Mauro Lanari

Nella pagina del Film The founder di John Lee Hancock
"The American Dream" com'incubo, un biopic sul capitalismo moderno, fra l'epoca de "Il Petroliere" e "Citizen Kane" e quell'odierna de "I pirati di Silicon Valley" da "The Social Network" a "Steve Jobs", "in cui qualità e dipendenti vengono sempr'e solo dop'il Dio profitto, qui plasticamente rappresentato da un Michael Keaton in grande spolvero, rilanciato da 'Birdman' e 'Il caso Spotlight', quasi magnetico nel ruolo di questo detestabile personaggio dalla lingua biforcuta e dalla sfacciata perseveranza, emblema del successo d'agguantare costi quel che costi. La cinica e dettagliata sceneggiatura di Robert Siegel ricostruisce la storia del 'fondatore' del 9° brand più famos'al globo, ai più sconosciuta e proprio per questo dannatament'intrigante. Il resto del cast viene tenut'all'ombra del protagonista e a pagarne più di tutti le conseguenze è l'immensa Laura Dern, prima moglie di Croc a cui Hancock e Siegel affidano pochi minuti d'imbarazzato, depressivo ma dirompente silenzio. A pesare sul racconto la mano troppo poco incisiva, nel finale persin'ambigua, d'un regista probabilmente telecomandato da Harvey Weinstein nel soppesare col bilancino qualsiasi possibil'eccesso."
7 anni e 9 mesi fa
Nella pagina del Film Life - Non oltrepassare il limite di Daniel Espinosa
"Da quel ch'ho capito il solito alieno cattivo, è già un buon motivo per starsene a casa e aspettare, molto poco, ch'arrivi in TV o in affitto." "Molto, molto poco. Aspettare semmai ch'arriv'in soffitta."
7 anni e 8 mesi fa
Nella pagina del Film Moonlight di Barry Jenkins
Circa l'universal'enigma identitario, il film si disinteress'a essere portavoce di tutti e ancor più a proporre uno straccio di risposta, limitandosi a concentrarsi per autosegregazione sulla specifica presa di coscienza da parte del protagonist'appartenente alla comunità nera e LGBT. "Diventa ciò che vuoi", "scoprì ciò che sei", quelle cosette che rinvian'all'incisione di Solone, uno dei 7 savi, sul tempio d'Apollo a Delfi tra la fine del VII e il VI secolo a.C.; m'avendo un cast all-black e il personaggio principale (forse) gày, allora vince l'Oscar come miglior film dell'anno. Ringraziate Trump. Comunque si salv'il finale aperto.
7 anni e 8 mesi fa
Nella pagina del Film Baywatch di Seth Gordon
Hanno perso l'occasione per inserirvi la battuta più conson'al caso: "You sun of beach". Tanto per (ri)dire.
6 anni e 10 mesi fa
Nella pagina del Film Baby Driver - Il genio della fuga di Edgar Wright
Nella Trilogia del Cornetto, più il soggetto diventava banal'e conformista e più Wright controbilanciava con una sceneggiatura scoppiettante di trovate. Qui lo script giunge al vuoto pneumatico mentr'il copione sgomm'a ogni singola scena. Sarebbe un heist film splendidamente confezionato ma senza contenuti sostanziali se non fosse per il finale romantico che lo trasforma in un feel-good movie quasi fuori tempo massimo.
2 anni e 12 mesi fa
Nella pagina del Film Non c'è campo di Federico Moccia
Non c'è (s)campo.
6 anni e 9 mesi fa
Nella pagina del Film Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà di Ken Loach
Rispetto alla situazione odierna, immagino che il marxism'ortodosso di Loach sia inattual'e bisognoso d'un profondo aggiornamento. Però alcuni cardini non sono mutati: 1) "Ritiro l'offerta, Padre. Lei ascolta [nel confessionale], ma soltanto quando siamo in ginocchio" ("I take it back, Father. You do listen [in the confessional], but only when we're on our knees." Nel 2° dopoguerra Bloch avrebbe chiamato questa strenua difesa della dignità umana "l'ortopedia del camminare eretti" ("the orthopedics of the upright posture"); 2) agghiacciante pure la frase del capitalista, convinto d'essere l'unico vero benefattore dell'umanità grazie alla sua filantropia.
2 anni e 11 mesi fa
Nella pagina del Film La musica del silenzio di Michael Radford
Biopic internazionale (su Bocelli) che sembra un film TV, tuttavia è quasi decente.
