Scritta da: Rosanna Russo
in Poesie (Poesie personali)
Ellissi di te
La breve ellissi
falesia della notte
- mancanza di te
vuoto d'amore -
tempo che si sbriciola
svuotando il cuore.
Composta sabato 1 aprile 2017
La breve ellissi
falesia della notte
- mancanza di te
vuoto d'amore -
tempo che si sbriciola
svuotando il cuore.
Spuma di mare
che biancheggia.
Alba rosea
che nasce
dalla porta
del cielo.
Sguardo di luce
che, intercettando il mio,
sa dipanare
groviglio di pensieri,
che pacificati
respirano
in grembo di pace.
Contemplo l'arcobaleno
dopo la tempesta,
contemplo l'Etna
innevata,
superba in sua possente
bellezza.
Ascolto il mattutino
gorgheggio degli uccelli
che pregano
al sorgere dell'alba rosea
nell'infinità del cielo.
Ritrovo
la complicità
dei tuoi limpidi occhi
che, incrociando i miei
mi conducono
a vette di eternità.
Dopo la tempesta
il cielo terso
riluce in sua bellezza.
Gli uccelli,
col piumaggio
infreddolito,
ora gorgheggiano festosi.
Gli alberi,
ristorati da acqua amica,
fremono di gioia
e offrono al cielo
il loro rinnovato
verde,
colore della speranza.
La tristezza si è chiusa in una canto ardente
in questo popolo con veri sogni di grandezza.
Spine di vento venute dal mare e dal deserto
sono fioriti nei cuori e nei balconi sotto il tetto.
I marciapiedi sono onde dell'oceano sotto i piedi
costruite con pietre nere e da un maturo silenzio.
I suoi navigatori hanno appreso a solcare e amare
giocando con le onde sui piccoli cavallini del mare.
Il fado è il volto di questa terra dove muore il sole
dove l'aurora ritarda ma poi sboccia come un fiore.
I lusitani hanno aperto le finestre su terre lontane
portando nel cuore e nelle mani sogni e aromi.
Hanno chiuso con fucili pieni di sorrisi e garofani
l'ultimo capitolo di un libro pieno di secoli coloniali.
In futuro rinascerà la nuova musica dell'anima portoghese
quando l'allegria sarà il vero fiore profumato all'occhiello.
Il popolo si sentirà il vero e unico padrone di se stesso
in questo mondo senza frontiere, in pace e senza guerre.
L'uomo pianse ad alta voce il primo giorno
vedendo l'aurora sorgere dall'acqua notturna.
Ammirava commosso il canto e volo di uccelli,
il prato, le nuvole, la pioggia e la tempesta.
Camminavano il sole e la luna sulla sua testa
gli alberi e le erbe insieme ai fiori lo salutavano
inchinandosi quando lui passava e li toccava.
Era il suo primo giorno solo, libero nell'immenso
con il suo grande giardino colmo di animali e colori.
Vide crescere i fiumi che scendevano lentamente
le montagne innalzarsi nel lontano e vasto orizzonte
gli animali pascolare ammirando la sua ombra.
Saltava su pietre calde di sole ammirando la luce.
Seduto tutto solo all'ombra di un salice piangente:
"che farò – disse - per vivere in allegria e pienezza
su questa terra piena di colori e di gioia eterna?".
Dormì la sua prima notte con il sorriso nel cuore
mentre la luna giocando con le nuvole lo cullava.
Sognava contento guardando l'acqua del fiume
che lentamente accarezzava le rocce della riva,
il fiore sorrideva di gioia quando la rugiada lo baciava,
la nuvola giocava a nascondiglio e cadeva la pioggia.
Solo lui era solo sotto le nuvole in attesa della parola.
Venne l'aurora con un manto pieno di raggi di luce,
il suo cuore batteva dolcemente in attesa del mattino.
Quando i raggi di luce lo svegliarono udì un sospiro:
una mano delicata stringeva come un fiore la sua
due occhi si specchiavano nei suoi come lui nel lago.
I due si alzarono in piedi abbracciandosi nell'azzurro,
i fiori si inchinarono, gli animali formarono un cerchio,
loro due sorrisero iniziando il lungo viaggio della vita.
L'uomo e la donna mano nella mano si strinsero forte,
costruirono con gioia, sudore, morte e qualche dolore
il giardino terra che ancora oggi coltiviamo con amore.
