Un viaggio, cambio la mia vita, con coraggio riempio la valigia Metto cose per me preziose cose che magari sembrano inutili il tempo che mi è costato pensare e cercare di partire un fiore che hai lasciato appassire un profumo che è stato sempre difficile sentire per quei momenti, sempre pochi che mi hai voluto regalare eppure ti ho amato da morire e quel mio aspettare dietro ai vetri appannati, cercando di capire ora dormi, non voglio svegliarti, un ultimo bacio e potrei ripensare meglio uscire dalla tua vita senza farmi sentire.
Il segno su ogni porta come fossimo carne da macello pronta ad essere scuoiati colpevoli solo di esser nati ammassati senza chiedere il nome con intere famiglie sopra camion sgangherati. Poi il treno, senza piangere e senza fermate il freddo intenso per intere giornate. poi le voci di soldati, senza capire la discesa dal treno Separati, questo forse il più grande dolore pronti a morire.
Sono un otre in cui Eolo rinchiuse il vento sono l'urlo che rimase in gola prima dello spavento sono quella nuvola piena di pioggia che da un fulmine aspetta d'essere colpita per liberarsi e piangere finalmente sulla sua vita. Sono la corda che viene tirata da uguali forze e mai caduta sono la sabbia che brucia al sole e non si riesce a tenere nelle mani quando si vuole. Sono la pietra che sempre hai lanciato colpendo lo specchio d'acqua come un disperato disegnando un cerchio che si è propagato.
In questa sera che timida scolora m'avvolge, come un manto, la tristezza e tu, amore mio, sempre al mio fianco, mi porgi la tua mano e mi consoli, aspettando di nuovo il mio sorriso.
Rovi pungenti ho messo alla mia porta prigioniera di sogni a tinte forti.
A piedi nudi dovrò adesso camminare ma, prima ancora, che spuntino ferite, per rendermi più facile il cammino, fra le tue braccia mi solleverai.
Regalami carezze tra le ciglia per frantumare lacrime e pensieri, in questa sera che timida scolora.
Nel respiro delle stelle Ti ho cercato e nel languore del cielo quando il cielo è ancora assonnato, nelle limpide aurore dei mattini d'estate.
Ancora Ti cerco nel fragore del mare che sullo scoglio s'infrange e nelle gocce di rugiada su petali e prati adagiate come lacrime ridenti ad acquietar l'arsura.
Così si dilata il desiderio, nostalgia incandescente di Te.
Non fa rumore la pena nell'arcano silenzio della notte.
Conosco uomini che percorrono strade tortuose, sospese tra terra e cielo, come equilibristi sulla corda tesa camminano carezzando gli ostacoli. La luce del sole, nei loro occhi, racchiudono e nelle tenebre della notte, in silenzio, tengono il cuore in mano. Conosco uomini che sanno volare in alto ben oltre le cime dei baobab, non stringono in pugno diamanti ma il loro nudo sorriso regalano al mondo per dar luce alle aurore di quest'oscuro millennio. Ripetono un grido sommesso di speranza soffuso, come tatuaggio nell'anima inciso:
"HACUNA MATATA" "NON C'È PROBLEMA"
"Hacuna matata" è questo il tam-tam che trasmettono al mondo, è questa la loro bandiera, vessillo iridato di pace e d'amore.
Ed è là, dove il sole all'orizzonte s'inchina a baciare la terra africana e la memoria sanguina e grida lo strazio di un travaglio che ha sconquassato la vita, dove il vento culla il pianto dei bambini dagli occhi immensi come la loro fame, là, questi uomini hanno lasciato il loro sorriso scolpito nel sogno di un mondo migliore.
Se potesse la rugiada del mattino, posatasi sui prati della vita, placare la mia sete di sapere sciogliendo i dubbi feroci della sera pronti a sbranare il tempo delle stelle, allora, altro io non chiederei se non di diventare di quel prato, fragile ed assetato filo d'erba.
Vorrei regalarti arcobaleni lucenti intrisi di pioggia or, ora cessata e scaglie di sole, e spicchi di cielo, fragranti di terra ancora bagnata.
Vorrei regalarti il soffio del vento affinché giocando nei tuoi capelli possa portarti le mie carezze.
Vorrei illuminare i tuoi occhi stanchi sfogliando il velo di malinconia asciugar la rugiada che li bagna e specchiandomi nel tuo sguardo limpido carpirne la sua tristezza.