Il peggiore di Faenza, il suo personale record negativo: ci s'impegna o gli viene spontaneo scender'ogni volt'a livelli sempre più subtelevisivi? Lo distribuisse su Snapchat, almeno sopravvive solo 24 h.
Tre livelli narrativi e nemmeno uno valido. "Chiaro atto d'accusa contr'il tradimento e l'abbandono, quello portato in sala da Tom Ford, elegante dal punto di vista registico ma gratuitamente compiaciuto nel portar'a compimento la tremenda e feroce doppia vendetta dei vari 'animali notturni' del titolo". "Insopportabilmente crudel'e cinico".
Due film sulla problematicità del rapporto genitori-figli, non è cert'un caso. Ma se "Bad Words" (2013) funzionava poiché caustico, politicamente scorretto e naturalmente acerbo, invece questo successivo "La famiglia Fang" dà l'idea ch'il regist'abbia voluto fare l'antifamiliarista non disponendo d'adeguati competenze o interessi. Perché appesantir'il film con disquisizioni più seriose che serie circa l'art'e i suoi limiti, con tanto d'interviste ai protagonisti negl'extra del dvd? E soprattutto: che significa "I genitori rovinano i bambini"? Solo sul piano psicosocioeducativo, in cui magari possono darsi percorsi migliori degl'altri, oppur'ancor prima su quell'ontologico/eventologico ("Born, never asked"?). La risposta l'ha fornita lui stesso in un'intervista: il riferimento è al semplice universale processo di deidealizzazione conseguente lo svezzamento. Nient'altro. Bateman sarà sincero ma pur'ingenuo. Gli s'addice meglio la "greve leggerezza" della "black comedy" spassosa e irriverente, mentre stavolta ha compiut'il passo più lungo della gamba e s'è infilat'in un discorso più grande di lui.
Mauro Lanari e Davide Schiavoni
"Durante gl'anni trascorsi alla New York University, Shyamalan ha seguìto corsi di psicologia in cui è stato discuss'il tema del Disturbo dissociativo d'identità (DDI), e ha conservato gl'appunti sulle teorie della diagnosi." "Si ritiene ch'alcune di quest'identità possano anche manifestarsi con attributi fisici unici per ogni singola personalità, un prisma cognitivo e fisiologico all'interno d'un unico essere." "Prendo qualcosa in cui si crede e lo spingo oltre. Col DDI, ogni personalità individuale crede d'essere ciò che è, al 100%. Se una personalità crede d'aver'il diabete o il colesterolo alto, può il loro corpo cambiare chimicamente? In questo momento l’argomento è oggetto di discussione in tutt'il mondo, ma credo che sia un dato di fatto. E che succede se una personalità crede d'avere dei poteri sovrannaturali? Come sarebbe?" La risposta "chi se ne frega" non dev'averlo sfiorato affatto, così com'i discorsi deliranti espress'in videoconferenza dalla psichiatra al congresso scientifico parigino che reagisce con scettismo e perplessità. "Proprio ciò che rende più vulnerabile è esattamente ciò che trae in salvo; la sofferenza quale catalizzatore di vita, dunque rimedio alla morte." A parte ch'è un'apologia del dolorismo, tecnicamente una "patodicea"; e poi: rimedio a cosa? 'Sto regista s'è inventato la formuletta del "twist finale", un'idiozia poiché vanifica l'intero plot e, quand'irromp'il conclusivo ribaltamento prospettico, non c'è più ragione per riveder'il film. Sol'una volta ha utilizzato tal'invenzione per un contenuto di spessore, in "Unbreakable" qui citato nell'ultima scena.
"Credo sempre nell’emozione: è per questo funziona”, m'anche no. Zemeckis e Knight hanno voluto rifarsi a "Casablanca" 75 anni dopo, con 3/4 di secolo di ritardo, senza ragione. Pure lo smascheramento della Cotillard al pianoforte dà l'idea d'un omaggio al "Play it, Sam" della Bergman (https://www.youtube.com/watch?v=7vThuwa5RZU) e di Bogart (https://www.youtube.com/watch?v=bAlzmRjixr0), così com'il finale fra gl'aeroplani fermi a terra, il tema del doppiogiochismo, l'importanza delle missive, il sogno d'una Francia liberata e i richiami alla sua capitale ("Avremo sempre Parigi"). Un'"operazione nostalgia" che regista & sceneggiatore si son sentit'in obbligo di fare, ma con un melò talmente eccessivo e laccato da risultare straniante, per nulla coinvolgente. C'è chi ha lodato almeno l'abilità per scene tipo quella d'apertura, ma è quas'identica all'incipit di "Forrest Gump", vecchio d'oltre 20 anni pure quello. Incomprensibile.
