Poesie personali


Scritta da: upablo
in Poesie (Poesie personali)

Gelosia

Strapperei le ali al vento
perché non ti accarezzi
al posto mio.

Vorrei che gli sguardi
si fermassero
ad un passo da te.

Che i pensieri che provochi
svanissero e fossero
subito dimenticati.

Che portassi con te malasorte
e chi ti sfiora possa
rischiare di morire.

Questo amore è una lingua di fiamma
che scalda e brucia
che brucia e scalda.
Composta venerdì 1 gennaio 2010
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie personali)
    Sottometti la luce che ti resta
    a una penna che mai
    può dirsi sia banalità di male
    le trasmetti la notte come fosse
    una bevuta povera e insicura -
    le passi il suo contrario ed è il trionfo
    dei non colori che si fanno insieme
    pace e guerra, ma se tu alzi gli occhi -
    minuscoli animali impauriti,
    servi della regina di un colore
    che s'espande nell'alto senza limiti
    e discende poi all'orizzonte-mare -
    vedi che tutto è un imparare solo -
    e il corruccio, le rughe, la vecchiaia,
    e lo specchio che vive frantumandosi
    seppelliti nel più basso possibile
    ed insieme alla disapprovazione -
    il cielo è una lavagna senza tempo,
    le stelle si riscrivono ostinate,
    consce d'essere errori all'infinito,
    e la Luna tenuta tra le mani
    di Dio o di Nessuno, che barcolla
    negli attimi di silenzio del tempo
    è un gesso o un intonaco spezzato
    sotto d'un'unghia o le scosse di un sisma -
    l'insegnamento cede all'ignoranza
    di un arcaico che non vuol far conoscersi -
    e le pupille le vedrai assorbire
    altro inchiostro da questo calamaio
    e la mente ti sembrerà ficcata
    nel banco del tuo volto, potrà fingere
    d'alzarsi con il sonno... con il sogno!
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie personali)
      Un vedere la fine tutta e ovunque,
      una pistola silenziosa germina
      il colore puntato su chi passa -
      scrittore, chiama, vieni a non vedere
      che cosa sia lo scrivere la Notte -
      tavolo alzato a telo con il cielo -
      una lavagna con segni di stelle
      indecifrabili ripetitivi
      e solo il gesso della luna crolla
      impercettibilmente nelle briciole
      al terremoto di un silenzio-luce -
      quando l'inchiostro domina c'è solo
      una lettera che non si sa leggere
      chiara come il mistero della Morte -
      come chi nell'esterno ha abbandonato
      il corpo per donare ad occhi aperti
      la visione dell'interiorità
      con due coppie di palpebre rivoltesi
      al passato, cadute ancor più dentro -
      solo il sogno una torcia miserabile
      un tentativo di interpretazione
      che riaffiorando non resta che a galla!
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie personali)
        I
        Il cimitero della casa è esteso
        ed alla tomba della stanza bussa
        lo sguardo all'altro mondo della veglia -
        ma non apre, non apre, sa che dorme -
        si versa come lacrima fermatasi
        sulla guancia di un attimo compatto -
        sa che la decomposizione eludi
        che la testa è risorta dal naufragio -
        che il sonno naviga sulla sua zattera,
        che l'isola di un sogno si profila
        a un orizzonte d'interiorità -
        mentre il resto del corpo è rivestito
        dall'abbraccio materno di una bara
        che parte dalle dita dei tuoi piedi
        e arriva al collo a darti una carezza.

        II
        Ma il volto fuoriuscito è la sua tomba
        con cui il visitatore si orienta
        per arrivare al suo ripiegamento
        e questo è morte è il suo lutto interiore -
        le pupille le versa nella notte
        perché nessuno veda che lui piange -
        mentre il resto del corpo è il suo fanciullo
        che nel lenzuolo ha la sua bara bianca.

        III
        La specularità è un'invenzione -
        io sono il mare e il mio lenzuolo è spuma -
        e fluttuo in una morte provvisoria
        risalirò ché voglio raccontarla -
        ma non potrò, sarà il sonno sommerso
        assieme al cuore del suo sogno spento -
        le pupille son lacrime che aggiungono
        colore al lutto che rende la morte
        una vivente che non può vedersi
        tra la folla accecata dal suo pianto -
        mentre lassù si crea un'opposizione -
        anche la notte è un corpo che si oblia
        e sprofonda all'interno nel suo nero
        per sognare nient'altro che il suo sonno
        e le stelle ai non occhi che s'accendono
        sono quelle che invece fanno luce!

        IV
        Tutto si spegne per mirare al nero
        nel profondo di sé, solo una luce,
        oscurità che abbaglia ed è uniforme -
        solamente le stelle si sparpagliano
        e con un'alternanza irrinunciabile
        compensano lassù l'assenza di occhi
        aperti a fare luce qui nel mondo!

        V
        Ti crederai più solo nella morte
        quello che resterà altro da te -
        le tue pupille guarderanno nero
        ai loro piedi, l'unico colore
        per dire tutto ha preso la sua essenza
        e la trascina a rendere assentato
        quel passato che finalmente oblii -
        e le stelle saranno ribellione -
        il sacerdote della Luna muto
        nell'abito tranne che nel riflesso
        gettato, anch'esso è un'eco di silenzio -
        con la loro presenza si diranno
        lacrime in veglia a non spegnersi via
        reclameranno a sillabe la luce,
        la defunta di tutto l'universo!

        VI
        A cosa serve quando è buio ovunque?
        Specularmente, e sono mare e terra?
        E il cielo è lassù solo a disperarsi
        in silenzio come di un gemello
        perduto nella morte più interiore?
        Quando il buio è al buio anche di sé
        le stelle, ecco, lo portano alla luce,
        luci che lo salvano dall'oblio,
        resurrezione in delle loro lacrime,
        sconfitta della fine nella stasi,
        sulla guancia di un tempo che non scorre!?
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie personali)
          Maledizione! E ora di nuovo dobbiamo riflettere
          Se questo cielo fuori sia reale?
          Allora chi è a far girare in eterno quest'uovo blu
          Vicino a noi finché i più si infuriano
          E io dalla paura non riesco più a essermi d'aiuto
          E alcune stendono le loro ossa
          Quasi per beffa sopra le linde piastrelle
          E sorridono piano, come dalla brama sedotte-;
          E dolce è l'ira – si deve solo gustarla.
          Come qualcosa di rubato, nell'oscurità.
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