Le isole umane le portiamo negli occhi
quando gli uomini stendono la mano
per chiedere lo spicciolo del giorno.
Abbiamo forse gettato le maschere di ieri
lungo il marciapiede che altri hanno eretto
con i soldi del benessere a singhiozzi?
Siamo sempre i soliti farabutti di ieri
con leggi meschine per affondare gli altri
mangiando latte e miele di terre lontane.
Così passano gli anni stendendo la mano
mentre tanto veleno rovina il raccolto.
La gente perbene allarga la sua cinghia
dimenticando quelli che masticano fame.
Abbiamo perduto la gioia della primavera
leggendo i volti tristi del popolo di oggi.
Eppure è nato da tempo il mondo di domani
da una donna-madre con un solo figlio.
Il nuovo calendario senza Dio ha molte feste
nel nuovo museo dell'uomo senza testa.
Le isole umane le portiamo negli occhi,
nelle mani odoriamo il sapore di sale.
I bambini sognano di avere una famiglia
insieme a questa terra senza pene e guai.
Il nostro cuore è il nuovo mondo di domani
ricco di sogni che dobbiamo ancora realizzare.
Anche oggi cantano i poeti lungo le strade del mondo
non li accompagna molta gente a leggere i propri sogni,
non si affiggono versi su pareti sterili di nudo cemento,
non si sentono le note di flauto appese a finestre verdi.
Eppure i poeti cantano e vivono nel silenzio delle strade
misurano con i versi i cadenzati e lenti passi degli uomini
sognando un futuro dove politica e giustizia siano oneste
con semafori rossi che accendono quando passano i disonesti.
Anche oggi la poesia rinasce vergine nel cuore del mondo:
i poeti ascoltano le voci che volano leggere portate dal vento,
la musica le raccoglie e trasforma in note che sentiamo dentro,
poi sbocciano canzoni che raccogliamo nelle ore di silenzio.
Anche domani canteranno i poeti affacciati ai balconi del mondo,
non saranno solo voci perdute e solitarie in ristretti vicoli sociali,
ma note che volano nell'etere insieme ai cinguettii degli uccelli
a inni di bambini, donne, anziani e stelle piene di pace e sentimenti.
Ti fisso nella tua misera altezza,
ti vengo incontro decisa,
la testa bassa e la mente alta,
sicura di me,
con appresso queste pesanti gambe incatenate da cavigliere che mi lacerano senza pietà.
Uno sgabello innocuo,
chissà cosa sei stato prima di ospitare questi stanchi piedi per l'ultima volta.
Si annoda oltre modo questo nodo in gola,
oggi certo che sarà l'ultimo,
così fermo e deciso,
nido di immense personali sofferenze,
cellula cancerogena che sopravvive imperterrita.
Volgo il volto alla corda,
quanti nodi quelli dei marinai,
quanto fascino nel riconoscerli e saperli fare.
Sono obesa oggi
ma ho forza in queste braccia magre,
unica cosa che non ho mai odiato abbastanza di me
e dono loro il privilegio di un atto tanto illecito quanto risolutivo.
Ti stringo forte a questo esile e lungo collo,
dove i vampiri si sono cibati e gli angeli mi hanno baciato,
ma i denti lasciano il segno,
i baci solo una vibrazione che vola immediata.
Sono pronta per il decollo, non mi aspetto niente verso il niente,
vedo l'aria e il verde,
il mare e le montagne,
la libertà che mi chiama minacciosa.
Salto nel vuoto che poco spazia da un fermo pavimento
che si fa calpestare come ho fatto io,
non ci sarà mai un prezzo da pagare per questa ignobile libertà.
Mi appendo egoisticamente all'albo dei vigliacchi che non sono rimasti.
Ancora la luna a governare il cielo,
due piccoli fari illuminano il campo deserto,
un trattore va avanti e dietro,
e solca un pezzo di terra grassa, fertile e bella,
e le zolle si ristorano dalla rugiada della notte,
e sono pronte alla sementa.
Che seminano alla luna nuova di marzo?
E già verdeggia lieto il grano
e cresce ad ogni battito d'ali,
è tutto un brulicare di vita,
ed oltre il pane, cos'altro ci da il vecchio campo
in quest'anno?
Si è fatto giorno,
e il trattore è allontanato,
ed io e il mio cane si rincasa,
respirando a pieni polmoni il profumo
della terra fresca.