Mauro Lanari

Le asperità dell'immigrazione dissolte col buonismo alla Kaurismaki e, soprattutto, con la gnocca d'un film di Pieraccioni.

Scomoda lo Scola di "Brùtti, spòrchi e cattìvi" e il Kubrick di "Shining" per un racconto "nebuloso e caotico" che non azzarda alcun affondo.

Chi foss'interessato a un Depp seriamente coinvolto in un film su magia e occultismo, può tornare a una ventina d'anni fa per guardarsi "La nona porta" di Polański (1999), magari rivalutandolo. Altrimenti c'è questo merchandising interminabile d'una straricca e annoiata che, esaurite le cartucce creative, delega fantasia e immaginazione ai tecnici della CGI, riesuma il dilemma "le minoranze devono rivendicare i propri diritti con la violenza o no?", originale quanto l'intera serie degl'X-Men basata sullo scontro fra Charles Xavier e Magneto e quant'alcuni episodi del MCU, rimpolpa il vuoto reclutand'il massimo numero di div'in circolazione.

Copia della copia della copia, saga fantasy, futurista e distopica per young adults ch'arriva a mercato saturo e filone esaurito: tra i peggiori e più meritati flop di critica e botteghino del 2018.

Tornate ai vostri giocattolini e lasciate liberi i cinema, grazie.

Parte con l'impeto d'un Ferreri acido e irriverente, poi strada facendo Aronadìo si perde quas'impaurito da se stesso e dalla sua ambizione, proprio com'il protagonista.

141 milioni di dollari guadagnati e un A+ su CinemaScore per un film nero sull'amicizia femminile dall'umorismo grossolano, dozzinale, disgustoso e ripugnante. Più un lacrimevole predicozzo alla fine.

Spassoso: Mark Mothersbaugh, l'ex leader dei DEVO, dichiarò in un'intervista ch'avrebbe migliorat'il mondo con le sue soundrack, e qui, col supporto dell'olandese dj Tiësto, vinc'il male grazie al trittico "Good Vibrations", "Don't Worry Be Happy", "Macarena (River Re-Mix)". È la parte men'indecente di questo cartone animato che sennò è incredibilmente povero d'idee. Second'i voti disaggregati su IMDb, è piaciuto alla follia soltanto alle minorenni (https://www.imdb.com/title/tt5220122/ratings).

Gli dovrebbero insegnare a non confonder'il dramma col melodramma ("Melodrammore", Maurizio Costanzo, 1978).

Privo delle raffinatezze ch'esondano nella trilogia di Sibilia, Silvestrini è più semplice e proprio per questo più efficace sia nel coinvolgimento emotivo che nella profondità del messaggio. Meno stile e più contenuto: non è trendy, insomma, ed è il suo maggior merito.