Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Dopo l'acquazzone (Myricae)

Passò strosciando e sibilando il nero
nembo: or la chiesa squilla; il tetto, rosso,
luccica; un fresco odor dal cimitero
viene, di bosso.
Presso la chiesa; mentre la sua voce
tintinna, canta, a onde lunghe romba;
ruzza uno stuolo, ed alla grande croce
tornano a bomba.
Un vel di pioggia vela l'orizzonte;
ma il cimitero, sotto il ciel sereno,
placido olezza: va da monte a monte
l'arcobaleno.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Lacrima

    Lontano da uccelli, da greggi, da paesane,
    io bevevo, rannicchiato in una brughiera,
    cinta da una selva di noccioli leggera,
    in verdi e tiepide foschie meridiane.

    Che potevo bere in quella giovane Oïsa,
    muti olmi, cielo coperto, erba senza fiori.
    Che spillavo alla mia fiasca di colocasia?
    Un liquore d'oro, insulso, che dà sudori.

    Cattiva insegna d'osteria sarei stato.
    Poi il temporale mutò il cielo, fino a sera.
    Furon laghi, pertiche, stazioni, una nera
    regione, e nella notte blu fu un colonnato.

    L'acqua dei boschi moriva alla verginale
    sabbia, e il vento, dal cielo, ghiacciava acquitrini...
    Io, pescatore d'oro e di gusci marini,
    dire che non pensai di bere, come tale!
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Per Teeo di Argo lottatore

      Mutando a vicenda la sorte,
      essi un giorno dimorano presso Zeus,
      il padre diletto; un altro, nelle cavità della terra,
      nei recessi di Terapne,
      compiendo un uguale destino. Questa vita
      scelse Polluce, più che essere in tutto un dio
      e abitare nel cielo, poi che era morto
      Castore in guerra.
      L'aveva trafitto Ida
      irato per i buoi, con la punta della lancia di bronzo.
      Dal Taigeto, spiando, Linceo
      lo scorse acquattato nel cavo
      di un tronco di quercia: ché di tutti i mortali
      egli aveva più acuto
      lo sguardo. Con corsa veloce subito
      lo raggiunsero, e ordirono in breve il grande misfatto.
      Ma dalle mani di Zeus una pena terribile patirono
      gli Afaretidi. Inseguendo,
      giunse presto il figlio di Leda; ed essi si opposero
      a lui presso la tomba del padre.
      Divelta di qui una pietra levigata, ornamento di Ade,
      la scagliarono contro il petto a Polluce; ma non lo schiacciarono
      né lo respinsero. Balzò egli con la lancia veloce,
      e immerse il bronzo nel fianco a Linceo.
      Contro Ida scagliò Zeus il suo fulmine, portatore di fuoco, fumoso:
      insieme essi arsero, in solitudine. Difficile è per i mortali
      lottare coi più forti.
      Sùbito il figlio di Tindaro
      tornò indietro presso il forte fratello:
      non morto ancora, ma per l'affanno
      scosso da rantoli convulsi lo trovò.
      Versando lacrime calde, tra i gemiti,
      gridò: "Padre Cronide, quale rimedio sarà
      ai miei dolori? Ordina anche a me,
      insieme a lui, la morte, o Signore.
      Per l'uomo privato dei suoi cari
      perduta è la gloria: nell'affanno, sono pochi i mortali
      che, fedeli, partecipano alle pene". Così
      disse. Zeus davanti gli venne
      e pronunciò queste parole: "Tu sei mio figlio;
      poi, congiuntosi alla madre tua
      l'eroe suo sposo stillo
      il seme mortale. Ma orsù, questa scelta
      io ti concedo: se evitata la morte
      e la vecchiezza aborrita,
      tu vuoi abitare con me nell'Olimpo,
      con Atena e con Ares dalla lancia nera,
      è possibile a te questa sorte. Ma se per il fratello combatti,
      e ogni cosa pensi dividere con lui in parte uguale,
      metà del tempo vivrai sotto la terra,
      e metà nelle dimore d'oro del cielo".
      Così parlò. E Polluce non pose alla mente un duplice pensiero:
      sciolse l'occhio e poi la voce
      di Castore dalla cintura di bronzo.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Eclissi
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Verrò quando sarai più triste

        Verrò quando sarai più triste,
        steso nell'ombra che sale alla tua stanza;
        quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
        e il sorriso di gioia è ormai bandito
        dalla malinconia pungente della notte.

        Verrò quando la verità del cuore
        dominerà intera, non obliqua,
        ed il mio influsso si di te stendendosi,
        farà acuta la pena, freddo il piacere,
        e la tua anima porterà lontano.

