tramite assunzione d'estrogeni (simil'al Meat Loaf di "Fight Club") e il decesso provocato mangiand'una mela avvelenata con cianuro di potassio sulla falsariga di Biancaneve, fiaba da lui apprezzata sin da bambino. Troppo macchiettistico stile "Rain Man" o il Nash di "A Beautiful Mind"? Ma nel contesto scientifico si potrebbero pescare outsider un po' ovunque, dal Boltzmann osteggiato e suicìd'ai Mendel, Frege, Everett III così ignorat'in vita che per la frustrazione interrupper'o abiurarono i loro studi, dal Cantor afflitto da molteplici disturbi "nervosi" e più volte ricoverato in cliniche psichiatriche a Gödel, altro suicìda per inedia dovut'a ipocondria, fobia e paranoia. Lo script del film fu inserito nella blacklist 2011 delle migliori sceneggiature non prodott'a Hollywood, e difatti con biopic di questo calibro è impossibile steccare. "Forte, trionfante e tragico, il film può essere su un uomo che ha cambiato il mondo, ma è anche sul mondo che ha distrutto un uomo."
(*) "Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare."
(**a) https://academic.oup.com/mind/article/LIX/236/433/986238
(**b) https://www.csee.umbc.edu/courses/471/papers/turing.pdf
(***) https://www.historyvshollywood.com/reelfaces/imitation-game/
Docter ha svolto i compiti a casa: s'è letto il LeDoux di "The Emotional Brain" (1998, tr. it. dello stess'anno: "Il cervello emotivo"), ch'ipotizza 5 emozioni base (paura, amore, odio, rabbia, gioia, cf. https://books.google.com/?id=AxzbAAAACAAJ, nel film cambiat'in Paura, Tristezza, Disgusto, Rabbia, Gioia – Fear, Sadness, Disgust, Anger, Joy), e il Kosslyn di "The Case for Mental Imagery" (2006, cf. https://books.google.com/?id=igi-Z_w38CUC), che rimpiazza la novecentesca panlinguistica teoria della mente con quella dell'immagini mentali, e ciò spiana la strad'a una rappresentazion'iconica dell’attività psichica congeniale all'essere tradotta nel codice cinematografico (per un approfondimento si legga: “Pixar and the Brain Scientists” di Wai Chee Dimock, cf. https://lareviewofbooks.org/essay/pixar-and-the-brain-scientists). Un po' di psicoanalitiches'anglofono non guasta e così c'è pur'il Subconscio ("Unterbewusstsein") invece del termine corretto inconscio ("Unbewussten"). Come diceva nell’81 la pubblicità della Telefunken, "potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci" (https://www.youtube.com/watch?v=S3RuTgdhk3A), e difatti le 5 emozioni sono state antropomorfizzate in maniera particolare: Gioia ha le sembianze d'una stella, Tristezza ricord'una lacrima, Rabbia è un vivido fuoco, Paura assomigli'a un nervo e Disgusto a un broccolo. La sintesi conclusiva fra Gioia e Tristezza è anticipata dal colore blu, quello di Sadness, dei capelli di Joy, ma l’intera pellicola è un tripudio di fantasia ipercromatic'al potere (si pensi alla scena del Pensier'Astratto con riferimenti a Picasso, Kandisky/Kandinskij e Miró). Un'idea analoga era già venuta a Woody Allen nel 7° episodio del suo lavoro del ’72 e ai Farrelly d''"Osmosis Jones" nel 2001. Tuttavia la 15a produzione Pixar-Disney non si discosta dalla sua consuet'ideologia conformistica, reazionaria e distopica: l'immaginazione apparentemente sfrenata è al contrario sottomess'a rigidissimi vincoli contenutistici. Non sia mai che Riley, la protagonista 11enne, abbia il carattere d'una ribelle antifamilista, anzi: "Inside Out" gira dall'inizio alla fine attorno alla tabuizzazione di tal'eventualità, adottando qualsiasi espediente pur di censurare un simile scenario. E se deve morir'un personaggio, muore Bing Bong, l'amico immaginario immolato sull'altare d'un immutabile realismo. Nessun timore: roba del genere attecchisce sol'in cervelli già predisposti all'accondiscendenza verso lo status quo.
