Poesie personali


Scritta da: Iris Vignola
in Poesie (Poesie personali)

Rimorsi

Facile.
Inaspettatamente troppo facile.
Più che rubare le caramelle a un bambino.
Il suo amore era, dunque, così tenue?
Donna arrendevole...
incapace di lottare...
Sono salva!
Lui è solo mio!
Gioirò.
Griderò al vento.
Danzerò alla luna.
Dopotutto...
... ho vinto...
Che cosa voglio ancora?
Tanto, non mi basta?
Malessere,
nelle mie membra...
Ombre nere,
nella mia mente...
sortite dall'inferno,
la ottenebrano...
Era così bella...
Era così dolce...
Creatura eterea,
approdata, per errore,
sulla confusa Terra.
Quanto male perpetrato
in nome dell'amore.
Il dolore la consuma,
fino a spegnerla,
quale candela
al calore della fiamma.
Io... vincitrice...
seppur
un sapore amaro di sconfitta,
tormenti la mia bocca,
quale veleno
che brucia le viscere e la mente.
Eccola...
La sua veste nera... cade,
come la sua vita
e, quale bruco che si muta in farfalla,
rinasce a nuova Vita,
in veste candida,
per danzare con gli Angeli.
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    Scritta da: Iris Vignola
    in Poesie (Poesie personali)

    Sogno d'amore... e null'altro

    Sogno irreale, a sua volta sognante,
    mai divenuto vecchio e stanco,
    ancor accompagnante il divenire,
    sballonzolato, nel proprio limbo esistenziale,
    sul trespolo dell'indefinito,
    nell'attesa del traguardo.
    S'aggrappa sugli specchi... e non soltanto.
    Sogno d'amore... e null'altro.

    Cavalcando dentro al tempo,
    dando colpi a destra e a manca,
    si fa largo tra ricordi e tra rimpianti,
    ingabbiati nelle pieghe d'un passato
    sconfinante nel presente,
    barcollante nel deciderne il rigetto.
    In un flash, guarda il film in bianco e nero.

    Tale mano si perpetua, incoerente,
    nel cucire la sua tela d'una tinta.
    Ragnatela.
    Come ragno, assembla i fili, dentro ai bivi,
    incatenando mero senso di speranza,
    sovente, desiosa trama fatiscente,
    all'ordito d'ogni scelta, sia giusta o desolante.

    In attesa, nella languida costanza,
    che incrementa di saggezza e di fermezza,
    il mio sogno non accenna un movimento,
    né all'avanti né all'indietro,
    attendendo... e attendendo...
    Un barlume di realtà,
    a nutrirlo e a ripararlo dall'ordito ancor errato,
    per donargli finalmente eternità.
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      Scritta da: Iris Vignola
      in Poesie (Poesie personali)

      Era bella

      Natia stella del borgo arroccato,
      era bella,
      Principessa di tutto e di niente,
      nel calcare il declivio sinuoso
      per bagnare candore di piume.
      Agognava un incontro regale
      come in tutte le fiabe sognate.
      Dalle membra d'un cigno aggraziato,
      in flessuose movenze,
      sbocciava l'incanto del fascino innato.
      Sprazzi d'arcobaleno, nell'iridi screziate,
      acquose pietre trasparenti,
      nel resto dei suoi occhi rilucenti.
      Lo sguardo suo, spavaldo,
      assorto negli squarci d'orizzonte,
      volava in alto,
      intanto che chinava altera e fiera,
      qual vestale immacolata,
      abbigliata di purezza, nella veste castigata,
      allorquando,
      strappandole le vesti e il sorriso,
      rudi mani
      le sottrassero il mondo intero,
      fomentando urla e pianti disperati,
      i cui echi
      rimbalzavano sull'acque gorgoglianti,
      prima di morir annegati.
      La sua virtù annaspava,
      nel mentre che implorava
      per non subir il demoniaco sopruso,
      di quell'immonda bestia su due piedi.
      Repressi tabù fors'erano alla fonte,
      incrementanti ossessioni
      e perpetranti infamie ossessionanti,
      in squallidi momenti depravati.
      Viscerale desio d'istantanea morte,
      il triste suo pensiero,
      a implementar rimedio
      allo spettro d'un futuro strazio vivo,
      senza scampo
      e ineluttabilmente eterno.
      Rea impenitente di pudore,
      violato e immolato sull'altare dissacrato,
      riversa, sulla riva imbrattata di sangue,
      la mente perduta nel nulla,
      riflettendo se stessa nello specchio fluviale,
      vide il cigno
      trafitto e sporcato dal bieco peccato
      e osservò le sue piume,
      non più bianche ma nere,
      sotto il cielo ammantato di male.
      Al pensiero funesto, era sordo!
      L'imbrunire, che intanto era sorto
      oscurando le acque sornione
      del letto del fiume,
      ponderato "appropriato all'eterno riposo",
      scatenò la coscienza confusa,
      nel suo sguardo ormai spento
      similmente a esistenza dissolta,
      come fiamma d'un mozzicone
      annientata dal lago di cera.
      Rizzandosi in piedi, a fatica,
      risalì il sentiero sterrato
      con il cuore vilmente spezzato.
      Un'ombra attendeva, dubbiosa...
      La sua falce impietosa era pronta,
      ma non ebbe ragione d'alzarsi
      sul giovane capo reclino,
      per mieter la vittima arresa alla sorte.
      E la morte perdente riprese il cammino.
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        Scritta da: Iris Vignola
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        Madre... padre...

