Alla fine scoprirai che le cose più leggere son le uniche che il vento non è riuscito a portar via un ritornello antico una carezza al momento giusto lo sfogliare un libro di poesie l'odore stesso che aveva un giorno il vento.
Quando leggemmo il disiaso riso esser baciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante.
É successo quando l'atlantico restituiva i cadaveri avvolti nei fiori bianchi delle onde e nell'odio incontrollato delle fiere per il sangue rappreso della morte
Le spiagge si riempivano di corvi e di scacalli voracemente affamati di carni a brandelli, sulla sabbia. Della terra bruciata dal terrore di secoli in catene il paese che si diceva verde. Quel paese che i bambini chiamano ancora verde speranza
è successo quando i corpi i corpi s'imbevevano nel mare di vergogna e di sale Nelle acque sanguinanti di desideri E di debolezza
fu allora che, negli occhi infocati, ora il sangue, ora la vita, ora la morte. Abbiamo trionfalmente sepolto i nostri morti E sulle tombe Abbiamo reso onore al sacrificio degli uomini, per l'amore Per l'armonia, Per la nostra liberta. Anche davanti alla morte ora per ora Nelle acque insanguinate Anche nelle piccole sconfitte subite per la vittoria per noi la verde terra di San Tome sara anche l'isola dell'amore.
Ch'io segua la mia via lascia, o diletta; Si rabbuia e fa freddo sempre più; La giornata al suo fin vedi s'affretta, E fermar non mi debbo che laggiù.
Vuoi cantarmi i tuoi canti? Estraneo affatto È, fanciulla, il lor suono a questo cor; L'ho già posta in oblio da lungo tratto Quella soave tua parola: Amor.
Lontani dì mi tornano al pensiero E che soave ella fosse mi par; Or, fanciulla, proseguo il mio sentiero: «Alla sua meta ognun deve arrivar».
Volge più sempre al basso il mio cammino; L'aer più fosco e rigido si fa: Vacilla il piè; presagio del vicino Ultimo dì m'è la cadente età.
Viviamo mia lesbia e amiamo, e ogni mormorio dei vecchi perfidi abbia per noi il peso della più vile moneta. I giorni possono morire e risorgere noi, tramonta la nostra breve luce. Dovremo dormire una notte infinita. Dammi mille baci, e quindi cento, poi dammene altri mille e altri cento ancora. E quando ne avremo a migliaia li confonderemo, per non sapere, perché nessuno getti il malocchio invidioso per un così alto numero di baci.
In un lucido vespro, esteso come il tedio, quando l'estate torrida brandisce la sua lancia, d'un greve sogno mio lo spettro riflettevano mille ombre drizzate in fila sulla piana. Era purpureo specchio la gloria del tramonto, era un vetro di fiamme, che scagliava al vetusto infinito il pesante sogno sulla pianura... Ed io sentii lo sprone sonoro del mio passo echeggiare lontano nel tramonto sanguigno, e più oltre l'allegro canto d'un'alba pura.