in Poesie (Poesie d'Autore)
La stella del mattino
scrive sorridente
l’arrivo della luce nell’ultima pagina della notte.
Commenta
La stella del mattino
scrive sorridente
l’arrivo della luce nell’ultima pagina della notte.
La frase contiene espressioni adatte ad un solo pubblico adulto.
Per leggerla comunque clicca qui.
Prima costruii sulla sabbia,
poi costruii sulla roccia.
Quando la roccia crollò
non ho più costruito su nulla.
Poi ancora talvolta costruivo
su sabbia e roccia, come capitava, ma
avevo imparato.
Coloro ai quali affidavo la lettera
la buttavano via.
Ma chi non curavo
me la riportava.
Allora ho imparato.
Le mie disposizioni non furono rispettate.
Quando giunsi, m'avvidi
che erano sbagliate.
Era stato fatto
quel che era giusto.
Così ho imparato.
Le cicatrici dolgono
nel tempo di gelo.
Ma spesso dico: solo la fossa
non m'insegnerà più nulla.
Vedi le stelle, amore,
Ancor più chiare nell'acqua e splendenti
Di quelle sopra a noi, e più bianche
Come ninfee!
Ombre lucenti di stelle, amore:
Quante stelle sono nella tua coppa?
Quante riflesse nella tua anima?
Solo le mie, amore, le mie soltanto?
Guarda, quando i remi muovo,
Come deformate s'agitano
Le stelle, e vengon disperse!
Perfino le tue, lo vedi?
Rovesciano le stelle le acque
Acque povere, inquiete, abbandonate...!
Dici, amore, che non viene scosso il cielo
E immobili son le sue stelle?
Là! hai visto
Quella scintilla volare su di noi? Le stelle
In cielo neanche son sicure.
E di me, che sarà, amore, di me?
Cosa sarà, amore, se presto
La tua stella fosse lanciata sopra un'onda?
Sembrerebbero le tenebre un sepolcro?
Svaniresti tu, amore, svaniresti?
Saltimbanco, addio! Buona sera, Pagliaccio! Indietro, Babbeo:
Fate posto, buffoni antiquati, dalla burla impeccabile,
Fate largo! Solenne, altero e discreto,
ecco venire il migliore di tutti, l'agile clown.
Più snello d'Arlecchino e più impavido di Achille
è lui di certo, nella sua bianca armatura di raso:
etereo e chiaro come uno specchio senza argento.
I suoi occhi non vivono nella sua maschera d'argilla.
Brillano azzurri fra il belletto e gli unguenti
mentre, eleganti il busto e il capo si bilanciano
sull'arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno il volgo stupido e sporco
la canaglia puzzolente e santa dei Giambi
applaude al sinistro istrione che l'odia.
Apparirà all'improvviso dal giaciglio del firmamento
Un venerando irritato che griderà ad una folla gremita:
"Oh ignari titubanti tra certezza e incertezza
Il vostro cammino non deve seguire questa né quella".
Verde ramo libero
da ritmo ed uccelli.
Eco di singhiozzo
senza dolore né labbro.
Uomo e Bosco.
Piango
di fronte al mare amaro.
Nelle mie pupille
due mari che cantano!
Siano pur due, lo sono come i rigidi
gemelli del compasso sono due:
la tua anima il piede fisso che all'apparenza
immoto muove al moto del compagno.
E, se pure dimori nel suo centro,
quando l'altro si spinge lontano,
piega e lo segue intento,
tornando eretto quando torna al centro.
Così tu sei per me che debbo, simile
all'altro piede, obliquamente correre:
con la tua fermezza chiude giustamente il mio cerchio
e al mio principio mi riporta sempre.
Come la donna affonda e dice vieni
dentro più dentro dov'è largo il mare
Come la donna è calda e dice vieni
dentro più dentro dov'è caldo il pane
e dirla noi vorremmo mare pane
la donna sfatta che ci prese all'alba
dentro il suo petto e ci nutrì di sonno.
Dormi in silenzio
Non far rumore quando non ci sei
Coltivati
ma non covare pietre
i mattoni servono per costruire ponti
i giorni per tessere
il mattino per ricominciare
la carne è pesante per ancorare all'amore
Piangi, lasciati piovere, lasciati stare
Riposati, lasciati vegliare
Brinda, ci sono notti da ubriacare
Se le tue mani ti sembrano opache
dipingi le unghie di rosso
Ricorda che per sopravvivere bisogna disobbedire
Porta con te un ombrello a colori
se non puoi vincerla, sfoggia la malinconia.