in Poesie (Poesie d'Autore)
Fiamme di ghiaccio
Avvolge come la neve,
scalda come il raggio,
brucia come il fuoco,
ferisce come il ghiaccio:
il tuo abbraccio.
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Avvolge come la neve,
scalda come il raggio,
brucia come il fuoco,
ferisce come il ghiaccio:
il tuo abbraccio.
Inchiodati con le dita
sopra l'iceberg della vita,
lo sentiamo come il vento
il trascorrere del tempo.
Ancorati e raffreddati,
siamo fuori ad aspettare
chi ancora ci può amare.
Non vogliamo congelare
e impariamo a navigare
aspettando primavera.
Ci chiediamo poi, dov'era
quell'isola felice
decantata dai poeti.
Se il cuor ancor ci dice
di guardar oltre le stelle,
saran loro, proprio quelle
a condurci nel calore
di un immenso nuovo sole,
che ci scaldi poi le dita
con il raggio della vita.
Pensieri protesi
sul limite esatto
del detto
e non fatto.
Pensieri annebbiati
da giorni passati,
su campi già arati
e non più seminati.
Pensieri lasciati
tra fatti ed impegni:
ci provi e li spegni,
col soffio del vento.
Ci provo e poi mento
perché vedo e sento
la trama di luce
e l'idea che conduce
al di là di quel sogno
di cui avverto il bisogno.
Castagne sul fuoco,
messe per gioco,
non sono sbucciate,
ma solo appoggiate
sui ricordi di ieri.
Non son sempre veri
quei dispiaceri,
a volte conditi
da giusti misteri,
a volte contesi
tra cuore e ragione.
Castagne marrone
dure e gustose,
sempre festose,
bruciate sul fuoco
ma messe per gioco.
Senza colore
appare la luce,
scolpita nell'acqua
che il fiume conduce
lontano nel tempo.
Disegno un momento
chiedendo il commento
del pioppo bianco,
un amico mai stanco
di ascoltare
chi è pronto ad amare
e nel freddo sognare.
Tu senti, tu vedi
e senza colori procedi
sereno e tranquillo,
stampando confini
in orizzonti vicini;
insegui la luce
dal sole donata,
come un cuore rivive
una gioia passata.
Ancora ti chiamo:
non spezzo quel ramo,
la foglia è caduta,
la stagione finita, goduta,
ma non certo perduta
la linfa infinita
che scorre felice
da cima a radice.
Alimento di vita
che unisce
quel dentro
e che non capisce
le nostre ragioni.
Segue il suo corso
quel legame sottile
e dà vita e vigore
al nostro sentire.
Aspetta che il raggio
buchi la nebbia
per dal luce
al miraggio
che insegue l'oblio,
ti chiamo: son io.
Oltre il velo
con lo zelo
di un pittore
che dipinge
l'orizzonte
ho di fronte
un altro io,
che dal velo
si intravede.
Non ci crede
la mia mente
che procede
tra le rime indefinite,
non esistono due vite,
ma una sola aspettativa.
La speranza
è ancora viva,
oltre il velo,
canta e danza,
tra le mura
della stanza.
Il sole tenace
come una brace
incendia la nebbia:
apre il suo varco
e con il suo arco
di frecce potenti
infrange quel velo.
Si insidia insistente
come fuoco rovente,
trapassa il ricordo
già andato, già morto,
abbatte quel muro
e appare radioso
il nostro futuro.
Cosa sento
non l'ho detto,
ma tu sai
che ancor t'aspetto,
come un sogno
che s'avvera
solo quando
lo si spera.
Cosa sento
non lo vedi
e seppure non ci credi,
cambia e cresce:
sta nascosto
ma non esce,
tra la nebbia
si nasconde
come il fiume
tra le sponde.
Cosa sento lo saprò
solo quando ti vedrò:
sarà come
una schiarita
tra la nebbia dipartita.
Non vedo niente
è un buio apparente
quello che prende
talvolta la mente
nella nebbia suadente.
Non vedo tramonti
non scorgo orizzonti,
non odo parole,
tutto è velato
da un pensiero oscurato.
Trovo ricordi
coperti da coltri,
sofferti in incontri
velati nel nulla.
Intravedo una luce
che lenta conduce
ad un nome, ad un volto
che mi dà sicurezza
e sento dolcezza
che mi attende all'aurora
Non sono più sola
e fuggo a quest'ora
verso mete incantate
di vite inventate.