Metto da parte delicatamente tutti i pensieri intrappolati nella mia mente, affondo nel silenzio lontano dal rumore e come un'arrotino affilo dolcemente le pareti del mio cuore, con l'intenzione di tagliare l'emozione al primo impatto per assorbirne subito il contatto, sentir le vibrazioni più profonde, io spiaggia tu l'oceano immenso e le tue mani dolci onde che arrivano mi toccano e poi mi lascian solo ininterrottamente da mattina a sera.
Tendo le mani al giorno inizio a camminar con lui nelle le sue strade, e annoto nel taccuino della mente quel che accade. Dune di falsità rendono ardue le ricerche di contatto, occhi nel vuoto mi guardano come dire... questo è matto. Sogni sospesi nel deserto della fretta danno parvenze d'oasi ricercate, parole prestampate fuoriescono da sole come addomesticate, secchi cespugli d'emozione persa mi sfiorano donandomi tristezza, sabbia che porta il vento delle diversità crea muri a nascondere bellezza, miraggi di pazienza sconvolgono le menti indaffarate a costruir ricchezza, mentre nuvole di buone intenzioni si dissolvono squarciate da commercial saggezza. Con gli occhi semichiusi il giorno sta lasciandomi le mani ed io son stanco d'annotar nella mia mente quel che non accade più, di faticar per ritrovar negli occhi della gente un mare un cielo blu. Intanto notte fredda arriva a ricordare il gelo del deserto, deserto dato da contatti umani che non vanno a fondo. Pensar che ci legava e ci scaldava... un girotondo.
Il sole un giorno tornerà ad asciugare queste lacrime. Sono state versate per troppo tempo. A lungo ho atteso il tuo ritorno, ho aspettato che i tuoi occhi mi guardassero ancora, che ti accorgessi quanto in realtà io ti volevo. Ora è tardi e osservandoti da lontano mi accorgo che non ci sei più.
Ho costruito un muro intorno a me non chiedetemi il perché, sono state le delusioni o forse le mancate occasioni o i colpi dentro al petto che mi hanno dato per dispetto, so solo che qui dentro c'è il silenzio senza tempo, c'è la pace che cercavo, che da tempo anelavo, a nessuno è permesso di entrare a nessuno è permesso di turbare la quiete dopo il temporale, tu ci sei, nei miei pensieri quelli sperati, quelli veri, non occorre che scavalchi non cercare altri varchi, basta solo la ragione del cuore per aprirti la mia prigione...
L'ombra del tuo io ha sfiorato il mio mondo, creando un sogno per un secondo, il tuo fiume mi ha attraversata, scavata, incisa, lasciando un mare di detriti, ciottoli di un'esistenza ormai andata, rami di una vita ormai spezzata, onde leggere mi hanno accarezzato, con straripamenti d'amore mi hai riempita, hai corso dentro me prendendo il sole navigando dentro argini d'amore, non ti è bastato, sei andato, in una folle corsa sei finito lì dove la roccia guarda l'infinito, sei andato giù nel precipizio dove c'è la fine e non l'inizio.
Le onde biancastre solcano la sabbia, è un lento sfiorarsi senza rabbia, una carezza dopo l'altra che dura da secoli immaginate se accadesse a tutti i popoli? Sarebbe la fine delle guerre assurde sono inutili, portano distruzione e morte, armano di fucili anche i bambini che bruciano l'infanzia come dei camini, dovrebbero giocare col pallone invece di rischiare di saltare sulle mine poste dal nemico per fermare in fuoco amico. I potenti della terra non hanno mai fatto una guerra, non sanno che vuol dire vivere e uccidere per non morire...
Sono il tuo albero, quello con cui da piccolo giocavi a nascondino, quello sotto cui hai detto per la prima volta ti amo. Sono il tuo albero, quello che ascoltava le vostre canzoni, gridate nelle voci di un adolescenza sognatrice e suonate nelle corde di una chitarra che porta il mio nome; le stesse canzoni che ora vuoi rubare all'Umanità, accecato dal potere del mio peggior prodotto, il denaro. Sono il tuo albero, quello che ti ha cresciuto con i suoi frutti di cui ora apprezzi solo il potere che ti possono dare brevettando ciò che non è tuo e distruggendo tutto ciò che è futile al mercato. Sono il tuo albero, quello che ti curò con le sue tenere foglie quando ti ammalasti; le stesse cure che ora vuoi negare ai tuoi fratelli solo perché non possono compiacere la tua avidità. Sono il tuo albero quello che a scuola ti ha dato le sue matite e la sua carta per disegnare le tue idee e il tuo sapere; le stesse idee e lo stesso sapere che ora vuoi legare per quelle cose che tu chiami affari. Sono il tuo albero e visto che oramai ci conosciamo da molto tempo mi permetto di insegnarti una cosa: ciò che ha un valore inestimabile non può avere mai un prezzo. Sono il tuo albero, e anche se continuerai ad umiliare le mie e le tue radici e ad uccidere i miei compagni quando potresti farne a meno, io fin quando sarò qui continuerò a regalarti la mia ombra e il mio calore chiedendoti in cambio solo la gioia del tuo respiro.
Perché non impari uomo a pensare prima e a parlare dopo? È semplice. È come se tu parlassi prima a te stesso e ne avessi risposta da questo te stesso, una risposta che sia una conferma o una negazione, per poi parlare agli altri. Se te stesso non approva ciò che hai pensato e detto, come puoi sperare che l'approvino gli altri? Fu detto questo. Fu detto in quello che si dice Nuovo Testamento quando il Cristo dice: "prima di cercare la pagliuzza negli occhi degli altri, pensa a ciò che nei tuoi occhi sta molto più pesante e ingombrante di una pagliuzza".