        Era mia madre,
        la tenebra imperversante;
        cingendomi nel suo amoroso abbraccio,
        rapì il primo mio vagito stupefatto.
        Lievi carezze,
        accompagnanti sogni consumati assiduamente,
        nei miei sonni beati di neonata,
        dacché le ossute dita oscure
        serravan le mie palpebre socchiuse,
        cantavan nenie,
        narravan di Fate e di Sirene,
        carpendo il mio respiro,
        in cambio del sospiro della notte.
        Sospesa in equilibrio, tra la realtà e la fiaba,
        lasciandomi traviare da suadente beltà rivelata,
        addentrando il mio esile corpo,
        m'accoccolavo in grembo,
        in modo di nutrirmi al suo seno offerto,
        nonché cercar protezione, in notti discinte,
        esprimenti il livore del cielo.
        A piena mano, allor elargiva il suo tepore.

        Padre assoluto, padre beneamato,
        il suo bacio d'amore,
        al primo chiarore del mattino,
        risvegliando il mio torpore persistente,
        rasserenava l'animo infante,
        spesso reso triste dalla bieca sorte.
        Con tenacia, aggrappata a una nube,
        con l'intento di sapermi, a lui, vicina,
        ero figlia adorante il proprio padre,
        seppur, talvolta, d'istante s'adombrasse;
        anzitempo, in connubio alla sua sposa,
        si copriva del suo velo,
        per qualcosa a me incompreso,
        tuonando la sua voce portentosa,
        com'eco a ravvivar il mio timore insano
        d'esser figlia bistrattata e poco ambita.
        Fin a che il dolce pianto cristallino,
        scacciante le mie lacrime di sale,
        dal mio viso corrugato,
        non portava il suo rimorso,
        rinnovando la certezza del suo amore.

        Or mio padre,
        s'è decretato il divampante fuoco
        alimentante il tempo,
        a cui m'appello, assai sovente.
        Or mia madre,
        s'è palesata l'ancora pesante
        della speranza costante,
        a cui m'immolo, ormai perennemente.
        Quando entrambi svaniranno,
        allor soltanto,
        sola, con me stessa,
        diverrò inver funambola incallita.
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          Scritta da: Iris Vignola
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          Ritratto di spessore

          Ritratto di spessore,
          il firmamento,
          tinto di vermiglio,
          fin al confine del mare.
          S'è inabissato il sole,
          nell'acque
          divenute fiamme liquefatte,
          fuoco rovente
          che sa scaldare il cuore.
          Magico rituale, all'imbrunire,
          consacra la bellezza
          e la magnificenza del creato,
          inimitabile,
          lungi dall'emulare sulla tela,
          per la grandiosità
          della sapienza dell'autore.
          E tutto, poco a poco, si scurisce,
          nel mentre l'ombre inseguono la luce.
          Un testimone alato
          resta ritto a osservare,
          immobile,
          nella sacralità di tal contesto.
          Le bianche ali sue paion di gesso.
          Lo sguardo suo sorvola tutt'intorno,
          beandosi d'immenso materiale
          e la preghiera di ringraziamento sale,
          all'immateriale Regno sulle nubi,
          atta ad elevarsi
          al cospetto del suo Celeste Padre.
          La sinfonia degli Angeli,
          suoi simili,
          risponde.
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            Scritta da: Iris Vignola
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            L'infinito

