Esperienze


Scritto da: Silvia Nelli
in Diario (Esperienze)
Ti rendi conto di essere una donna matura, quando il confronto più difficile e intimo lo hai con te stessa. Quando ti rimproveri e ti ricordi quanto vali. Sei diventata grande quando la tua serenità la difendi a qualunque costo. Quando la tua dignità si colora di orgoglio. L'orgoglio di avercela ancora una dignità in questo mondo consumista e materialista. Sei diventata una donna completa quando saprai bastare a te stessa, quando anche nelle notti più difficili, quelle buie dove la solitudine quasi ti fa affogare in un mare di lacrime non ti viene mai la voglia di regalarti o svenderti per un momento di compagnia. Quando avrai raggiunto tutto questo, avrai la consapevolezza di avercela fatta. È da qui che ha inizio il tuo cammino migliore.
Composto lunedì 28 settembre 2015
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    Scritto da: Silvia Nelli
    in Diario (Esperienze)
    Poi arriva quel giorno in cui è sole pieno fuori e dentro te. All'improvviso è come se ti svegliassi da un lungo sonno. Via le tempeste interiori, la rabbia e il dolore. Via la tristezza e quella maledetta sensazione di sentirsi sbagliate. Via la paura di dire la tua per non perdere le persone. Ecco che sorridi e non te ne frega più un cazzo di niente e di nessuno. Né di chi va e né di chi resta. Non te ne frega se hai ferito, tanto hanno ferito anche te. Non te ne frega se ora vuoi andartene, tanto c'è chi l'ha fatto prima di te. Non te ne frega più niente e capisci che il tuo stare male era proprio il continuare a stare vicino a persone che nella vita cercano ben altro di ciò che cerchi più. E capisci che il lasciare andare a volte equivale al ritrovarsi.
    Composto domenica 27 settembre 2015
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      Scritto da: Silvia Nelli
      in Diario (Esperienze)
      Mi pento di tutto il tempo sprecato con persone inutili che non hanno saputo lasciarmi niente. Mi pento delle lacrime che ho lasciato scendere ogni volta che qualcuno mi feriva senza nemmeno preoccuparsi di ciò che causava. Mi pento dell'amore che ho donato a chi di amore non ne conosce nemmeno il significato, di quei "ti amo" detti con il cuore a chi cuore non ha. Mi pento di non aver saputo valutare meglio coloro a cui ho aperto il cuore permettendoli di spaccarmi in due anche l'anima. Mi pento di aver perdonato, giustificato e tollerato solo per paura. Mi pento di tutto, ma non mi pentirò mai di avere detto "basta" a tutto questo! Di aver imparato a scegliere le strade giuste, di aver imparato a lasciare dietro quelle sbagliate! Non mi pento dei "vaffa" o delle parole dure regalate a chi scrupoli non ha avuto. Non mi pento di aver sofferto, pianto ed esser quasi morta se tutto questo mi ha fatto capire che nella vita non conta chi incontri... ma conta imparare a riconoscere chi è meritevole di restare e chi va lasciato al suo destino. Le scelte si pagano e a volte hanno un prezzo alto. Non mi fa paura farle e non mi spaventa pagarle... quello che conta è che io abbia imparato a non restare dove sono decisamente considerata "niente" quando in realtà sono decisamente "troppo".
      Composto giovedì 24 settembre 2015
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        in Diario (Esperienze)
        Perché arriva un momento che sei stanco di vivere nell'ottica di compiacere chi hai accanto. Perché non sogno la bella casetta e i pargoletti, non sogno il praticello inglese con i fiorellini, non credo e non voglio due cuori e una capanna. Perché odio la routine, la deleteria superficialità dei giorni, delle ore, dei minuti, delle parole di ogni singolo discorso. Perché voglio quello che ho sognato, voglio essere io, voglio essere viva. Non avrei mai pensato di dire che l'egoismo non è poi così da condannare. Chi stabilisce ciò che è giusto o meno? Chi stabilisce che il percorso della vita di una persona debba essere schematizzato sulla base di canoni comuni che si ripetono retorici, anno dopo anno, figlio di questa cultura bigotta e provinciale che accomuna l'esistenza delle persone in un'aura di idilliaca felicità?
