Poesie personali


Scritta da: Iris Vignola
in Poesie (Poesie personali)

Nel sussulto del tempo, resuscita ognora

E s'ode un respiro di tenebra chiuso,
nel guado del tetro sepolcro,
sospiro di sguardo profondo scintilla nel buio,
risale alle labbra un gemito fioco,
l'apogeo del triste calvario rigetta il sudario...
Proviene dal lungo percorso d'abisso infinito,
il Figlio dell'Uomo... Rampollo di Dio.

Riprende il possesso del corpo smarrito...

La morte s'inchina alla vita,
getta scettro e corona,
bistrattata sovrana del nulla.
Rinnegata la veste sua oscura,
pel desio d'esser Figlio ch'onora
il Suo Padre, in ciò ch'era scritto già allora,
pel desio d'incarnare l'amore... ancora... e ancora.

Nel sussulto del tempo, resuscita ognora.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Iris Vignola
    in Poesie (Poesie personali)

    Come a essere angeli

    Azzurri veli,
    negli abiti di tulle,
    tutu eleganti
    per inventare danze,
    lustrini,
    in chignon raffinati,
    per essere più belle
    e affascinanti.
    In calzamaglie
    e giacche variegate,
    costumi storici
    e forge aristocratiche,
    per essere più belli
    ed eleganti
    in performance appariscenti.
    Snelle e flessuose,
    movenze delicate,
    lievi passi danzati
    in rigide punte gessate.
    Prestanza e forza,
    movenze vigorose,
    agili passi danzati
    in nere mezze punte.
    Suadenti note,
    in melodiche armonie del pianoforte,
    accompagnanti
    l'eterogenia dei movimenti.
    Soavi cigni
    o Belle Addormentate,
    dolci Giuliette
    o Cenerentole incantate;
    fervide amanti
    dei vostri sogni a occhi aperti,
    estrose artefici
    dei vostri desideri più reconditi.
    Fieri Corsari
    o folli Don Chisciotte,
    aitanti Fauni
    o Spartacus ribelli;
    decisi amanti
    d'innati sogni ambiti,
    forieri d'energia
    onde appagar i vostri desii.
    Stelle,
    fantasmagoriche e brillanti,
    nell'incantevole magia
    d'una corale fantasia
    d'evoluzioni strabilianti
    e gesti celestiali.
    Oppure in Arabesque,
    come a essere Angeli.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Iris Vignola
      in Poesie (Poesie personali)

      Atavico amplesso nell'eden sì perduto

      Dall'alito sorgivo,
      nasceva Adamo, su terra consacrata;
      dalla sua costola predetta,
      s'innalzò Eva, appariscente, immacolata bellezza.

      Tra i lillà, soggiacevan alla vita,
      prorompenti e innocenti le lor caste nudità.
      Compagni d'avventura... O di sventura,
      per l'arbitrio di chi non avea pari alcuno.

      Silenzio in scaglie,
      negli anfratti del seno prescelto,
      fra costante rumor di fauna sibillina
      e flora abbarbicata ch'odorava persino nei colori.

      Acqua adamantina, di purezza straripante.
      Quasi giardin del cielo,
      quell'Eden acquisito e primordiale;
      singolare riflesso d'eccelso Paradiso.

      Tra fronde verdeggianti e frutti sconosciuti,
      avean casa viscide serpi velenose.

      Fra cosce candide di donna, divenute esasperate,
      strisciava il vile ingannatore,
      scatenando qualcosa d'inconsueto,
      oltre alla percezione del pudore.

      Di sangue s'infradiciaron le sue gambe.

      D'istinti d'altra specie, esagitò Eva, ch'ignuda si sentì,
      fin a coprirsi con la foglia d'un tenero virgulto.
      Negata, quella mela che porse al prediletto Adamo,
      che la seguì, privo d'obiezione.

      Tremolii su primitive labbra consenzienti
      dischiuse,
      nello sfiorar d'un cristallino bacio,
      seppur prologo d'ulteriori eccessi fattisi irruenti.

      Tra oleandri e rampicanti,
      betulle e piante sempreverdi,
      gli olezzi dei roseti
      inebriavano l'olfatto.

      Parossismi equipollenti, nei lor sensi ossessionati,
      sguardi impertinenti
      supplicavano il coraggio
      per quegl'istinti di cui non erano coscienti.

      Coperti dal primordiale cielo,
      vermiglio, nei riflessi conturbanti, ceduti al mare,
      nel suo ospitare il sole e i suoi colori rosseggianti,
      nell'imbrunire, sì posto a ventaglio,
      il femminile corpo seducente e nudo.

      E nell'atavico amplesso sconsacrante,
      dacché non eran sposi consacrati,
      godeva il serpente, nella sua spira avviluppato,
      nel mentre il sole perdeva i suoi appigli,
      calandosi nell'acque divenute turbolente.

      Ma s'oscuraron cirri, su di loro,
      forgiando nubi di carbone,
      si coprì il cielo,
      delle tinte della rabbia e d'impotenza,
      scatenatesi all'indegno tradimento.

      Poi giunse il tuono, nell'ira del Creatore, palesato,
      lor Dio Padre, che li additò a spergiuri e stolti peccatori,
      sancendo pene gravi e pianti disperati,
      per l'avventata Eva e il suo compagno Adamo.

      Nel sospiro, che dal petto s'immolava,
      s'arrancava il pentimento,
      valicando il confine di tal Eden
      sì perduto e benedetto.

      D'uno sguardo dissonante,
      si vestiron i lor occhi già cacciati e maledetti;
      artefatte, la bellezza e la purezza,
      ai compagni di condanna e di dolore...

      Stranieri a quel giardino,
      nel lor errar nel mondo ignoto, alfin conobbero le vesti.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Iris Vignola
        in Poesie (Poesie personali)

        Luna nera

        Evocai il di lui sorprendermi, talmente assiduamente,
        che spicchio di solar bagliore,
        prim'ancor d'esser partorito dal grembo aurorale,
        vestendola d'oro e altresì di purpureo chiarore,
        procrastinando lo smodato calore
        e all'arco di giornata ritardando d'arrancare,
        venne alla luce, alquanto sbalordito.

        Col segno zodiacale, soppesai il silenzio,
        onde salvaguardar eterna solitudine,
        ombreggiante proprì apocalittica essenza,
        al fin giammai di sacrificarmi all'impudico nulla.
        Ea triste, il suo lagrimoso volto,
        m'arrecava tristezza;
        per indefinito tempo,
        prospettai me stessa compagna d'essa.

        Di tenebra, tessuto
        e da rivelazione, gettato,
        muto, il velo suo rimase al suolo
        quand'a me perfetta s'ea palesata.
        Sordo al silente abbandono,
        niuno lo vide né lo fece suo,
        in virtù della speme nutrita
        verso realtà amica.

        Or il vespero attendo,
        empiendo l'attesa d'evidente tinta evanescente
        coniugat'a impietoso tremore del corpo,
        fintanto ch'in periodico apogeo alfin appare,
        Luna Nera ribelle e selvaggia,
        archetipo d'istinti e pulsioni,
        dilaganti tuttora nel ventre che guarda.

        Per quanto
        solitudine imperi,
        è sciente ch'essa sia fatiscente.
        Luna Nera t'imploro: Orsù, impetra l'Adamo,
        che soggiaccia quest'Eva ch'è pronta,
        pur non oltre il piacere,
        pur non oltre l'Amor essenziale.
        Vota la poesia: Commenta