Scritta da: Francesco Torrice
in Poesie (Poesie personali)
Tempo
Scivola via...
come rugiada dalle foglie... questo tempo a cui dei
desideri
poco
importa.
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Scivola via...
come rugiada dalle foglie... questo tempo a cui dei
desideri
poco
importa.
Riaffiora a volte giovinezza un po' sbandata,
ne porto dentro i segni come righe sull'asfalto
dopo brusca frenata, non son mai stato un fante ne
un'arcière ma... ero un'abile moschettiere,
quand'ero per la strada sapevo usar la spada
con la lucidità di folle burattino scaldavo con la
fiamma il cucchiaino, senza pensarci troppo
accompagnato da frenetica impazienza
scioglievo l'eroina con magica sapienza, mettendo via
problemi pene sparavo tutto quanto nelle vene, un attimo soltanto e poi il primo spasmo, non esisteva
altro, meglio di qualsiasi orgasmo.
Inconsapevole del cinico potere fratello delle
differenze, il prezzo da pagare le assurde conseguenze
delle amicizie false le prepotenze,
d'ipocrisie già innate falsificando firme
nel libro delle assenze
di amori e sogni chiusi in un cassetto,
sfuggenti sguardi in odor di sala d'aspetto.
Amori fatti in fretta amori calcolati,
tenendo le siringhe pronte ai lati
troppe le volte che son rimasto solo
troppe volte sono inciampato prima di spiccare il volo.
Ti guardi nello specchio e non ti vedi, non sai nemmeno in chi o a cosa credi, e gelide lenzuola
coprivano a fatica i piedi, candele stanche di crear giochi di luce animavano le pareti spoglie, di
sagome sottili.
Mi sono visto molte volte in mezzo a quelle sagome sottili ero... come un burattino ingarbugliato nei miei fili.
Poi ho incontrato te mia dolce amica, e con dolcezza
mi hai tolto l'ago dalle dita, i raggi del tuo cuore
hanno riacceso in me la gioia in uno splendido mattino
ora è solo un ricordo il burattino, è stata dura è costata sofferenza, ma sono qui son vivo.
Adesso è l'emozione la mia essenza.
Malinconia
d'un lento abbandono.
Dolcemente lontano vanno via
piano scivolando verso il nulla.
Questo dolore grande
e tenero
da sempre a sé negato incombe.
Eppure ancora devo vivere
Mamma,
e ancora devo giocare
come sotto il tuo sguardo e il tuo sorriso.
E dal dischiudersi di un fiore
ecco la prima sensazione di dolore.
Nasce una rosa addormentata,
nel letto mio deserto, abbandonata.
Dammi un frammento del tuo viso
ed io sarò contenta ed appagata,
voglio un tuo semplice sorriso
ed io sarò felice e innamorata.
Non darmi il fuoco né il tormento
Le lacrime non hanno più segreti
Non il mio nome abbandonato al vento
Grani di sale sulle deboli pareti
E dai pensieri si snoda una canzone
contro le porte socchiuse e cigolanti,
un grido soffocato di passione
una speranza di esser nuovi amanti.
Contro i pensieri lanciati su un frammento
Ogni parola si lascia accartocciare
Un alitare lieve del tuo vento
Ed eccoci di nuovo a sospirare.
Il prato intorno è tutto rifiorito
La rosa si è dipinta di passione
Il fuoco non ci brucerà l'invito
A dominar, d'amor la sensazione.
Ah, destino ingrato... per quanto me la farai desiderare?
Per quanto il cuor mio dovrà aspettare?
Son giorni che desidero la sua voce,
son giorni che non trovo pace.
Il suo viso ogni giorno mi fai desiderare,
i suoi rossi capelli desidero accarezzare...
Il cuor mio si vuole dichiarare,
non riesce più lontano da lei a stare.
Sento di poterla far sentire speciale,
di farle capire che il mio amore non è banale.
Guardo i tanti pezzi della tua vita
ognuno rappresenta una salita,
gli amori, i doni, le stagioni
consumate nelle tue prigioni,
due gioie che hai nel cuore
un uomo da non dover amare...
La vita non è a strisce
c'è chi muore e chi rinasce,
chi si annulla e chi fallisce,
ma tu non sei come loro
sei forte come un toro,
ti senti solo un po' smarrita,
ma succede nella vita,
ora alza il tuo sguardo
vedi il tuo futuro?
No! Non è un muro,
c'è il meglio che ti aspetta
sei in ritardo, fa che il cuore ami e che mai più smetta...
Ti ho sognata,
sopra un letto di spine,
avvolta da seta rossa,
malinconica.
Prima di coglierti dovrò
calpestare
milioni di aghi.
Prima di baciarti dovrò
cancellare
la tua malinconia.
Due arancini e un tè
sono il mio pranzo:
per cinque giorni, in piedi,
tra ambulanti cinesi
e colletti tesi tra cravatte e giacche.
Come si ingoia male un arancino
se pensi che a Montalbano
li fecero diversi ed eminenti.
Diversi come i suoi i giorni
alle prese con cadaveri eccellenti;
intarsiati da misteri da sbrogliare
per menti che odiano dormire.
Qui è diverso: le nostre vagano
sul peggio del sopore,
tra il bicarbonato
del primo pomeriggio.
Parole
amate
pensate
che esprimono
armonia
lamento
felicità
di un'anima che sussurrando
vuole parlare di sé.
Il vento porta lontano le mie parole
in luoghi
inospitali
affollati
insoliti
e si trasformano in un'eco
e come un boomerang
tornano a tormentare
le mie notti insonni
mi turbano
mi trafiggono
mi ingannano.
Parole che non mi riconoscono
e non mi appartengono più
estranee
travisate
rabbiose
offensive
false
spregevoli.
Silenzio... forse il vento si placherà!
Silenzio... e l'ipocrisia trionferà!
Devo tramortirlo e imbalsamarlo
quest'amore che scalpita e vola
raschiare alle radici il dediderio
di te che dentro il cuore fiorisce
bruciare le pagine su cui è annotata
la cronaca di un accaduto convissuto?
Ti sentirai libera dopo
al vertice di un crepuscolo?
Libera di che? Di non amare?
Che contrapporrai a sogghigni di tristezza
al mortorio corteo di solitudini,
quale tepore umano ti sorreggerà
ragionando con vecchie e nuove malinconie!
Son gelide e magre labbra non baciate
insostenibili le conversazioni col vuoto
squartanti i suoi morsi voraci
rapidi i declini improvvisi di illusioni.
Non torcere e spezzare il neonato sogno
balbettante non sapeva ancora esprimersi
ma fu scritto, venendo al mondo,
che fummo fatti per amare
e non viandanti tra la folla della vita
a cui nessuno bada nel viale degli anni.
Senza luce la paura del nulla regna
i primi singulti avvia e serra il petto;
tutto soffocato, al buio pesante
più nulla si dibatte, durature assenze
instillano intollerabili presenze.
Riprenda ancora la tua vita uno sguardo
di un sentimento si faccia serva e padrona
non si ingrigi scialbata d'amore
e invecchiata funghisca nel rimpianto
di un languido: "perché così non fu?".
Se qualcosa di me in te affonda
se non demone incarnato io sono
e non ho mirato e impallinato le tue ali
abbandonati al primitivo sogno
e sia quel che sia domani;
una croce in segno di assenso
il tuo cuore analfabeta apponga
in calce ad un compromesso d'amore!
Un atteso e nuovo ritrovarsi
in un reminiscente slancio d'anima
ci dica: siamo ancora in vita
una presenza fidata ci accompagna
e la sua voce ci riscalda il cuore.