Quas'un sequel di Macbeth per regista, cast & location (Kurzel, Fassbender, Cotillard, confine del Basso Medioevo). Protagonista che s'autoproduce in versione Magneto con cappuccio, lame alla Wolverine, abilità da parkour, innesto epidurale per realtà simulata alla Matrix e Divergent/Allegiant. Becera storia di conflitto tra fondamentalisti cristiani e setta gnostica ofitica: in base a quale crisi di demenza dovrei parteggiare per uno dei due? Fotografia e struttura del racconto tant'incasinanti da ostacolare la fruizione del film, e forse son'addirittura volute per celare la derivatività d'un cinegame ch'avrà pure l'Animus ma nessun'anima.
Al di sotto della peggior puntata d'un programma televisivo di Giacobbo, il punto più basso della carriera registica di Ron Howard, il quale aveva saputo dimostrare capacità anche più che discrete. "Insensatamente frenetico e del tutto superficiale, Inferno spedisce la trilogia di Robert Langdon nell'involuta spirale d'un nuovo minimo". Flop nel Nord America (34 milloni di dollari), mentr'i Paesi sudditi hanno gradito (oltre 185 milioni). 4.5/10 su Rotten Tomatoes, 4.2/10 su Metacritic: maniche larghe.
Replica straritardataria al "Good Will Hunting" interpretato dall'amicone Matt Damon nel '97. Il tema dell'"ipercalculia" (appen'una decina di ricorrenze su Google, circa 225 per il corrispettiv'inglese "hypercalculia", nessuna voce dedicatale su Pedia.it o .en) era già ben illustrato nell'antesignano "Rain Man" dell'88, e di recente è stato trattato fin'all'abuso in "Safe" (2012) con Jason Statham, nel quasi-biopic "X+Y" (2014) e nel paio di film dedicati a Ramanujan, l'omonimo del 2014 e "L'uomo che vide l'infinito" del 2015. Direi che possa bastare per qualche lustro, anzi no: il franchise ha colt'il trend e ne sta creand'un filone.
Leggo un po' ovunque che l'indecisione registic'a dare alla gangster story un taglio preciso purchessia, epico, intimista, sociale, metaforico, sia stata salvat'in corner dal ritorno di Depp a un ruol'impegnato dopo la sin troppo lunga parentesi fra cose disneyane, burtoniane, improbabili commedie, ecc. Eppure, se il suo James "Whitey" Bulger non si dimentica è ancora per il mascheramento eccessivo, il makeup innaturale, le lenti a contatto azzurre, il naso e i capelli posticci da pasticciaccio in cui a far'il monaco sarebbe sufficiente l'abito e non i connotati psico-caratteriali. Così predomina "l'attore sul personaggio, l'interpretazione sulla finzione". Sono stati condotti anche troppi raffronti cogl'affreschi di Mann, Scorsese, Coppola, De Palma, Leone, "I Soprano". Mi limiterei al Depp di Dillinger che nel 2009 Mann rappresentò come moderno Robin Hood anticapitalista, e al "Fratelli" (1996) d'Abel Ferrara con le sue riflessioni vertiginose, mentre qui latitano entrambi gl'aspetti. Scott Cooper è un filmmaker "classico, minimalista, lontano da fronzoli autoriali", che forse si trova più a suo agio e dà il meglio di sé con plot e script in sintonia col proprio universo poetico (il dignitoso "Crazy Heart" del 2009), e invece si perde nella magniloquenza hollywoodiana d'un biopic mirante al blockbuster per lunghezza (123 minuti) e costi (53 milioni di dollari). Cast stellare con Joel Edgerton, Dakota Johnson, Peter Sarsgaard, Kevin Bacon, Benedict Cumberbatch sostanzialmente sottutilizzati quanto Depp.
