O navigante che isole costeggi e cauta cerchi un approdo rigoglioso di primizie e gioie fuggi da lezioso agghindarsi di parole se menzogne sono al cuore. Sterile, sappi, è sempre il raccolto di lusinghe mendaci che come nebbia velano l'inganno: è solo nella fatica del divenire di giungere ed essere luce che non vi è mai spreco di sentire, solo nei getti di ardore in scoppio un rossore fiammeggia e sempre è specchio di passione! Se di vero sogni si indorano di nulla sbadiglia chi vive sulle chiome dell'anima affluisce linfa e rugiada luci fuggono dagli occhi! Risveglia le ali e segui la scia se amor sincero ti fomenta staccati dalla pretesa che ogni cosa che accada sia certa e governabile; una potenza di delizie esploda di pienezza intera ti penetri e poi se vuoi essere: sii! Non vuoi tu tornare a guardare la luna nelle celesti sere invaghirti di future essenze restare sotto lo scroscio di emozioni bagnare il volto? Non sai che la vedovanza di sole non riporta in vita i nostri morti e che di nero nessuna rosa si colora? Canta la tua vita finché puoi prima che la voce in enfasi sia sopraffatta dal silenzio: poi nessun vivente più t'ode!
Ancora nella selva. Una selva, una foresta. Sto correndo, sto fuggendo da qualcosa di indefinito, che non vedo, ma che al mio istinto, al mio animo, suona così familiare... Le piante mi frustano il viso, parole come lame, e il terreno sotto i piedi è aspro e duro. Ancora una volta scaccio dai pensieri un volto, un volto che è una catena... Lo è davvero? O non lo è?
Catena. La parola stessa ferisce più di mille frustate, più di mille lame, più di mille parole.
Sto correndo, fuggo ancora. Ai piedi sento una catena legata, come un prigioniero fuggitivo che, anche se libero, porta sempre con sé il segno della sua colpevolezza.
Ditemi, ditemi la sentenza: colpevole o innocente? Lo è davvero o non lo è?
Corro ancora, fuggo ancora, mi chiudo dentro me stesso e lascio che il dolore delle sferzate muoia nello stesso modo in cui nasce. Fuggo da quella maledetta parola, che continua a ronzarmi in testa e non mi lascia mai.
È inutile, è impossibile, in fondo all'animo so che non c'è via di fuga. Ma cosa posso fare se non tentare di fuggire, se non continuare a correre? Come posso rimanere fermo e accettare questa catena, inerme?
Catena, Questo ferro che costringe, che impone. Che chiude in una gabbia dorata la mia... una mia... fonte di libertà.
Continuo a correre, forse chissà, una via alla fin fine la si trova. Una svolta non ancora percorsa, un tronco non ancora scavalcato, un fiume non ancora guadato, una montagna non ancora scalata.
Quasi non m'importa dove poi finisco, la meta non è importante in fin dei conti.
L'amore di una coppia che volge a risvolti sempre più piccanti, catturati come sono, entrambi, dall'estasi dei sensi; un'amore che si sfalda sotto il litigio di possessione, ed un altro che finisce nel vuoto di un cuore che riesce più ad amare.
Esiste forse, da qualche parte, quell'amore che ti colpisce il cuore come impetuoso martello, e lo rende leggero come piuma e fragile come vetro?
Mi chiedo se qualcuno, lassù, conosce la risposta, e se mai, io, uomo, raggiungerò questa cosa magnifica che è l'amare ed essere amato.
Una rondine mi ha chiesto di scrivere. Io qui chiuso incatenato - tra due muri.
Ed allora scriverò.
Di un volo d'uccello libero come nuvola, e leggero, come piuma.
Un volo verso infiniti orizzonti infiniti.
Un volo pieno di luce, che attraversa qualche nuvola - è vero ma che ne esce anche sempre con qualche battito d'ali.
Scriverò di un volo a volte incerto, intimorito dai paesaggi sconosciuti che attraversa, ma un volo che affronta a testa alta ogni montagna e foresta, ansioso solo di scoprire quello che c'è dietro.
Scriverò di un volo strano ma unico a modo suo, spesso additato dal popolo dei camminatori come estraneo, e da quello dei volatori come impossibile.
Scriverò di un volo che conduce e mai si fa condurre, di un volo che si intreccia e intreccia innumerevoli altri voli.
Scriverò di un volo che dallo scorso autunno mi ha accompagnato e mi accompagna sempre.
La tua vita è stata sepolta dentro un corpo che ancora respira I tuoi sogni si sono afflosciati sopra i tuoi vent'anni e lì sono ammuffiti Incompiuti, monchi, disidratati essi non possono essere nutriti da un tubicino di plastica
Avevano bisogno delle tue ali per volare lontano e della luce dei tuoi occhi per diventare splendenti Immobilizzata in un letto d'ospedale ti sei fatta donna nel corpo ma Vivere non è solo respirare
Vivere è sognare, amare, guardare e toccare, crescere e correre a braccia aperte incontro al futuro... e non sentire il peso di quel futuro sul corpo che schiaccia la vita!
Non c'è dignità in una persona che non Vive e in un'anima che non può più volare Prigioniera in un corpo tenuto prigioniero da una vita fasulla... Attendo e prego per la tua liberazione.
Il tempo passa sui giorni stanchi trascinando lento la tua malinconia calpestando ore di ricordi felici
Il tempo infruttuoso si china a raccogliere lacrime amare e disperazione e le restituisce al tuo cuore senza mai portarsele via
La fiducia si sbriciola sotto il peso delle bugie Neppure fiumi di colla potranno più tenerne uniti i frammenti
I rintocchi della speranza risuonano lugubri nel tuo cuore come campane a morto mentre dal corpo ormai freddo di un'illusione annegata nel gelo della realtà resuscita la tua consapevolezza
Con occhi vuoti e stanchi guardi quel campo dove si è consumata l'ultima battaglia Il tuo cuore appare devastato dai mille combattimenti e dalle altrettante sconfitte Vestita a lutto abbandoni i suoi resti fra la polvere del deserto
"Lui" ha tradito quel cuore che tanto sapeva amare Ha tradito tutto ciò che eravate i vostri sogni, la vostra felicità "Lui" ha ucciso il tuo cuore macchiandosi di un delitto per il quale non ci sarà mai giusta punizione...