in Poesie (Poesie d'Autore)
Se non puoi amarmi, amore mio, perdona il mio dolore.
Non guardarmi sdegnato, da lontano.
Tornerò nel mio cantuccio e siederò al buio.
Con entrambe le mani coprirò
la mia nuda vergogna.
Commenta
Se non puoi amarmi, amore mio, perdona il mio dolore.
Non guardarmi sdegnato, da lontano.
Tornerò nel mio cantuccio e siederò al buio.
Con entrambe le mani coprirò
la mia nuda vergogna.
Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia.
Sto seduto ai margini della strada.
L'autista cambia la ruota.
Non sono contento di dove vengo.
Non sono contento di dove vado.
Perché vedo il cambio della ruota
Con impazienza?
Se durassimo in eterno
Tutto cambierebbe
Dato che siamo mortali
Molto rimane come prima.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
Non oso,
non oso scriverlo,
se muori.
Un freddo vento australe
scompiglia i rami ai tigli,
sembra che vi s'impigli,
per guardar qui, la luna.
Io scrivo alla mia bella
che mi ha abbandonato
e la mia lunga lettera
la legge anche la luna.
La luce sua silente
scorre di riga in riga.
Io piango, e cosi scordo
preghiere sonno e luna.
Colui che il mio nome rinchiude
piange in questa prigione.
Ho un gran da fare
a costruirmi intorno questo muro
e mentre il muro sale verso il cielo
giorno per giorno
me ne sto nella sua ombra scura
e perdo di vista il mio vero essere.
Sono fiero di questo grande muro
e lo ricopro per bene di polvere e sabbia
per paura che rimanga anche
il più piccolo spiraglio.
Per questa mia solerzia
non vedo più
chi veramente sono.
Quando tra estreme ombre profonda
in aperti paesi l'estate
rapisce il canto agli armenti
e la memoria dei pastori e ovunque tace
la secreta alacrità delle specie,
i nascituri avvallano
nella dolce volontà delle madri
e preme i rami dei colli e le pianure
aride il progressivo esser dei frutti.
Sulla terra accadono senza luogo,
senza perché le indelebili
verità, in quel soffio ove affondan
leggere il peso le fronde
le navi inclinano il fianco
e l'ansia dè naviganti a strane coste,
il suono d'ogni voce
perde sé nel suo grembo, al mare al vento.
In agosto avrò 73 anni,
quasi ora di fare le valigie
per un salto nel vuoto
ma due cose
mi trattengono:
non ho ancora scritto
abbastanza poesie
e poi il vecchio
che abita nella casa
di fianco alla mia.
Vivo e vegeto,
a 96 anni.
Picchia sulla finestra
col bastone
e manda baci
a mia moglie.
Capisce tutto,
schiena dritta,
passo svelto,
guarda troppa tivù
ma noi
allora?
Ogni tanto vado a trovarlo,
ciacola
ma non dice cazzate,
tende a ripetersi
un poco
ma vale quasi la pena
di riascoltarlo.
Ero da lui
un giorno e ha detto:
"sai, presto
tirerò le cuoia..."
"mah," ho detto io, "non ne sono
così sicuro..."
"Io sì," ha detto,
"perciò, che ne diresti
di fare un cambio con casa mia?"
"Certo la tua è carina."
"ma non so se puoi darmi
quello che voglio in cambio..."
"Dipende, mettimi alla prova."
"Bè," ha detto, "vorrei un nuovo
paio di testicoli."
Quando morirà il vicino
sarà difficile riempire
il gran vuoto che lascia.
Mi sono
spiegato?