Perché mi dici cose fuggenti che non sanno di vero, perché inganni te stessa? Il violino armonico che avevi dentro si è rotto per sempre. Inutile sperare... Così spero che qualcuno bussi alla porta, e non solo il vento.
Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine, ma solo a vita reale: l'umanità femminile. Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore, che ora è piena d'errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano, non più da maschio a femmina. E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all'amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.
Quando tornavo dal collegio, dopo un anno di scuola, ricordi di dolcezza, profumo di salsedine, amore e tenerezza. Mio zio carissimo, mi hai insegnato a guardare il mare, oltre il suo confine, le nuvole ed il cielo, mi hai insegnato a pescare, e raccontavi favole di maghe e marinai. Umile come solo un grande, poteva essere bontà e pazienza, tue grandi virtù, un gran maestro mi aspettava. Mio caro Pipo, così io ti chiamavo, sei la mia torda tu mi rispondevi, ero il tuo uccellino gracile da nutrire, nel corpo e nello spirito. Artista e gran poeta, animo nobile, sicuro riferimento. Vorrei tu fossi ancora qui, sei stato tutto il tempo, il mio grande insegnante, di vita e sentimenti. Basterà questo fiore...
Avevo gli anni di chi non è niente, di chi risponde senza capire, di chi consigli non vuol sentire e si sente grande, grande da morire. Provare tutto il proibito, nonostante quello che ti punta il dito, non fare, non cadere, non avere fretta, ma al giusto non si dà mai retta. Ho voluto farmi male, con tanti sbagli, nonostante i consigli, e non ho avuto il coraggio di confessare quanto la delusione sa di sale. Ho voluto provare anche a far l'amore, amore sublimato, ma forse l'ansia della prima volta, amore deluso, in un attimo concluso.
Oh Signore, fa' di me uno strumento della tua pace dove è odio, fa' che io porti l'amore dove è offesa, che io porti il perdono, dove è discordia, che io porti l'unione, dove è dubbio, che io porti la fede, dove è errore, che io porti la verità, dove è disperazione, che io porti la speranza, dove è tristezza, che io porti la gioia, dove sono le tenebre, che io porti la luce. Maestro, fa' che io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare, di essere compreso, quanto di comprendere, di essere amato, quanto di amare. Perché è dando, che si riceve, perdonando, che si è perdonati, morendo, che si resuscita a vita eterna.
Non agitarti tanto, che ali tu non hai non puoi ancora volare, impara a camminare, a pensare di tutta la tua vita che cosa ne vuoi fare... Devi ringraziare chi ti ha dato amore, chi ti ha insegnato a piangere e a gridare. Chi ti ha visto nascere e crescere, insegnato ad amare, ti ha lavato con lacrime, asciugando il dolore, ti ha donato una vita, con immenso amore. Ora vuoi andare lontano, senza pensare al suo cuore, soffrirà da morire, perché di certo sa, che non sai ancora volare.
Ancora sento la tua voce, non voglio capire, ma hai lasciato tracce di te nell'aria, e continuo a morire. E mi invento i contorni, sono anima persa, aspettando che torni. Io ho bisogno di te, ho bisogno di aria, troppo tempo è passato ma sei qui nel mio cuore, perché mi hai lasciato? Io più non respiro, ho bisogno d'amore ma non voglio pensare, che non vuoi più tornare. Ho bisogno di te, ho bisogno di aria, o mi lascio morire.
Speranza, l'ultima, sola a rimanere, quando tutto è deserto, come bere? Quest'arsura che impolvera la gola, come dissetarsi? Non puoi pronunciar parola, solo annuire o dissentire, per dire basta. Orgoglio no! Niente più mi resta caduta così in basso, mentre da lontano un ombra s'appresta, cosa vorrà da chi non ha niente da offrire, l'ultima goccia, si l'ultima goccia, da chi non parla per non dover sentire, solo la vita, per chi in vita, si credeva roccia.
L'ale scura all'aria porgo né temo intoppo di cristallo o vetro, ma fendo i cieli e all'infinito mi ergo e mentre dal mio globo agli astri sorgo e per l'eterno campo oltre penètro, quel che altri lungi vede, lascio a tergo.
Sono aquile vere che solcano il cielo con bagliori accecanti ed ali possenti. Son lingue di fuoco che prede ghermiscono in volo. Hanno occhi di lince, lo sguardo è assai fiero e tutto l'ardore ce l'hanno nel cuore. Eroi senza terra, padroni dell'aere, veloci sparvieri. Fedeli alla patria, ai loro valori, le frecce tricolori; coprono di onori la nostra bandiera, che all'inno d'Italia, sventola fiera.