Chi sei tu, lettore che leggi le mie parole tra un centinaio d'anni? Non posso inviarti un solo fiore della ricchezza di questa primavera, una sola striatura d'oro delle nubi lontane. Apri le porte e guardati intorno. Dal tuo giardino in fiore cogli i ricordi fragranti dei fiori svaniti un centinaio d'anno fa. Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire la gioia vivente che cantò in un mattino di primavera, mandando la sua voce lieta attraverso un centinaio d'anni.
Benedetto sia'l giorno e'l mese e l'anno e la stagione e'l tempo e l'ora e'l punto e'l bel paese e'l loco ov'io fui giunto da'duo begli occhi che legato m'ànno;
E benedetto il primo dolce affanno ch'ì ebbi ad esser con Amor congiunto, e l'arco e le saette ond'ì fui punto, e le piaghe che'nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io chiamando il nome de mia donna ò sparte, e i sospiri e le lagrime e'l desio;
e benedette sian tutte le carte ov'io fama l'acquisto, e'l pensier mio, ch'è sol di lei; si ch'altra non v'à parte.
I miei occhi implacabili che sono sempre limpidi pure quando piangono Amicizia non vale ad ingannare. Quando parliamo troppo forte o quando d'improvviso taciamo tutti e due, vedono essi il male che ci rode. Col rumor della voce noi vogliamo creare fra noi quel che non è; quando taciamo non sappiam che dirci ed apre degli abissi quel silenzio. Allacciarci non giova con le braccia se distinti restiamo ai nostri occhi.
A ingannarli non vali neppur tu, Dolore. Quando allenti la tua stretta, il mio padre e le mia sorella anch'esse s'allontanano paurosamente.
Certe volte vedendo una bestiola che lecca una bestiola e gioca seco, mi morde il cuore una crudele invidia.
Con gli occhi vedo che mi sei negata, gioia di voler bene a quelcheduno.
Le trombe argentee squillarono nella Cupola: La gente cadde in ginocchio a terra, emozionata: E recato sul collo degli uomini io vidi, Come un gran Dio, il Santo Signore di Roma. Sacerdotale, egli portava una veste più bianca della spuma, E, regale, si paludava in rosso maestoso, Tre corone d'oro gli si levavano alte sul capo: In splendore e in luce il Papa passò. Furtivamente il mio cuore ripercorse ampi deserti d'anni Fino a Uno che vagò presso un mare solitario, Ed invano cercò un luogo di riposo: "Le volpi han tane, e ogni uccello ha il nido. Io, solo, io debbo vagare stanco, Piagarmi i piedi, e bere vino e sale di lacrime".
Rosso è il fuoco nel camino, Sotto al tetto un letto aspetta; Ma non son stanchi i nostri piedi, Voltato l'angolo incontrar potremmo D'improvviso un albero oppure un grosso sasso, Che nessuno oltre noi ha visto. Alberi e fiori, foglie e fuscelli, Fateli passare! Fateli passare! Sotto al nostro cielo colli e ruscelli Passeranno oltre! Passeranno oltre!
Voltato l'angolo forse ci aspetta Un ignoto portale o una strada stretta; Se purtroppo oggi tirar oltre dobbiamo, Può darsi che domani questa strada facciamo, Prendendo sentieri nascosti Che portano alla Luna o al Sole. Mela, spina, noce, prugna, Fateli passare! Fateli passare! Sabbia, pietra, stagno, dirupo, In bocca al lupo! In bocca al lupo!
Dietro è la casa, davanti a noi il mondo, E mille son le vie che attendon, sullo sfondo Di ombre, vespri e notti, il brillar delle stelle. Davanti allor la casa, e dietro a noi il mondo, Tornar potremo a casa con passo infin giocondo. Ombre e crepuscolo, nuvole e foschia Sbiadiranno via! Sbiadiranno via! Fuoco e luce, da bere e da mangiare, Così tutti a letto poi potremo andare!
Anche oggi sarà dentro la storia della mia vita. Ma non era l'oggi che io volevo quand'ero bambina: oggi è un oggi diverso, senza grida, afono e grigio come una fontana. Oggi è l'oggi di ieri manifesto solo nel mio respiro prigioniero: o larghe nubi come fonderei volentieri il mio passo dentro quel cielo che racchiude tutta tutta l'avversità del mio destino.
Un miracolo comune: l'accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale: l'abbaiare di cani invisibili nel silenzio della notte. Un miracolo fra tanti: una piccola nuvola svolazzante, che riesce a nascondere una grande pesante luna. Più miracoli in uno: un ontano riflesso sull'acqua e che sia girato da destra a sinistra, e che cresca con la chioma in giù, e non raggiunga affatto il fondo benché l'acqua sia poco profonda. Un miracolo all'ordine del giorno: venti abbastanza deboli e moderati, impetuosi durante le tempeste. Un miracolo alla buona: le mucche sono mucche. Un altro non peggiore: proprio questo frutteto proprio da questo nocciolo. Un miracolo senza frac nero e cilindro: bianchi colombi che si alzano in volo. Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti: oggi il sole è sorto alle 3,14 e tramonterà alle 20.01 Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe: la mano ha in verità meno di sei dita, però più di quattro. Un miracolo, basta guardarsi intorno: il mondo onnipresente. Un miracolo supplementare, come ogni cosa: l'inimmaginabile è immaginabile.
Tutte le tue, nostre, vostre faccende diurne, notturne sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no, i tuoi geni hanno un passato politico, la tua pelle una sfumatura politica, i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza, ciò di cui taci ha una valenza in un modo o nell'altro politica.
Perfino per campi, per boschi fai passi politici su uno sfondo politico.
Anche le poesie apolitiche sono politiche, e in alto brilla la luna, cosa non più lunare. Essere o non essere, questo è il problema. Quale problema, rispondi sul tema. Problema politico.
Non devi neppure essere una creatura umana per acquistare un significato politico. Basta che tu sia petrolio, mangime arricchito o materiale riciclabile. O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma si è disputato per mesi: se negoziare sulla vita e la morte intorno a uno rotondo o quadrato.
Intanto la gente moriva, gli animali crepavano, le case bruciavano e i campi inselvatichivano come nelle epoche remote e meno politiche.