            Il suo tutto,
            quel cuscino poggiato sul letto,
            circondato,
            acciocché rimanesse
            nell'abbraccio perenne.
            Il suo capo reclino,
            nella posa dormiente.
            Sul suo viso assopito,
            un sereno riposo
            nel cingere sogni e speranze,
            cimentandosi in eteree danze.
            Dimensione irreale,
            in assiduo conflitto al reale.
            Nel tenerlo ben stretto,
            si cullava tra sogno e realtà,
            suggestiva altalena
            alienante la mente,
            proiettata oltre il tempo e lo spazio,
            tra timore e coraggio.
            Era il tutto,
            quel cuscino poggiato sul letto,
            che piegava le labbra in un dolce sorriso.
            L'infinito,
            stringea nel suo abbraccio deciso.
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              Scritta da: Iris Vignola
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              Terreno incolto

              Terreno incolto,
              in cui coltivavo sogni, come fiori,
              che assiduamente inacidivano assai presto,
              bensì li bagnassi con l'acqua d'un corso
              nominato speranza,
              giacché fresca al tatto
              e cristallina alla vista.
              Giorno dopo giorno,
              ora dopo ora,
              minuto su minuto,
              desiavo lo spuntare d'un germoglio,
              peraltro invano,
              quantunque all'assolate pietre,
              s'abbarbicasse disattesa flora profumata,
              dalle radici nate tra zolle desolate,
              presunte inappropriate a ogni genere di vita.
              Nulla di ciò ha valor d'impedimento, al mio desio,
              dacché la speme è ancor nutrita
              da coscienza del pensiero positivo,
              resistente all'inclemenza negativa,
              che ben sa rinnegar il compimento.

              Ancor coltivo sogni
              in aggiunta a desideri,
              avendo asperso i semi nel cuor dell'infinito,
              in terreno riscaldato
              per grazia dell'amore perfetto e assoluto,
              bagnato da rivoli allegorici
              del fluido sempiterno,
              emanato da purezza e candor d'ampolle
              confacenti ad anime illibate.
              Pertanto, attendo
              disdegnando la chimera
              del risveglio d'un'aurora sibillina;
              che sia invero volitiva realtà,
              il sagace albore, da cui nasce la rugiada adamantina,
              destinato a dissolver l'ignorante oscurità,
              rivelante misteri inasprenti tormentosi eventi
              e a palesar desii appagati, dapprima proibiti,
              nonché sogni arretrati, ch'avran sapor di miele,
              nel dolce retrogusto.

              L'amaro allor si sarà dissolto,
              alfin, al mio palato.
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                Scritta da: Iris Vignola
                in Poesie (Poesie personali)

                Amore e psiche

                Bellezza d'una dea, mortale Psiche,
                d'Amore amante;
                in notti appassionate,
                carpivan reciproci misteri
                dei lor corpi appen'adolescenti.

                Di tenebra occultati,
                i volti sconosciuti,
                ma i cuor battean unanimi,
                all'apice d'ardor d'istinti innamorati;
                memorabili amplessi infuocati di passione.

                Galeotta fu la goccia dal lume traboccante,
                d'olio bollente, che risvegliò Amore;
                quell'attimo di luce lo sorprese,
                svelando il viso suo ancor dormiente
                alla sua amata, sublime ispiratrice.

                E se ne andò indignato, lasciandola alla sorte,
                che la vide prostrata, smarrita, infelice.
                Amor l'avea subitamente abbandonata,
                lasciandola sconfitta,
                raminga, a supplicar la morte.

                Discese in quel degl'inferi, soltanto per Amore,
                final cruciale prova in cerca di bellezza;
                Proserpina tramava
                e propinò l'ampolla priva della stessa,
                bensì fosse riempita dell'infernale sonno.

                Così la trovò Amore, supina nell'oblio;
                libravan le sue ali,
                mentr'egli s'inarcava ed ella s'allungava,
                m'ancor nel sonno er'addentrata,
                verso quel bacio ambito che li univa.

                Le labbra si cercavan a oltranza,
                purtuttavia senza toccarsi,
                nel suggestivo mero contemplar di sguardi.
                Dolcezza straripante di attimi esclusivi,
                nello sfiorar d'un seno ignudo e teso.

                Desio innegabile, sebbene sottinteso,
                d'Amore per la sua diletta Psiche.
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