Fanciullo formidabile: soldato dell'Alpi e tu mi chiedi ch'io celebri il tuo gesto in versi miei! Non trovo ritmi - oimè! - non trovo rime così come vorrei al tuo gesto sublime! Ma sai tu quanto sia bello il tuo gesto, simbolica la spoglia dell'aquila regale che t'offerse l'Altissimo - redento! - a guiderdone della baldanza tua liberatrice? La vittima che dice: Terra d'Italia è questa! a consenso palese dei cieli sommi nella santa gesta?
II.
Tu non sapevi. Solo con te stesso e coi fratelli in una forza sola, sostavi sulla gola vertiginosa, l'anima in vedetta, protetto dalla vetta signoreggiata. Il cuore batteva impaziente dell'assalto. Il cielo era di smalto cerulo, nel silenzio intatto come quando non era l'uomo ed il dolore... Era il meriggio alpino, splendeva il sole nella valle sgombra. In larghe rote s'annunciò dall'alto l'olocausto divino, la messaggiera, disegnando un'ombra.
III.
Che pensasti nell'attimo? Colpisti. Bene colpisti. Il vortice dell'ale precipitò ventandoti sul viso. E l'aquila regale ecco immolasti sul granito alpino come sull'ara sacra alla riscossa del popolo latino. E la tua mano rossa fu del sangue ricchissimo aquilino. Battezzasti così la tua mano, nella stretta che tutti ebbero a gara, commentando l'augurio e la bravura, battezzasti così con la tua mano tutti i compagni tuoi, dal giovinetto imberbe al capitano!
IV.
Sarcasmo inconsapevole! E tu mandi oggi la spoglia a noi che con bell'arte le si ridoni immagine di vita; ma quale arte iscaltrita può simulare l'irto palpitare di penne e piume, il demone gagliardo tutto rostro ed artigli e grido e sguardo nell'ora che si scaglia? Nessuna sorte è triste in questi giorni rossi di battaglia: fuorché la sorte di colui che assiste... E - sarcasmo indicibile per noi scelti ai congegni ed alla vettovaglia - tu strappasti l'emblema degli eroi ed a noi mandi un'aquila di paglia!...
Tra le sirene che Boecklin gittava nel fremito dell'onde verdazzurre una ne manca, appena adolescente, agile più di tutte e la più bella.
Poiché non quella che supina ascolta il Tritone soffiare nella conca, non quella che si gode la bonaccia con tre scherzosi albàtri affaticati,
e non quelle che fuggono al Centauro, l'una presa alle chiome, l'altra emersa con volto sorridente, l'altra immersa col busto, eretta con le gambe snelle:
non tutte quelle vincono la grazia appena adolescente che abbandona il mare caro al grande basilese, il mare Azzurro per il mare Grigio!
E al mare nostro più non resta viva che l'immagine fatta di memoria, svelta nel solco dove più ribolle la spuma e dove l'onda è tutta gemme!
Mi senti ben piantato nel molo dei ricordi cui con la tua mente ogni tanto approdi Mi vedi intermittente indicare la luce al cuore e come dolce onda a me ti avvicini. Sono il faro dei tuoi sogni ! Non quelli che insegui e che non trovi mai. Quello che ti appare come porto sicuro lì, ad indicare la rotta da seguire, la strada diritta della realtà.
Come un gracidare di rane nello stagno mi appaiono certe menti inconsistenti. Stanno in mezzo al fango si nascondono al rumore, si accontentano di mangiare ingrassano cantando, tutte come una sol voce. E più la melma cresce loro sembrano sguazzare si adeguano al contesto aumenta il gracidare nessuna di quelle menti coro di rane, sarà capace o avrà il coraggio di stonare.
Scappa, scappa, eterna insoddisfatta sogna pure quell'amore che non trovi, cerca attenzione fra menti indifferenti. Un giorno capirai che ciò che vuoi lo trovi in ciò che hai. Vivilo con me il tuo desiderio di nuovo.
Non ci sono destini fabbricati Da eterne insoddisfazioni. Scappa, scappa ma il mio ti amo E la mia tenerezza, ovunque ti raggiungeranno e da me riporteranno te, la tua mente, i tuoi sogni e il tuo desiderio di amore.