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          Scritto da: andysmile
          in Diario (Esperienze)
          Si vede chiaramente, stando in un bar, quanto la gente voglia starci per fare qualcosa di diverso, in un certo modo, essere diversi. Restandoci ti rendi conto che malgrado il loro volere, essi non cambiamo, si adattano e stanno come a casa loro, ma senza doveri. E diventano tristi, come se fossero a casa o rilassati, come se stessero a casa; in un cero modo si sentono coccolati, perché a casa non vengono, accarezzati e sicuramente non impareranno a coccolare, ad espandersi, ad esprimersi, ma si limiteranno al bere un qualcosa con la gente, la solita gente; che è diventata la loro casa. Ma continuano a non accarezzarsi, anzi si giudicano come si giudica se è giusta o meno la punizione o il dovere che si deve fare. Non si accettano ma si rimproverano, e non si sbaglia, si persevera. Siamo diabolicamente umani. Poi esci e vai a casa.
          Composto martedì 29 settembre 2015
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            Scritto da: Silvia Nelli
            in Diario (Esperienze)
            Scusami! Scusami se non sono all'altezza dei tuoi "raffinati" modi "lecca culo". Scusami, se non so fare tanti giri di parole per spiegarti perché non mi piaci, ma sai io sono un libro aperto e basta guardarmi per capire il disgusto che mi susciti. Scusami, se non so fingere relazioni, simpatie e amicizie! Sai, sono solo una "poveretta" che fa del rispetto per se stessa l'ingrediente principale dei suoi rapporti! Scusami, se alle tue parole rispondo con un volgare "vaffa", ma lo preferisco alle tue scuse del cavolo! Scusami se sono schietta, diretta e ho una sola faccia, ma fare l'attrice non è una mia ambizione!
            Composto martedì 22 settembre 2015
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              Scritto da: Giuliana Z.
              in Diario (Esperienze)
              Ma esiste la dignità anche dopo la morte? Di quei corpi senza vita non vorrei più vederne, le immagini sono dure, cruente, tristi, raccapriccianti. Sono messe lì per smuovere la sensibilità di molti? Certo la smuovono, fanno venire la pelle d'oca, ti fanno sentire quel nodo allo stomaco, ribollire il sangue, fanno piangere. Ma credo che anche un corpo senza vita, un corpo senza respiro, un corpo senza battito abbia la propria dignità. È quel rispetto che dovrebbe essere insito in ogni essere vivente, un rispetto che va dato anche dopo la morte. Mostrare quei corpi esanimi scuote, è vero. Mi chiedo quale genitore vorrebbe vedere la foto di un figlio sbattuta nel web. C'è modo e modo. Esiste una decenza umana. Viviamo in una terra dove i media ci mettono al corrente di ciò che accade con una facilità estrema, diventando abitudinari a queste notizie, a questi fatti. Un assillare le menti per poi inculcarci dentro quello che vogliono, ed è così che diveniamo prede di un sistema che ci guida verso altre mete. Il tutto diventa così un'assuefazione che uccide il senso della vita. Uccide la normalità dei nostri giorni. Ci toglie spazio per buttarci dentro ad una massa. Diventiamo persone "non buone" che vanno addestrate, quelle a cui bisogna a tutti i costi far sentire colpevoli della nostra normalità. Attraverso i media vogliono far scuotere le nostre coscienze, come fossimo noi gente comune responsabili di quello che sta accadendo. Ci danno degli ipocriti nascosti dietro l'ignoranza, quindi le foto servono a farci vedere. Ed ora che abbiamo visto non abbiamo più scuse. Certo. Nessuna scusa. A parte il fatto che diventa tutto un gioco politico. Di questo si tratta, non di umanità. Di potere politico. La coscienza ce l'abbiamo tutti è quella che ci fa scegliere fra il bene e il male, ed è quella che ci fa capire. Che ci apre gli occhi al fatto che anche questa volta la foto di un bimbo è stata utilizzata per uno scopo politico. Le guerre ci sono sempre state e sempre ci saranno. I nostri nonni, i nostri genitori le hanno vissute, ancora oggi ci possono raccontare queste realtà. La differenza sta nel fatto che allora non esistevano le fonti di comunicazioni attuali. Io non posso sentirmi responsabile nel momento che ho la consapevolezza che loro, i migranti, prima di intraprendere il viaggio sono bene informati. Sanno che quel tragitto è pericoloso, forse più rischioso del rimanere. Si lo sanno. Quel padre conosceva bene il rischio che affrontava salendo su quella barca e sapeva benissimo che metteva a rischio la vita dei suoi cari. Ne era al corrente. E nel momento che si è al corrente, si ha anche la responsabilità delle scelte fatte (sia ben chiaro dicendo questo non lo sto accusando). Quel piccolo corpicino che ora tutti postano quasi come un loro figlio, di cui il mare ha tolto il respiro, sarebbe stato fra i tanti sconosciuti, colui che mai avremmo visto, mai avremmo conosciuto se non per un caso della vita. Chissà da grande cosa sarebbe diventato? Magari un padre di famiglia, con il suo lavoro da operaio, un dottore in medicina, un avocato, un imprenditore, un cantante, un attore... o magari il nostro vicino che per dignità non avrebbe mai chiesto aiuto! Quel vicino di cui nessuno nei social posta foto, nessuno ne parla, non può far notizia, tutti sanno, ma si finge di non vedere, di non sapere che è anche esso vittima di uno stato sociale, di una guerra silenziosa imposta da una società che corre verso il benessere ma che uccide. Uccide l'animo di chi resta indietro, del più povero o di chi caratterialmente non ha la forza di ribellarsi e allora subisce. Silenziosamente subisce restando invisibile agli occhi di tutti. Ecco perché non condivido quelle immagini.
