Poesie generazionali


Scritta da: DueFantasmi
in Poesie (Poesie generazionali)

Muro

Ricordo quando il mio muro era eretto
Nessuno con me dentro
Io e me stesso
Io e i miei dubbi
Io e i miei problemi
Io e le mie emozioni
Ma si sa...
I muri vengono abbattuti
Il castello viene preso
Le debolezze manifeste
Il cuore viene esposto
Chi far entrare? Questo è il punto.
I pesi condivisi, certo
Ma soffrire è più facile.
Questo è successo
Aprire alla persona sbagliata
Una mano amica che poi ti ha pugnalato
Pareva indifesa e l'hai accolta
ma una volta dentro non ha esitato a farti a pezzi
Ed ora? Che fare? Ricostruire mura ancor più possenti?
O fidarsi ancora? Il rischio c'è ma come tornare indietro?
Una domanda a cui non riesco a darmi risposta.
Composta mercoledì 6 dicembre 2017
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    Scritta da: Marta Emme
    in Poesie (Poesie generazionali)

    Vossìa

    È arrivato (Abidjan 28,29,30-12-2017) il
    padrone dei padroni (Macron-Francia) e
    tutti belli attenti alle sue orazioni e nelle
    conversazioni, ricche di accativanti
    sfondoni (anche sul suo neocolonialismo).
    Vedi come sta lì ad affabulare, ma via,
    mandatelo, o giovani africani, a cagare!
    Perchè la sua politica (presenza francese),
    lì, fa scappare tutti e andar così a morir
    tra i flutti. Fin ad alzar, poi, le barricate (ai
    suoi confini), bell'amico! Bravo a raccontar le
    cavolate. Come quella che nel suo pensiero
    sempre state; mentre vede solo sè, aihmè,
    così pimpante e marpione com'è. Oppure
    schiavi  e sottomessi, nei costumi feriti e
    dimessi (nuova politica coloniale). Infine
    l'Italia paga il conto (migranti) di questo
    signore non esattamente tonto. Alleluia e
    Osanna! Ma mandatelo a farsi una soporifera
    canna! Alzate dunque il tiro (Africa) e mai più
    qualcosa è da firmar con la sua biro (alle
    sue condizioni). E questo che dico è solo
    perchè lo sfruttamento e l'abuso maledico
    e perchè il bene in Africa abbia finalmente
    il suo partito.
    Composta domenica 3 dicembre 2017
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      Scritta da: Salvatore Palma
      in Poesie (Poesie generazionali)

      Viaggio dentro me

      Questa notte non sapendo cosa fare
      nella mia anima andai a sbirciare.
      Mi trovai in un campo di papaveri neri
      che oscuravan i miei pensieri.
      Non vedevo vita, luce e colori,
      ma solo ombre ed orrori.
      Iniziai a correre impaurito
      ma a nulla è servito.
      Avanti a me una porta comparve
      Entrai, vi giaceva il mio cuore pieno di larve.
      Era pieno di ferite e tutto sanguinante,
      rimasi impietrito per un istante.
      In un angolino tutto impaurito
      un piccolo gufetto giaceva ferito.
      Come lo andai ad accarezzare con i suoi artigli mi fece del male.
      Ferito dal gufetto terrorizzato dalla mia presenza, diedi un calcio al portone perdendo la pazienza.
      Il gufetto approfittando dell occasione prese il volo ed uscì dal portone.
      Voltandomi verso il mio cuore
      chiesi il perché di tutto questo dolore.
      Lui mi rispose, non devi mollare
      come il gufetto devi lottare.
      La vita è piena di difficoltà ed è contorta
      solo tu puoi aprire quella porta.
      Che da tempo. ti impedisce di amare
      per paura di sbagliare.
      Trova la forza cancellando i dolori,
      e ridisegna una vita piena di colori.
      Composta domenica 26 novembre 2017
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        Scritta da: Marta Emme
        in Poesie (Poesie generazionali)

        Miopia

        Il male è da curare alla radice
        e questo non è proprio
        un'appendice, giacché dove
        crescono i bubboni si fan
        d'oro i mascalzoni* (microbi);
        ma se, chi cura, ha poche
        diottrie, allor, si può ben
        confonder nell'imbroccar
        le vie* (soluzioni).
        Composta giovedì 16 novembre 2017
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          Scritta da: Marta Emme
          in Poesie (Poesie generazionali)

          Incendi dolo(ro)si

          Come membra protese ad abbracciar
          l'umano, ovunque lo sguardo si voglia
          posar; come respiro del cielo; come
          essenza di preziosi tesori, i colori,
          dono del giorno, riposo nella notte
          fitta di oscuri sentieri. Son loro, le
          piante, che ci conducon lontano e ci
          porgon le generose fronde, col fiato
          che danno. Ecco che sono, e più non
          ci sono, e restan, dei rami nodosi e
          sinuosi e annosi, neri e scheletrici
          carboni, usciti dalle fiamme stringenti
          feroci; così, mentre schioccava forte il
          dolore, la linfa esalava nel cielo
          spettrale. E fumo e demenza restavan
          soltanto nell'aria acre e desolata di
          struggente passione nel contemplar
          il male di essere stolto. Allor, se si
          vuole una natura brulla* (piromani),
          la politica non sia grulla e i boschi
          bruciati non sian ripiantati. In cento
          anni ricresceranno, siccome tanto è
          stato il danno, e quelli che han furia
          aspetteranno. Alla natura lasciam
          fare ed è questa la lezione e l'unica
          che dobbiamo dare, per contrastar
          le mire di chi rimane allor così: nel
          sacco con le pive. Ma com'è amaro,
          di questo, dire.
          Composta venerdì 3 novembre 2017
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