Narrando le vicende/vicissitudini di due protagonisti legati da un destino di reciprocità, "Unbreakable" descrive con esemplare chiarezza l'idea d'un disastroso equilibrio cosmico fra guadagni e perdite. David Dunn ed Elijah Price sono, loro malgrado, l'opposto e il completamento l'uno dell'altro secondo una superiore e vessatoria legge universale di compensazione. Entrambi scoprono di trovarsi ai poli antitetici lungo il medesimo asse, perciò se a Willis è concesso il potere della (quasi) invulnerabilità e della chiaroveggenza, che lo consacra a una sorte da paladino della Giustizia, viceversa Jackson presenta una patologia che ne rende la massa scheletrica estremamente fragile, mentre la sua volontà è oltremodo salda e solida nel perseguire l'obiettivo prefissato a scapito di centinaia di vittime. Tuttavia il dono infuso a Dunn è soltanto apparente, poiché egl'incarna un "supereroe" incapace di gestire la propria vita e dall'interiorità forse più precaria delle ossa de "L'Uomo di Vetro": un semidio che per giunta nulla può retroattivamente contro le stragi perpetrate dall'amico/rivale, riuscend'a malapena nel limitare i danni delle sciagure senza però potervi porre un vero rimedio. Nonostante la coppia white & black arrivi a giudicare se stessa e ogn'altra cosa dalla corretta prospettiva, quella di cui sarebbero capaci i bambini (cfr. le inquadrature capovolte), il chiarificatorio raffronto conclusivo sembrerebbe tra loser accomunati da un'identica tar'ancestrale: così diversi nei rispettivi ruoli, così simili nell'impotenza di fronte a un Destino tutt'altro che proverbialmente cieco. A ben vedere, infatti, il convergere fra la gravosa missione intrapresa da Dunn e la ragione dei barbari eccidi commessi per un lucido scopo da Price lascia il campo aperto all'ipotesi che valori positivi e negativi quantomeno si bilancino nella patta d'una somma zero, come farebbe altresì intendere la netta posizione della moglie Audrey contr'i giochi senz'esclusione di colpi. Film dai contenuti di notevole portata, benché in parte offuscati dalla solita faziosa visuale registica sui putèi. Prendendo atto che per una volta Shyamalan non ha divagato in riflessioni buoniste o da bignami di psicologia, è comunque oro che cola.
Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Trinity#Trinity_and_love
Poi nel 2011 esce "4:44 Last Day on Earth" e cominciano i film-da ultimo-giorno, che poi non è l'ultimo bensì l'inizio d'una dimensione colma di luce: nel supermarket delle spiritualità Ferrara ha scelto di fare shopping dalle parti della newage in forma buddhista.
2) PPP miglior intellettuale italiano del '900? Magari è vero, il che però significa quanto la presbiopia da "Elephant" sia direttamente proporzionale alla vicinanz'al problema: forse solo da noi si riduce e riconduce la questione cattolica a un foucaltiano dispositivo di potere, una sovrastruttura ideologica dipendente dalla struttura dei rapporti di produzione, dalle tresche del Palazzo, dal "perverso sistema educativo", ecc. Pasolini era engagé e filtrava gl'eventi attraverso l'impegno politico, per lui non c'er'alcuna possibile redenzione diversa da quella non solo atea m'anche materialistica. Intriso di contraddizioni squassanti, si dimostrò mammone al punto da far recitare la madre nel ruolo di Maria ne "Il Vangelo secondo Matteo" (1964) e al contempo fornì la più lucida lettura della tragedia sofoclea riconoscendone l'origine nel complesso di Giocasta e Laio ("Edipo re", 1967). "Io scendo all'inferno e so molte cose che per ora non disturbano la pace degl'altri." Quest'è il punto di convergenza tra Ferrara e Pasolini, dopodiché soltanto differenze.
3) Nell'intervista a Furio Colombo, Dafoe elenca i punti argomentativi col gesto delle 3 dita all'americana, il gesto che nel tarantiniano "Inglourious Basterds" (2009) cost'a Pitt lo smascheramento da parte del nazista della Gestapo. S'insiste nell'incoerenza del narrare la morte della narrazione. Nunzio: "La fine non esiste. Aspettiamo, qualcosa accadrà." E riecco la newage buddhista. Allo sbando.
(*) "Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare."
(**a) https://academic.oup.com/mind/article/LIX/236/433/986238
(**b) https://www.csee.umbc.edu/courses/471/papers/turing.pdf
(***) https://www.historyvshollywood.com/reelfaces/imitation-game/
In collaborazione con Davide Schiavoni