Quando un pittore ti mostra il colore, ci puoi vedere ogni forma di cuore, come cinquanta gorgheggi di piume, o quell'istante che è segno d'amore.
Due corvi neri a tenerti le spalle, nella memoria a contarti le stelle, ad indicarti che strade deserte, son dove puoi sempre correr più forte.
Terre promesse, raccolti fioriti, finestre al sole per giorni infiniti, sogni che sono mistero al vangelo, macchie di sangue più pure del cielo.
E se felice era un tempo lo sguardo, da catturare il più intenso ricordo, non ti fermare a gettare il tuo pianto, ogni momento trasforma anche il mondo.
Ridi buffone o pagliaccio a canzone, che sai che il grigio è più bello al colore, e che tra steppe di vento e tempesta, basta una spiga di pane che resta.
Desiderare due ali di fuoco, farle volare fin dove sei cieco, fino a vedere nel buio più niente, ogni colore a morir dolcemente.
Quando un pittore ti mostra il colore, non dargli il tempo di farteli amare, libera il lupo che in petto dimora, qualsiasi sogno o emozione, divora.
Ho visto il cielo andare in pezzi a scoprirsi diverso. Gli ho chiesto quale fosse l'acqua delle nuvole, per aiutarlo a piangere senza lasciarlo solo.
Non mi ha mai risposto, se non con il vento.
Il passante, di una strada percorsa per caso, mi volle donare il pensiero: "Prendi la vita all'istante, e portaci dentro ogni pezzo di cuore che senti bruciare nel petto, senza nessuna intenzione di smettere. Questa strada non sarà diversa, ma imparerai a conoscerla, passo per passo diventerà quella che volevi prendere per sempre".
Guardando il mio specchio ho capito.
Nessuno mi ha mai detto chi fossi, nessuno mai dirà chi sarò stato.
Lo specchio adesso riflette ogni cosa che sento. Lo farà fino a quando è domani.
L'uomo carrello porta un po' tutto, micio e fringuello bello o anche brutto. Porta un gioiello, un fiore e un frutto, fa un ritornello, gli scappa un rutto.
L'uomo carrello fa un po' di tutto, aspetta il tempo, bello o anche brutto. Spera che nuvola copra, ogni sole, perché non ama il mondo di sopra.
Odia ogni viso che abbia un sorriso, tra bimbi e festa scoppia di testa. Sa che non conta quello che pensa, ascolta, arreso, chi lo detesta.
L'uomo carrello è innamorato, porta nel cuore buio e peccato, tante le gioie, ricordi e inverni, dove nasconde maschera e sangue.
L'uomo carrello porta un po' tutto, forse anche il mondo, bello o anche brutto.
Se uomo io fossi, vorrei esser di lacrime e pianto, di paura e tormento. Non intento a negare rimpianto, e capace a esaltar sentimento.
Poi vorrei saper fare carezze.
Si, saprei cosa fare dell'odio, da covare financo in eterno. Mentre stessa bravura nel dare l'amore, non sento di avere, seppur dentro nel petto pulsante a sparire non trova un istante.
E pagliaccio, vergogna di esser, rinnego, perché il folle che in mente mi danza, balla sempre di ritmi infuocati, di parole che bruciano il cuore e di composizioni d'amore.
Io non sono maestro, di niente e di nulla, e chiunque dovesse pensarmi mi ricordi come uno di tanti, come strade affollate di gente intasate, tra facce passanti.
Ferite di guerra. Cadaveri e terra. Sepolte le tombe. Cervelli le bombe. Di vacui richiami negli occhi, chi ami. Nel cuore ti mordi dall'odio, ricordi. La luna ribelle rubate le stelle. Ferite di guerra. Cadaveri e terra.
C'era un uomo a colore di donna, aveva vestiti di rosa sgualciti, e piccole perle nascoste alla pelle, perché poi mostrare a chi guarda il silenzio, non porta che chiodi fissati alla croce, convinte le forme d'icone inventate trasposte da roccia di massi sul petto, per ogni parola a ripeter concetto.
C'era un uomo che donna sognava sentirla di dentro ad avere coscienza, avente fattezze riflesse allo specchio, qualunque parete si portasse addosso, era una donna che stava in prigione, nascosta da sabbie a tempesta a fermare finanche gli sguardi di voglia a capire, persino gli intenti più puri a sentire.
C'era una donna, aveva soltanto da sentire il vento a portarle emozione, da chiedersi quale, il suo sentimento, perché gli insegnassero il suo pentimento?
Era sì libera dentro le stelle, era contenta un riflesso di mente, era piovuta da lacrime eterne, che si dissolse giudizio alla gente.
Mille, la vita nei volti, occhi in pensieri nascosti, specchi, la luce in frantumi, schegge a mutare distorti.
Goccia che tutto scompare, sangue che ignora fermezza, gioco del giorno per giorno, esser per essere umani.
No, non rinchiudete il vestito che pelle vi lacera al vero. Abbiate il coraggio di urlare, che si! -Sono quello che mai vi abbia fatto vedere- E si nutre dell'ombra e negli angoli liberandosi di ogni vergogna.
Infine mi arrendo, Ruri che il vento disperde. Musi che il tempo trasforma di macchia. Piume perdute innocenti.
Mi arrendo tra pugni caduti, tra segni di ferro alle vene arrivati, coi passi di rabbie ferite, tradite dagli occhi che han chiuso ogni sguardo.
Mi arrendo agli eventi del vento in tempesta, che mai sia riuscito ad avere le ali, nemmeno a sognarne ogni istante, sia polvere adesso a volare per me, che nel nulla rimane.
Conta tutte le scale da cui cadi e le ferite chiudile agli armadi, dove nascondi tutte le emozioni che lasci uscire, un mondo di ragioni.
Sacchi di sabbia accendi, col pennello colora la tua rabbia, dal coltello che sgorga sangue, scritto sulla pelle dove compaion segni, con le stelle.
Ridi del cuore immagini a canzone che inventerai ogni volta in delusione, stringi nel petto quanto senti adesso, foss'anche niente in pugno che un riflesso.
Prendi quel tuo sorriso tra le mani, conducilo ad esplodere al domani, tra carta in pezzi, ruggine ed inchiostro, e cento e mille maschere di mostro.
Dal vento lascia correre le dita, affida al condannato la tua vita e sentirai che poi il momento è giunto per poter dire addio, chiuso da un punto.
Rimane sia il silenzio che il cappello a salutare strofa e ritornello, l'ultima nota perde la battuta togliendo il tempo...