        Ascolta, è proprio l'ora,
        l'ora tremenda per te:
        non senti rullarti nell'anima
        uno scroscio di strane emozioni,
        messaggere di un comando più austero,
        araldi di me?
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Marco Giannetti
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Sempre

          Prima di me
          non sono geloso,
          Vieni con un uomo
          alla schiena,
          vieni con cento uomini nella tua chioma,
          vieni con mille uomini tra il il tuo petto e i tuoi piedi,
          vieni come un fiume
          pieno d'affogati
          che trova il mare furioso,
          la spuma eterna del tempo!
          Portali tutti
          dove io t'attendo:
          sempre saremo soli,
          sempre sarem tu e io
          sali sopra la terra
          per iniziare la vita.
          Composta domenica 16 agosto 2009
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Marianna Mansueto
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            In quel selvaggio abisso,
            grembo della Natura e, forse, tomba,
            che non è mare o sponda, aria né fuoco,
            ma lor cause pregnanti in sé commiste
            confusamente, in una lotta eterna,
            se il Fattore Possente non costringe
            queste oscure materie a farsi mondi,
            nell'abisso selvaggio, cauto, Satana
            sostava all'orlo dell'Inferno, e vide,
            e ponderò il viaggio...
            Vota la poesia: Commenta
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Partita a scopa

              Una delle cose più terribili è
              davvero
              stare a letto
              una notte dopo l'altra
              con una donna che non hai più voglia
              di scopare.

              Invecchiano, non sono più tanto
              belle – tendono persino
              a russare, buttarsi
              giù.

              Così, a letto, a volte ti giri,
              il tuo piede tocca il suo –
              Dio, che orrore! –
              e la notte è là fuori
              dietro le tendine
              e insieme vi suggella
              nella
              tomba.

              E la mattina vai in bagno,
              parli, attraversi il corridoio,
              dici strane cose; le uova friggono,
              partono i motori.

              Ma seduti l'uno di fronte all'altro
              hai 2 estranei
              che si ficcano in bocca il pane tostato
              che si bruciano col caffè bollente la gola risentita
              e l'intestino.

              In dieci milioni di case americane
              è lo stesso –
              vite stantie appoggiate
              l'una all'altra
              e nessun posto
              dove andare.

              Sali in macchina
              e vai a lavorare
              e là ci sono degli altri sconosciuti, quasi tutti
              mogli e mariti di qualcun altro,
              e oltre alla ghigliottina del lavoro,
              flirtano, scherzano r si danno pizzicotti,
              tendendo qualche volta
              a farsi in qualche posto una rapida scopata –
              a casa non possono farlo –
              e poi
              tornano a casa
              ad aspettare il Natale o il Labor Day
              o la domenica
              o qualcosa.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: SalMessina
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Il Cantico delle Creature

                Altissimu, onnipotente, bon Signore,
                tue sò le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
                Ad te solo, Altissimo, se confano,
                et nullu homo ène dignu te mentovare.
                Laudato sie, mì Signore, cum tucte le tue creature,
                spetialmente messor lo frate sole,
                lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
                Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
                de te, Altissimo, porta significatione.
                Laudato sì, mì Signore, per sora luna e le stelle:
                in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
                Laudato sì, mì Signore, per frate vento
                et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
                per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
                Laudato sì, mì Signore, per sor'aqua,
                la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
                Laudato sì, mì Signore, per frate focu,
                per lo quale ennallumini la nocte:
                ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
                Laudato sì, mì Signore, per sora nostra matre terra,
                la quale ne sustenta et governa,
                et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
                Laudato sì, mì Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore
                et sostengo infirmitate et tribulatione.
                Beati quelli che'l sosterrano in pace,
                ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
                Laudato sì, mì Signore, per sora nostra morte corporale,
                da la quale nullu homo vivente po' scappare:
                guai acquelli che morrano ne le peccata mortali;
                beati quelli che trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
                ca la morte secunda no'l farrà male.
                Laudate e benedicete mì Signore et rengratiate
                e serviateli cum grande humilitate.
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Lettera alla mamma di un seminarista morto

                  Sono cresciuto in una terra strana
                  dopo che hai messo all'ombra la mia luce,
                  quasi non mossi piede dalla soglia
                  della mia meraviglia
                  per il dio nuovo cui tu m'opponevi.
                  In me cresceva il Dio dei miei domini
                  (ero ancora ragazzo)
                  ma tu mi hai rotto l'urlo ai vorticosi
                  margini della bocca,
                  l'urlo della potente giovinezza.
                  Mamma, io ti ringrazio
                  dalla rigida tomba entro cui siede
                  il mio pensiero finalmente puro.
                  Ora vedo che a forza mi hai strappato
                  il verde degli amari desideri,
                  mi hai edificato come l'architetto
                  sapiente che ritoglie chiari miti
                  dalle antiche macerie.

                  Nacqui umana rovina come tutti,
                  tu mi hai intessuta un'ala senza geli...
                  Vota la poesia: Commenta