Fra il romanticismo e il nichilismo irrazionali degl'ultimi 3 film, Allen recuper'un equilibrio umorale che lo riconsegn'alla sua agrodolce ambivalenza. Nel tripudio critico per la classicità ritrovata (un comfort da poetica dell'eterno ritorno, punto fermo nei marasmi della vita cinematografica e non), le sparute stroncature di chi non sottoscrive quest'ottuagenaria arrendevolezza: "Allen par'aver rinunciato su virtualmente tutt'i fronti. S'è arreso ai venti dominanti unendosi al novero del socialmente conformista e soddisfatto di sé." Ossia piac'e non piace per l'identica ragione: "per l’immaginario rassicurante, in cui ci si sente com'a casa”. Guai a esigere altro, soprattutto in momenti storici come l'attuale. "Quarantasettesimo film firmato da Woody Allen, e non dite che fa sempre lo stesso film". "Remake d'un remake d'un remake dove cambia solo la location o gl'attori, ma i discorsi, il sarcasmo e l'ironia sono sempre gli stessi e sugli stessi argomenti". "C’è molto poco di memorabile nei personaggi e negl'eventi di 'Cafè Society', [...] eppure l’atmosfera data dalle luci sempre cangianti di Storaro, il soffice mond'al tramonto in cui sembrano sempre muoversi e quel senso di malinconia infuso dalla mess'in scena sono realmente indimenticabili". "Cinema come manovra di stile – di scrittura, di fotografia, di recitazione, di taglio e cucito – che non risolve nulla ma mette di buon umore, coinvolge con levità, è divertente, a tratti con vero pathos e vera bellezza. Non sembra un’ottima scelta per chi ha pretese ipercritiche, lo è per frequentar'un mondo e un autore che si ama poiché non ha idee al di fuori del proprio immaginario". Godibile se ci s'accontenta, noiosamente ripetitivo per chi os'ancora pretendere di più, di meglio, di nuovo.
La Thompson e Gleeson son'attori così caratterizzati come "smart British woman" e "man of the working class in an Irish pub", e qui risultano talmente credibili qual esempio di devoto e dolente amore anziano, ch'il film non dà mai l'impressione d'esser'ambientato a Berlino nel 1940 e ancor meno d'avere per tema la resistenz'intern'al totalitarimo nazista. Un difetto intrascurabile per l'ennesima trasposizione cinematografica del romanzo "Ognuno muore solo" di Hans Fallada, e poco possono i comprimari a cominciare da Brühl. Dunque un'opera godibil'e persin'appassionante, ma del tutto fuori contesto. Decidete voi s'il bicchiere è più mezzo pien'o mezzo vuoto.
Una storia per raccontare la Storia, ma il soggetto, seppur important'e cinematograficament'inedito, si può già leggere sulla Treccani online, e lo script è terribile, non solo per lo stile televisivo, ma perché Pif non azzecc'un ritmo, una scena, un tono, una battuta, un personaggio dell'argomento ch'affronta da due film. Temo sia un piacione che piace proprio a quell'Italia ch'egli dice di voler denunciare. Beningni, Chaplin, "Forrest Gump", "L'idiòta" dostoevskijano, il "Candide" di Voltaire: dove, come, quando, cosa, perché? Ripartire dai fondamentali del giornalismo come lui dai fondamentali della 7a arte. La dedic'a Scola è un insulto.
"Se siete genitori, vi distruggerà": l'unica notizia buona del film. "Arrival is based on a story about love, time and language". Premesso che per dire volemose ben'e facciamo bambini non c'era bisogno di tirar fuori extraterrestri & astronavi; premesso che Villeneuve s'avvale d'una struttura non lineare come riflesso di coscienze che percepirebbero sempr'i medesimi eventi della tragedia cosmica ma in simultanea second'una logica e una temporalità circolari (che cùlo); premesso che la teoria psicolinguistica di Sapir-Whorf forse saprebbe prender'in esame i "logogrammi semasiografici ologrammatici" [sic] degl'eptapodi, però non la comunicazione non verbale (CNV) ch'essi instaurano con la Adams; premesso ch'un "non-zero-sum game" indica sol'un gioco con risultato diverso da zero, quindi non necessariamente positivo m'anzi pure negativo; in breve la storia è "un'insalata di calamaroni alieni che mette nero su bianco le regole del loro linguaggio inconsueto (simile ai richiami tra balene) inchiostrand'il loro ovetto kinder spaziale. Buona meditazion'emotiva".
"An-archico" significa "senza capo", senza "primus inter pares", senza comando dall'alto ("top-down"), senza governo verticistico, organigrammatico, piramidale. Invece Noam Chomsky e il Ben Cash di Mortensen hanno 3 e 6 figli, cioè sono dei capifamiglia, dunque "Captain Fantastic" affronta "temi stimolanti" ("thought-provoking themes") giusto per la delirante contraddittorietà dei presupposti. E siccom'il film potrebbe ancor'essere un minimo destabilizzante, se n'azzer'il sé-dicente potenzial'esplosivo tranquillizzando l'incompetenza ideologica del pubblico indie, mainstream e festivaliero (ha vinto a Cannes la sezione "Un Certain Regard" per la miglior regia) con l'accomodante resa finale. "Utopia dei nostagic'idealisti"? L'immaginazione al podere.
Nello specifico, è da una vita che si ripet'il tentativo di sostituir'i genitori con la comunità e l'affido collettivistico. L'esito è stato diametralment'oppost'alle aspettative: il familiarismo è così dilagato da far nascere le nuove "famigli'estese o allargate", dov'i putèi si trovano con almeno due coppie genitoriali e chissà quant'altre imbàstardite relazioni fra i legami biologici coi consanguinei e i non biologici con quell'acquisiti.
Mauro Lanari e Davide Schiavoni
Nello specifico, è da una vita che si ripet'il tentativo di sostituir'i genitori con la comunità e l'affido collettivistico. L'esito è stato diametralment'oppost'alle aspettative: il familiarismo è così dilagato da far nascere le nuove "famigli'estese o allargate", dov'i putèi si trovano con almeno due coppie genitoriali e chissà quant'altre imbàstardite relazioni fra i legami biologici coi consanguinei e i non biologici con quell'acquisiti.