              Composto giovedì 3 settembre 2015
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                Scritto da: V. Asevschi
                in Diario (Esperienze)
                Perché dovrei dimostrare qualcosa a qualcuno? Per aggregarmi alla moltitudine, trasformarmi in un involucro senza entità e consistenza per tutta l'esistenza finché non divento una carcassa? Con la maschera sul volto e gli occhi spenti, uno fra tanti - ma nessuno - lo sguardo abbassa. Il tempo passa, tutto quel che ho dentro esplode, poi collassa. La notte mi trasporta nel oblio, con il rumore assordante del silenzio, il riflesso della luna nell'acqua bassa del fiume, avvolge tutto di lume. Lo scivolare della ninfea, il sussurro del vento e la sua essenza magica, mi rilassano. Nasce il giorno, rinasce il fracasso della massa. Non annoveratemi tra le fila del vostro esercito di zombie, lasciatemi qui solo! Mi stringono per il collo ma non mi scompongo e non mollo. Svegliatevi non siete schiavi, basta rincorrere quello straccio... sigillate quel girone degli ignavi. Limitate qualcun altro con le vostre catene. Sono stanco di tutte queste scene, appartengono ad un modello di mondo ormai obsoleto, tutti girano nella ruota del criceto. Non posso più vedere il mio ritratto in bianco e nero, voglio incamminarmi verso quel sentiero, arrampicarmi sul rilievo originale, oltrepassare il confine invalicabile. Voglio superare questa banale vita artificiale, voglio l'autenticità e la purezza essenziale che mi facciano estasiare.
                Composto giovedì 24 settembre 2015
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                  in Diario (Esperienze)
                  Guardarti negli occhi, mentre brillano e si rilassano, guardare il tuo viso mentre il tuo corpo si scalda, tra le tue gambe, tra le tue braccia, mi sento tremare e anche un po' timido. Il tuo respiro bollente sul mio collo, il profumo dei tuoi capelli, mi eccitano, e ancor di più quando stringi le gambe sui miei fianchi mi fai sentire al sicuro, e quando ti sento rigida mi ecciti facendomi toccare l'universo oscuro, che si colora ogni volta che fai un respiro, e mi fa capire quanto tu sia dolcemente avvolta dal piacere. Stare dentro di te, dentro il tuo corpo, la tua anima, il tuo cuore, dentro il tuo fiore, nella tua pelle, mi fa sentire il tuo sole, quello che brucia la tua passione, che accende la tua notte, o che riscalda il tuo giorno. Abbracciami ora, stringimi piccola, pochi secondi ed il cuore esplode in tantissimi petali di rose, che solleticano sotto la pelle, unendo i nostri corpi, in una esplosione di autentica passione.
                  Composto domenica 20 settembre 2015
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                    Scritto da: Tania Memoli
                    in Diario (Esperienze)
                    Ho bisogno di ritrovarmi nelle mie parole, nei miei gesti, nella mia spontaneità e soprattutto in quella risata che si è trasformata in un mesto sorriso. Ho bisogno di essere me stessa, di poter contare che i gesti più delle parole vengano compresi, che io possa affidarmi a chi ha cuore sincero e mani che afferrano, occhi che legano, bocca che non taccia mai i suoi sentimenti, che la sua lingua non sia una frusta per le mie parole, che queste possano fondersi in un unico linguaggio e che si traduca in un unica azione: indivisibili.
                    Composto sabato 19 settembre 2015
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