La puoi vedere ogni mattina appollaiata sopra un palo della recinzione che costeggia l'autostrada. È una poiana bella, fiera ed immobile osserva lo scorrere del traffico e si gusta il riverbero e il calore del sole. Poi si alza, allarga le sue ali vola in alto sulla campagna a perlustrare, e poi, silenziosa piomba sulle prede da mangiare. Anch'io ho una poiana dentro al cuore, è ferma lì ad osservare il traffico dei miei sentimenti. Ogni tanto si trasforma, diventa gatta, fa le fusa e si lascia accarezzare ma se poi tenti di ritornare a vivere con lei non solo qualche istante si alza, vola via e minacciosa ti dice "voglio poter fare quello che voglio, volare qua e là libera ti devi accontentare di quegli attimi che mi sentirò di darti". E allora torna a presidiare il tuo cuore triste e se passa un'allodola e hai voglia di volare, lei arriva subito e la ghermisce rifà la gatta e poi sparisce. Sono quattro giorni che non la sento. Lei non chiama ed io nemmeno. Quattro giorni che non la vedo. Forse come allodola ha inseguito il luccichio di uno specchietto forse brillava ai suoi occhi e adesso, ad un'ala è ferita. Forse più semplicemente la fiera poiana si è goduta quattro giorni di quiete e sole ritemprata e ferma non si fa sentire, chissà se pensa come me: perché non mi chiama?
Stella che hai brillato nel firmamento del mio cuore. Stella che hai estratto dalla mia mente dolci parole che ti parlavano d'amore. Stella che ad un tratto ti sei divisa in due. Una parte di te che inseguiva le mie carezze sul volto e sui capelli, ansiosa come una tela bianca aspetta il pennello di un pittore bramosa di diventare un'opera d'arte. E l'altra parte di te, invece, si interrogava se quella eri proprio tu, non si riconosceva più, arrivava a chiedersi se quella già vissuta era stata vera vita. Però questa emozione mai provata Lo stomaco bloccava e alfine ti ha spaventata. In quel "io vorrei non vorrei", eterno dilemma, si sceglie sempre la tranquillità mai di vivere la vita. Stella che ancora accendi il mio cuore. Stella che alimenti dolci emozioni. Ritorna a brillare nel mio firmamento solleticherò la tua mente con un arpeggio melodioso di parole, affrescherò di carezze tutto il tuo corpo, e insieme... cercheremo l'eternità.
Le stelle si addormentano avvolte nel chiaro della luna quando io chiudo gli occhi e tu mi appari, dolce visione che poi scompare. Le mie mani si allungano e come vento accarezzano i tuoi capelli, la mia bocca sfiora le tue labbra di corallo e un tenero bacio ne ricava. La fantasia abile regista dei miei sogni, spalanca porte chiuse, cori di violini suonano melodie sconosciute, il gorgo dell'immenso si riduce a poco, tutto si concentra in quel calore. Ciak. Il film è finito, apro gli occhi nel silenzio tutto è buio. Vedo la mia stella, l'attrice protagonista Dei miei sogni che mi sorride, l'appuntamento è solo rimandato non svanito.
Uno sbuffo gelido di tramontana soffia veloce rintocca la campana. Antichi suoni da tempo smarriti svegliano fiacchi uccelli notturni addormentati. Borbottano così mezzo appisolati e raccontano di amori nati e mai sopiti. Eclissi d'amore dentro ai cuori Lontano echeggia un'acuta sirena la nave vaga in cerca dell'essenza fende la nebbia la luce del faro indica la rotta vera da seguire ai naviganti del mare dell'apparenza.
