La vita ci bacia sull'una e l'altra guancia
di giorno e di mattina;
ma ride delle nostre grandi imprese
alla sera e all'aurora.
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La vita ci bacia sull'una e l'altra guancia
di giorno e di mattina;
ma ride delle nostre grandi imprese
alla sera e all'aurora.
Le mani con un tremito
del telefono stringevano il filo;
mi aveva poco prima
recato la tua voce
che mi diceva addio.
Un vagante raggio ebbe la luce,
tenue filo dell'anima
del mio bacio donato
solo dal desiderio.
Ma dall'esilio ci libererà
l'ostinato mio amore.
Melampo era un bambino
di gomma e cancellava
i passi che segnava
mettendosi in cammino.
Era di gomma rossa,
tondo come una palla,
e stava sempre a galla
nel bagno, e senza ossa
dolce, tenero, buono,
scendeva dalle scale
senza mai farsi male
saltando dal balcone.
A scuola era bocciato,
sempre il quaderno bianco!
Eppure era il più franco
a scrivere il dettato.
Scriveva e poi cassava
con la mano di gomma,
i numeri, la somma,
le lettere, e tornava
a scrivere, a cassare.
E sempre zitto rosso
con tutti gli occhi addosso
senza poter parlare.
O povero Melampo!
Un giorno, detto fatto,
saltò su di scatto
e si bucò la pancia.
Fischiò come un pallone
sgonfiato d'ogni affanno
e visse senza danno
tappando col bottone
il buco della pancia.
Visse nel tempo antico
Melampo - ve l'ho detto? -
Fischiò col suo fischietto
premendosi a soffietto
il disco all'ombelico.
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.
Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.
A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
Sempre assorto in me stesso e nel mio mondo
come in sonno tra gli uomini mi muovo.
Di chi m'utra col braccio non m'accorgo,
e se ogni cosa guardo acutamente
quasi sempre non vedo ciò che guardo.
Stizza mi prende contro chi mi toglie
a me stesso. Ogni voce m'importuna.
Amo solo la voce delle cose.
M'irrita tutto ciò che è necessario
e consueto, tutto ciò che è vita,
m'irrita come il fuscello la lumaca
e com'essa in me stesso mi ritiro.
Chè la vita che basta agli altri uomini
non basterebbe a me.
E veramente
se un altro mondo non avessi, mio,
nel quale dalla vita rifugiarmi,
se oltre le miserie e le tristezze
e le necessità e le consuetudini
a me stesso non rimanessi io stesso,
oh come non esistere vorrei!
Ma un'impressione strana m'accompagna
sempre in ogni mio passo e mi conforta:
mi pare di passare come per caso
da questo mondo...
Pace non trovo e non ho da far guerra
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e chieggio aita;
e ho in odio me stesso, e amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Sempre ti chiamo
quando tocco il fondo,
so il numero a memoria
e ti disturbo come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio se sei fuori.
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti con te abbiamo.
La bolletta falla pagare a me,
ma dimmi almeno
che non farai tagliare la mia linea.
Ti prego, quando echeggerà
quell'ultimo e dolorante squillo,
Dio-per-Dio!
non staccare: rispondimi!
Quando ama pacato
a Musa e mente arguta e cuor gentile.
Nonno, l'argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri
passi tra i fichi, i susini e i peri
con nelle mani un cesto di primizie:
"Le piogge di Settembre già propizie | gonfian sul ramo i fichi bianchi e neri,
susine claudie varietà pregiata di susine...
a chi lavori e speri
Gesù concede tutte le delizie" Mi specchio ancora nello specchio rotto
rivedo i finti frutti d'alabastro...
Ma tu sei morto e non c'è più Gesù.
Un migliaio di anni,
un migliaio di paure,
un migliaio di lacrime
abbiamo versato
l'uno per l'altro,
come falene
alla fiamma,
un gioco mortale,
bambini smarriti
in cerca
della loro mamma,
e quando i cuori cantano,
la musica porta
una magia
come nessun'altra,
il freddo inverno,
non una mano da stringere,
l'estate
breve
e assolata,
e la mattina,
stretta
a te,
momenti preziosi,
teneri, amorosi,
divertenti,
ballavamo,
ridevamo,
volavamo,
crescevamo,
osavamo,
volevamo vene
più di quanto qualunque anima
potesse capire
o accettare,
la luce cosi splendente,
l'accordo cosi perfetto,
per cento
preziose
stagioni,
la falena
la fiamma,
la danza
le stesse,
poi ali spezzate
e cose
tenute come un tesoro
in pezzi
intorno a noi,
il sogno
l'unico
per il quale mi struggo,
qui o là,
le nostre anime
messe a nudo,
fra un milione di anni,
il mio cuore
ti terrà
sempre
con se.