Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Valeria S
in Poesie (Poesie d'Autore)

Un sogno

In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce
m'ha lasciato col cuore implacato.

Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno
per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d'intorno con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?

Quel sogno beato - quel sogno beato,
mentre il mondo intero m'era avverso,
m'ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.

E benché quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano -
che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?
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    Scritta da: Paolo Broni
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Pi greco

    È degno di ammirazione il Pi greco
    tre virgola uno quattro uno.
    Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai.
    Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,
    otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione,
    e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo,
    ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo.
    Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe.
    Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe.
    Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina,
    È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole,
    diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.
    Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!
    Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio!
    E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono
    il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano
    il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita
    sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma,
    e anche la terra e il cielo passeranno,
    ma non il Pi greco,
    oh no, niente da fare,
    esso sta lì con il suo cinque ancora passabile,
    un otto niente male, un sette non ultimo,
    incitando, ah, incitando
    l'indolente eternità a durare.
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      Scritta da: Marzia Ornofoli
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Endimione (2)

      Fredda e gelata cade la rugiada,
      Nessun uccello canta più in Arcadia.
      I fauni Hanno lasciato la collina
      e anche il narciso stanco
      Ha chiuso i petali.
      Ma il mio amore non è tornato,
      Luna, falsa, una che svanisci,
      Dove è andato il mio amore fedele?
      Dove sono le sue labbra vermiglie,
      La verga di pastore, i suoi calzari?
      Perché tendi quello schermo d'argento,
      Perché porti il velo di brune, lo muovi?
      Tu hai preso Endimione,
      Hai tu quelle labbra da baciare.
      Composta martedì 4 agosto 2009
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'ultimo canto di Saffo

        Placida notte, e verecondo raggio
        Della cadente luna; e tu che spunti
        Fra la tacita selva in su la rupe,
        Nunzio del giorno; oh dilettose e care
        Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,
        Sembianze agli occhi miei; già non arride
        Spettacol molle ai disperati affetti.
        Noi l'insueto allor gaudio ravviva
        Quando per l'etra liquido si volve
        E per li campi trepidanti il flutto
        Polveroso dè Noti, e quando il carro,
        Grave carro di Giove a noi sul capo,
        Tonando, il tenebroso aere divide.
        Noi per le balze e le profonde valli
        Natar giova trà nembi, e noi la vasta
        Fuga dè greggi sbigottiti, o d'alto
        Fiume alla dubbia sponda
        Il suono e la vittrice ira dell'onda.
        Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
        Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
        Infinita beltà parte nessuna
        Alla misera Saffo i numi e l'empia
        Sorte non fenno. À tuoi superbi regni
        Vile, o natura, e grave ospite addetta,
        E dispregiata amante, alle vezzose
        Tue forme il core e le pupille invano
        Supplichevole intendo. A me non ride
        L'aprico margo, e dall'eterea porta
        Il mattutino albor; me non il canto
        Dè colorati augelli, e non dè faggi
        Il murmure saluta: e dove all'ombra
        Degl'inchinati salici dispiega
        Candido rivo il puro seno, al mio
        Lubrico piè le flessuose linfe
        Disdegnando sottragge,
        E preme in fuga l'odorate spiagge.
        Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
        Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
        Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
        In che peccai bambina, allor che ignara
        Di misfatto è la vita, onde poi scemo
        Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
        Dell'indomita Parca si volvesse
        Il ferrigno mio stame? Incaute voci
        Spande il tuo labbro: i destinati eventi
        Move arcano consiglio. Arcano è tutto,
        Fuor che il nostro dolor. Negletta prole
        Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo
        Dè celesti si posa. Oh cure, oh speme
        Dè più verd'anni! Alle sembianze il Padre,
        Alle amene sembianze eterno regno
        Diè nelle genti; e per virili imprese,
        Per dotta lira o canto,
        Virtù non luce in disadorno ammanto.
        Morremo. Il velo indegno a terra sparto
        Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
        E il crudo fallo emenderà del cieco
        Dispensator dè casi. E tu cui lungo
        Amore indarno, e lunga fede, e vano
        D'implacato desio furor mi strinse,
        Vivi felice, se felice in terra
        Visse nato mortal. Me non asperse
        Del soave licor del doglio avaro
        Giove, poi che perir gl'inganni e il sogno
        Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
        Giorno di nostra età primo s'invola.
        Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
        Della gelida morte. Ecco di tante
        Sperate palme e dilettosi errori,
        Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
        Han la tenaria Diva,
        E l'atra notte, e la silente riva.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Le conchiglie

          Ogni incrostata conchiglia che sta
          In quella grotta in cui ci siamo amati
          Ha la sua propria particolarità.

          Una dell'anima nostra ha la porpora
          Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
          Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

          Un'altra imita te nei tuoi languori
          E nei pallori tuoi di quando, stanca,
          Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

          Questa fa specchio a come in te s'avvolge
          La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
          Alla tenera e corta nuca rosa;

          Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
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            Scritta da: snivella
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Pecore nella nebbia

            Le colline digradano nel bianco.
            Persone o stelle mi guardano con tristezza, le deludo.

            Il treno lascia dietro una linea di fiato.
            Oh lento cavallo color della ruggine, zoccoli, dolorose campane.

            È tutta la mattina che
            la mattina sta annerendo, un fiore lasciato fuori.

            Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi
            lontani mi sciolgono il cuore.

            Minacciano
            di lasciarmi entrare in un cielo
            senza stelle né padre, un'acqua scura.
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              Scritta da: goccia di miele
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il complice

              Mi crocifiggono e io devo essere la croce e i chiodi.
              Mi tendono il calice e io devo essere la cicuta.
              Mi ingannano e io devo essere la menzogna.
              Mi bruciano e io devo essere l'inferno.
              Devo lodare e ringraziare ogni istante del tempo.
              Il mio nutrimento son tutte le cose.
              Il peso preciso dell'universo, l'umiliazione, il giubilo.
              Devo giustificare ciò che ferisce.
              Non importa la mia fortuna o la mia sventura.
              Sono il poeta.
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