6 anni e 5 mesi fa
Nella pagina del Film Orecchie di Alessandro Aronadio
Camus, Kafka, Beckett, rimandi al cinema d'avanguardia (tipo Manuli) e poi, mentre l'inquadratura s'allarga minuto dopo minuto a simboleggiare l'apertura nei confronti degl'altri e della loro diversità, un pre-finale degno d'un "Don Matteo". La conclusione resta aperta, m'a quel punto è troppo tardi e l'equivocità regna sovrana. Col successivo film ("Io c'è", 2018), Aronadio sfocerà in una commedia che non s'azzard'a pungere.
5 anni e 10 mesi fa
Nella pagina del Film Snowden di Oliver Stone
Quanto ripreso da "Citizenfour" durant'il giugno 2013 nella stanza del Mira Hotel a Hong Hong fu solo la verità relativ'a quella data e secondo quegli specifici 4 soggetti (Snowden, Poitras, Greenwald e MacAskill). Il nuovo film di Stone ha scarsissimi meriti, fra cui il dilungars'in un profluvio d'aneddoti che reinquadrano l'"affaire" in uno scenario a dir poco diverso. Il protagonista n'esce completamente ridefinito anche contro le stesse volontà del regista, intento a sfornare il suo consueto e consunto logorroico pamphlet propagandistico ostile al proprio Paese. Snowden viene soprannominato "Snow White" d'amici e coetanei colleghi di lavoro: nel "paradiso dei nerd" si scopre né eroico patriota né esecrabile spia, bensì un ingenuo per nulla innocente, un superficiale abilissimo smanettone, un "idiot savant" con dell'eccezionali abilità iperspecialistiche controbilanciate da una paritetica colossal'incapacità di capire cosa significhi l'aver accettato d'arruolarsi per entrare nelle forze speciali statunitensi e poi l'aver assunto degl'incarichi di profilo sempre più elevato nella CIA e nell'NSA. Non è lì per caso e non è per caso che scopre le magagne dell'agenzie di spionaggio e controspionaggio USA: n'è coinvolt'in prima persona, il micidiale programma "Epic Shelter"/"Heartbeat" è opera sua, però decide d'illudersi sul suo utilizzo precipitando dalle nuvole quando ne scopr'il vero scopo. Allora il problema diventa sapere quanto 'sta genìa di matricole avvezz'al mondo virtuale sia ancor'in grado di distinguerlo dal mondo reale. E Snowden manc'appartiene alla generazione dei nativi digitali, è ancora un semplice "millenial". Come se ciò già non bastasse a ridimensionarne la figura della presunt'anima bella ("schöne Seele") incolpevolment'ingannata, Stone ci mostra suo malgrado ch'oggi la priorità consiste non nella sbandierat'opposizione fra security e privacy, lott'al terrorismo e difesa dei diritti civili, ma nel "cyberwarfare", una guerra cibernetica condotta tramite tecnologie elettroniche, informatiche e dei sistemi di telecomunicazione capaci di collassare qualsiasi sistema sociale, politico, economico, energetico ormai basantesi sulla digitalizzazione dei dati gestionali e decisionali. L'unica prevenzione possibile è la "partita patta da guerra fredda" fra le superpotenze, in primis Cina, Russia e appunto Stati Uniti. Soltanto manifestand'il deterrente d'un'identica capacità d'attacco & difesa può proseguire una vita in regime di "pace armata", e ciò mi pare più il male minore ch'un gesto criminale. Ulteriori considerazioni prettamente filmiche: selvaggio "miscasting" dove coesistono Wilkinson e uno straniante "Spock", Nicolas Cage denaftalinizzato e la coppia Joseph Gordon-Levitt + Shailene Woodley. Gordon-Levitt è troppo preso dallo sfoggio delle proprie qualità recitative per sembrare uno Snowden credibile, e il raffronto finale fra lui scaltro disinvolto e l'originale impacciato occhialuto è impietoso. La Woodley ha l'urgenza di scrollarsi di dosso l'aura adolescenziale d'eroina romantica e angelicata impostagli dal ruolo di Beatrice "Tris" Prior e, nel cercare d’essere un sex symbol arrapato e arrapante (cf. la Katrina "Kat" Connor di "White Bird in a Blizzard", 2014), si fa riprendere sempr’in tiro anche quando dorme, così che pure per lei è impietoso il raffronto finale con la sobria naturalezza di Lindsay Mills. "Snowden" è prolisso e didascalico a scapito dell’emotività: lo si segue per voglia d’informazioni, non certo per il tasso d’appassionante coinvolgimento.
7 anni e 12 mesi fa