Il piccolo viaggio del dr. Schmidt Nei calcoli, nelle medie, in un turbinio di dati, il dr. Schmidt è morto! Impossibile! Lui era il più preparato, previsioni esatte, calcoli millimetrici, eppure... Il dr. Schmidt è morto! Lo piangono le sue macchine, gli ingranaggi, i monitors, nessuno poteva immaginarselo. Il dr. Schmidt è morto, seppellito in un giardino di silicone, lo vegliano quattro cipressi sintetici, ed era un grand'uomo il dr. Schmidt... Morto suicida, senza saperlo.
A volte sento di non appartenere a questo mondo; l'anima mia vaga senza posa tra deserti vasti e praterie. Il tempo trascorre e vola via senza spazio per i sogni, e scorre sulle mie stagioni ingiallite così come la mia mano su questi versi inutili. Di fronte a me la città illuminata a giorno, nella notte. Le infrastrutture d'acciaio, le auto veloci e scintillanti, come dardi di fuoco, nella notte. Le insegne dei bar, la gente che passa nella sua gelida indifferenza milioni di anime che passano lentamente nella notte. Ma i miei occhi vedono il passo furtivo di un gatto randagio. Ed il mio cuore sente un fiore che sboccia in una piccola aiuola. Forse per questo mi sembra d'essere un poeta.
Parola che nacque in un vomito di sangue Parola che il primo a dirla affogò in essa. Parola sempre in piedi. Parola sempre in marcia. Parola contumace nella modernità. Parola che si pronuncia coi pugni. Parola grande fino a traboccare dai margini dei dizionari. Parola di affetto facile come una curva. Parola di quattro frecce sparate verso i punti cardinali. Così rimase sradicato d'oblio ogni aneddoto su uno dei vertici più remoti del tempo i dolori umani fecero campi di concentramento per intraprendere la strada, verso quale cielo? Ognuno secondo la sua intensità prese un diverso carattere alfabetico e la parola rimase scritta: rivoluzione Poi il sole passando attraverso di essa per sprofondare nella notte accese le sue undici lettere: rivoluzione. E fu la prima insegna luminosa del mondo. Adesso è nell'uomo così come è nell'ossigeno dell'acqua. Campi, città, mari, contano una popolazione nei suoi echi. Ha sottratto lo spazio ai corpi che si dilatano. Ha violenza e distruzione di onda di vento. Penetra nelle anime con una sensualità di aratro. Cartello scritto nello spazio di due braccia erette, alziamolo con la vita.
Corpo felice, acqua tra le mie mani, volto amato dove contemplo il mondo, dove graziosi uccelli si riflettono in fuga, volando alla regione dove nulla si oblia.
La forma che ti veste, di diamante o rubino, brillio di un sole che tra le mie mani abbaglia, cratere che mi attrae con l'intima sua musica, con la chiamata indecifrabile dei denti.
Muoio perché m'avvento, perché voglio morire o vivere nel fuoco, perché quest'aria che spira non mi appartiene, è l'alito rovente che se m'accosto brucia e dora le mie labbra dal profondo.
Lascia, lascia che guardi, infiammato d'amore, mentre la tua purpurea vita mi arrossa il volto, che guardi nel remoto clamore del tuo grembo dove muoio e rinuncio a vivere per sempre.
Voglio amore o la morte, o morire del tutto, voglio essere il tuo sangue, te, la lava ruggente che bagnando frenata estreme membra belle sente così i mirabili confini dell'esistere.
Sentiero di notte con la faccia riempita di botte e la vita ferita nella caccia fantasmi raggiungono orgasmi mi pungono insensibile cuore sentimenti d'orrore spargimenti di rosso improbabile fosso mi hai scavato in mente
solo ombre di notte mi riempiono i sogni di botte.
Guardo fuori dalla finestra piove su Milano un grigiore accomuna case, strade e persone pozzanghere calpestate dai frenetici passi di chi non può fermarsi qualcuno aspetta, impaziente alla fermata poche facce con un sorriso molti isolati dal mondo dalle loro storie dai loro pensieri che la pioggia non riesce a lavare via guardo fuori dalla finestra anch'io come loro sogno posti diversi, una vita diversa anch'io come loro seguo i miei pensieri nella pioggia aspettando un raggio di sole.
Col mio amore scontroso e umido umido di te delle tue labbra carnose di mare m'inoltro viandante d'insolite allegrie per le radici estese dei nostri fiumi neri filamenti incandescenti di aquiloni spirali acuminate contro il muro del tempo che si scioglie su di noi come il miele in un giorno di aprile e di sole.
Notte ingombra mai sazia d'estenuanti arsure notte di pensieri che s'inarcano su altre notti di granitiche assenze raramente da te scalfite quasi sempre fuse nel silenzio incolore e disossato dove io mi lascio ghermire dall'inatteso credere tutto.