La luna splendeva da tempo nella tovaglia del cielo, con le stelle commensali quando giungemmo al molo di ponente. Un posto nuovo, musica amica accompagna quella prima sera insieme dell'annata. Un rebus come sarebbe andata! Un tempio del buon gusto, piano bar all'ingresso e a picco sul mare la sala si spiega con vetrate illuminate da candele bianche. Le onde che lambiscono gli scogli, la risacca che vedi nelle luci della città che vi si specchia. La mente galoppante immagina di essere ancora lì insieme questa estate a gustare il sapore, l'odore e il rumore di quel mare. Un raso bianco illumina il suo viso spesso scontento, il merito non è solo del colore, ma del calore che lo scenario magico trasmette. La mano non ritrae, anzi la stringe, avverti dal suo sorriso e dalla carezza che si fa sul raso, che è raggiante si sente viva di novità. Non c'è voglia di tornare, la musica diffonde melodie incatenanti, buon ultimi ad uscire. Gli scogli cantano di onde infrante, dipinti dai contorni spumeggianti, ossigenanti dell'amore. Il vento nella darsena sugli alberi maestri sibila un saluto, un invito al ritorno. Il rebus non è mistero si è risolto lì al molo, nel fascino della bellissima serata.
Cornicioni di illusioni si staccano dalle pareti dell'amore e cadono nei canyons di vene aride del cuore. Affreschi ormai scrostati finiscono nella polvere di amplessi da tempo dimenticati e infine trascinati in un ruscello di lacrime che ormai è fiume in piena, cresce, livella gorghi voraci pieni di rospi già inghiottiti. Le rive non bastano, tutto trascina a valle la piena verso le rapide, si ingrossa, preme contro la diga, la sfonda e come cascata di urina finisce dritta nella rete della fogna. Senso di sollievo, urlo liberatore che come eco ritorna indietro e provoca un rumore assordante che mi sveglia. Tu sopra ad un'arca, sei lì che mi guardi sopravvissuta al diluvio universale, mi dici: ma che stai a fare? Spariscono di colpo le cesoie immaginarie che vorrebbero tagliare i fili di acciaio che mi imprigionano la mente.
Percorsi solitari in mezzo ai prati, il volteggio di una farfalla, i saltelli di un grillo, la carezza del vento scuote il canneto, lo sguardo vigile di un falco presidia la campagna. Sei solo ma senti che lì c'è la vita!
Occhi fieri di patrioti, eroi delle nostre libertà ti fissano nelle lapidi di Pantheon vuoti, sei solo ma senti il peso dell'eredità di quel martirio e l'orgoglio che ti accompagna.
L'anima di un pittore che rivive osservandone la tela, l'armonia entra nel cuore e ti libera la mente quando ascolti una musica divina. Tu sembri solo, ma sei in dolce compagnia.
Percorsi affollati in mezzo a giovani alienati da decibel, pieni di lattine che fanno gli occhi spenti, apolidi dal nulla accomunati hanno in mente solo come tirare a campare.
Menti spappolate dalla noia crescente, senso del dovere zero, milioni di persone che si perdono nei miti di veline, fiction e calciatori, storie piagnone, la cultura nazionalpopolare incessante sugli schermi.
Porte e finestre al tramonto già sbarrate donne spaventate dal timore di scippi e di essere violentate. Branchi di codardi fanno il coro ai potenti sperando di potere raccattare qualche briciola di pane.
Libertà di stampa chiesta per giornalisti non indipendenti, il sapere di intellettuali che non si libra ma è organico a una parte, prediche di preti interessati a circuir la fede, onirici sogni che inseguono miti di cartone.
Menti inconsistenti, pennivendoli offrono pensieri giornalieri, schiavi dei diritti credono che tutto sia loro dovuto senza dover dare. È qui in questa folla di conformismo, oceano indifferente di opportunismo, che mi sento solo.
Per venerare i semplici giorni che portano via le stagioni - bisogna solo ricordare che da te o da me, possono prendere quell'inezia detta mortalità! Per ammantare l'esistenza di un'aria solenne - bisogna solo ricordare che la ghianda là è l'uovo della foresta per l'aria più in alto!
Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te quale sorte abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri, o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà: se molti inverni Giove ancor ti conceda o ultimo questo che contro gli scogli fiacca le onde del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino – breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo e fugge il tempo geloso: cogli l'attimo, non pensare a domani.
Continuo ad aspettare un sussurro di interesse per me, ma invano. Passo sempre nell'indifferenza del tuo cuore, come la banalità transita nel mondo. Ma sai, il mio cuore non dispera. Capita raramente ma a volte si alza l'orizzonte, si apre la propria mente, si guarda oltre, sì, ogni tanto un sogno si avvera...